Bioetica e Dottrina sociale della Chiesa. Un incontro non (ancora) avvenuto

Pubblichiamo l’intervento del prof. Stefano Fontana al Seminario di Apologetica 2020 (Centro Damasco – Brescia) dell’11 febbraio 2020.

Una breve storia preliminare

Lo stretto collegamento della bioetica con la Dottrina sociale della Chiesa è stabilito in modo incontestabile dalla Evangelium vitae la quale collega direttamente se stessa con la Rerum novarum. Il testo è noto: “Come un secolo fa ad essere oppressa nei suoi fondamentali diritti era la classe operaia, e la Chiesa con grande coraggio ne prese le difese, proclamando i sacrosanti diritti del lavoratore, così ora, quando un’altra categoria di persone è oppressa nel diritto fondamentale alla vita, la Chiesa sente di dover dare voce con immutato coraggio a chi non ha voce” … “Ad essere calpestata nel diritto fondamentale alla vita è oggi una grande moltitudine di esseri umani deboli e indifesi, come sono, in particolare, i bambini non ancora nati”[1].

La questione bioetica veniva così inserita dentro la questione sociale o, se vogliamo, la questione sociale veniva ampliata a comprendere la bioetica. In questo senso la Evangelium vitae è da collegarsi con la Humanae vitae (1968)[2] di Paolo VI, dato che la bioetica non può non interessarsi della procreazione e quindi della sessualità umana nella sua valenza pubblica; ed è da collegarsi con l’Esortazione Familiaris consortio (1981) di Giovanni Paolo II, in quanto non si può parlare di apertura alla vita senza parlare dell’unico contesto umanamente adeguato per la sua accoglienza, ossia il contesto matrimoniale che la politica deve proteggere.

Questi tre documenti sono da tenere sempre insieme, sicché quando si nega o si pensa di riconsiderare l’uno si hanno ripercussioni negative anche sugli altri. La sessualità, la procreazione, il matrimonio, la famiglia non sono fatti privati, sono certamente personali ma non individuali, hanno invece una originaria dimensione pubblica, quindi sociale e politica. In questo senso bisogna dire che la questione bioetica rientra nella questione sociale. Se invece sessualità, procreazione, matrimonio, famiglia sono intesi come fatti individuali, privati, ludici, tecnici, oppure come delle semplici scelte o preferenze, allora la questione bioetica non solo non rientra nella questione sociale ma non esiste nemmeno come questione. In questo caso basterà il bio-diritto positivo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e di tutti i legislatori statali che vorranno applicarlo.

Davanti alle progressive innovazioni tecniche nel campo bioetico, con le conseguenti sfide morali, la Chiesa ha elaborato aggiornati insegnamenti, come esempio l’Istruzione della Congregazione per la Dottrina della Fede Donum vitae (1987) o l’Istruzione del medesimo dicastero Dignitas personae (2008). Dato che, come già osservato, la bioetica riguarda la procreazione e le sue condizioni morali, essa tocca anche gli aspetti pubblici della sessualità umana e, di conseguenza, della convivenza eterosessuale di fatto, delle unioni omosessuali, della fecondazione artificiale e, oggi, della filiazione senza padre[3] o dell’utero in affitto. A questo proposito giova ricordare da parte della Congregazione per la dottrina della fede: la Lettera sulla cura pastorale delle persone omosessuali (1986); La Nota su Alcune considerazioni concernenti la risposta a proposte di legge sulla non discriminazione delle persone omosessuali (1992); la Nota Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali (2003). Sulla questione del gender si è pronunciata la Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo (2004). La bioetica non concerne solo le problematiche etiche sull’inizio della vita, ma anche quelle relative alla sua fine come l’eutanasia e il suicidio assistito. Ricordiamo per questi ambiti, oltre a documenti già citati, la Dichiarazione sull’eutanasia del 5 maggio 1980 della Congregazione per la Dottrina della Fede.

Venendo alla storia recente, bisogna riconoscere che si sono svolti due processi: il primo riguarda la crescente radicalità delle leggi e delle politiche contrarie ai principi della bioetica, l’altro concerne l’indebolimento delle convinzioni su questi punti all’interno della Chiesa. Vorrei brevemente descrivere questi due processi.

Circa il primo punto vogliamo limitarci alla sola Italia. Se si osserva il processo legislativo italiano sui temi bioetici si rimane impressionati della velocità e radicalità dei cambiamenti. Il 23 dicembre 2019 la Corte d’Assise di Milano ha assolto Marco Cappato dall’imputazione per il reato di aiuto al suicidio di cui all’art. 580 c.p.[4] Nel settembre 2019 la Corte costituzionale aveva dichiarato che, a certe condizioni, non è punibile chi commette il reato di cui all’art. 580 del codice penale e invitava il Parlamento a legiferare in questo senso. La legge n. 219 del 2017 (cosiddetta sul “fine vita”) ha sancito il diritto all’eutanasia sotto forma di diritto di rifiuto di terapie anche salvavita, così come di idratazione, alimentazione, ventilazione artificiale, con l’obbligo corrispondente del medico – senza eccezioni – di obbedire alla volontà espressa dal paziente attualmente o remotamente (attraverso le DAT). La legge 76 del 2016 (nota come “legge Cirinnà”) ha riconosciuto le unioni civili anche tra persone omosessuali e le ha equiparate in tutto l’ordinamento giuridico italiano alla famiglia di cui all’articolo 29 della Costituzione. La legge n. 55 del 6 maggio 2015 (cosiddetta sul “divorzio breve” o “express”) riduce drasticamente tempi e procedure per ottenere il divorzio. La sentenza della Corte costituzionale n. 162 del 2014 stabilisce che il bambino in provetta è oggetto di un diritto di chi chiede la fecondazione, in altre parole che si ha diritto al figlio; in tale modo si smantella per via giurisprudenziale e definitivamente la legge 40/2004 sulla fecondazione artificiale, sancendo che per avere diritto al figlio basta desiderarlo. Tutti questi cambiamenti sono avvenuti nel giro di soli cinque anni.

Circa il secondo punto, essendo questo campo molto ricco di indizi e nell’impossibilità di riferirli tutti, mi limiterò a ricordare uno solo di essi che considero molto esplicativo. Il 28 marzo 2007 i Vescovi italiani hanno pubblicato la Nota a riguardo della famiglia fondata sul matrimonio e di iniziative legislative in materia di unioni di fatto con la quale si schieravano contro i progetti di legge cosiddetti in acronimo PACS e DICO e riguardanti il riconoscimento giuridico delle coppie di fatto (eterosessuali). Il 12 maggio di quello stesso anno si teneva il Family Day in piazza san Giovanni a Roma, con Savino Pezzotta e Eugenia Roccella. Da allora, nonostante la schiera di leggi innaturali che abbiamo sopra esposto, ben più dirompenti e ingiuste di quella sulle coppie di fatto che tanto impensieriva i vescovi nel lontano 2007, l’episcopato italiano non ha più prodotto nessun documento in materia, non ha preso più nessuna solenne posizione su questioni tanto urgenti e dolorose. Mentre le leggi andavano sempre più in fondo alla questione, la Chiesa si ritirava sempre più alla superfice della questione. Per completare questo quadro non entusiasmante bisogna anche ricordare che tutte le leggi sopra ricordate sono state approvate con il voto dei cattolici presenti in Parlamento. La Dottrina sociale della Chiesa dichiarava così la propria sconfitta, causata più dal fronte interno che da quello esterno, dato che “le cose bone non muoiono che per suicidio”[5].

Punti di incontro tra bioetica e Dottrina sociale della Chiesa

Il quadro che è emerso dalle precedenti considerazioni può essere definito di mancato incontro tra bioetica e Dottrina sociale della Chiesa, nonostante la via tracciata dalla Evangelium vitae fosse molto chiara. Questo mancato incontro impedisce che la Chiesa e i cattolici affrontino i problemi bioetici considerandoli dentro la questione sociale e, così facendo, accade che quei problemi siano al massimo devoluti alla coscienza morale personale, con la qual cosa anche si rinuncia alla Dottrina sociale della Chiesa stessa. Bioetica e Dottrina sociale simus stant simus cadunt, ed infatti oggi sono in crisi ambedue.

Proviamo ad indicare allora alcuni punti di convergenza, di mutuo sostegno tra le due, in modo da invertire la tendenza in atto.

Un primo aspetto riguarda il significato pubblico della sessualità umana[6]. All’origine della società non stanno due individui sessualmente anonimi, indifferenti all’identità sessuata, o dalla identità sessuata mutevole o diversamente fungibile, ma un uomo e una donna, dalla diversa identità sessuata e complementari tra loro. Se all’origine della società stessero due individui come ora descritto, la società sarebbe una somma di individui “posti l’uno accanto all’altro, ma senza legami reciproci”[7], accostati ma non integrati, giustapposti ma non organici. Se invece c’è una coppia uomo-donna, la società è fondata sulla comunione e dall’accoglienza. L’unione tra due individui asessuati o dalla sessualità liquida si fonda su loro desideri privati, quella tra uomo e donna si fonda su una vocazione che nasce dalla loro natura, risponde ad un ordine che non nasce da loro stessi, ma li attira a sé, chiamandoli fuori dalla loro individualità. Qui sta il significato politico dell’unione tra uomo e donna, e il significato impolitico dell’unione tra due individui omo-sessuati. Per lo stesso motivo il primo è matrimonio mentre il secondo no. Avendo una originaria natura pubblica, quella tra uomo e donna, ha certe condizioni, ha diritto ad essere riconosciuta pubblicamente con l’istituto matrimoniale, fondativo della famiglia.

Un secondo aspetto è che i principi fondamentali della bioetica diventano principi non negoziabili per la politica.[8]. Il diritto alla vita dal concepimento alla morte naturale e la famiglia fondata sul matrimonio indissolubile tra un uomo e una donna e aperta alla vita danno alla politica la dimensione dell’indisponibile.[9] Senza questa dimensione, la politica nasce da se stessa e non riconosce nulla di normativo che la preceda, ritiene di non avere limiti se non quelli che essa stessa si dà (ma che per lo stesso motivo può anche togliere), sicché la politica “non commetterà mai ingiustizia ma trasformerà ogni sua azione in diritto e legalità”[10] perché “la coscienza che fonda i valori rimane incorruttibile”.[11] Senza principi non negoziabili la politica si fa totalitaria, pur restando formalmente democratica:[12] “Una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo.[13]

Un terzo aspetto riguarda il collegamento tra l’indisponibile e il trascendente. Se non c’è indisponibilità non c’è trascendenza, dato che l’immanente è disponibile, e se non c’è trascendenza non c’è nesso tra la politica e la religione cattolica e, quindi, la Dottrina sociale della Chiesa è un “vizio inutile”. È sorprendente come da parte cattolica si sia archiviata la dottrina dei principi non negoziabili, non considerando adeguatamente che in questo modo si chiudevano le porte alla presenza del trascendente nella società e nella politica. Si spiega così la degenerazione della parola “natura”. La vita e la famiglia ci obbligano a riferirci ad una legge naturale, che precede e fonda il consorzio umano, una legge che indica i fini che sono inscritti nella natura delle cose. Negare i principi non negoziabili o trascurarli significa trascurare la legge naturale e metterla sostanzialmente da parte. Ma in questo modo ci si priva del fondamento trascendente della indisponibilità, per cui la natura (dell’uomo) si abbassa progressivamente di livello e diventa istinto, desiderio, sensazione. Senza il trascendente, l’indisponibile diventa via via disponibile. L’inclinazione naturale della nostra essenza verso il suo fine si riduce a inclinazione sentimentale, istintiva, emotiva. Quando i principi della vita e della famiglia saranno completamente superati e dimenticati, diventerà impraticabile ogni riferimento alla trascendenza nella vita sociale e politica, perché l’indisponibile sparirà dalla consapevolezza sociale.

Può essere utile, infine, tenere conto di un altro decisivo aspetto circa il rapporto tra bioetica e Dottrina sociale della Chiesa, ossia che la negazione dell’indisponibile è finalizzata alla negazione del trascendente e che questo impegno è diventato ormai una nuova religione[14]. Nella quarta glossa a Feuerbach, Karl Marx diceva che per distruggere la Sacra Famiglia bisogna distruggere la famiglia terrena[15], la prima è il fine e la seconda è il mezzo. È evidente in tutto questo processo l’ideale gnostico di volersi sostituire a Dio.[16] Nelle degenerazioni della bio-politica contemporanea dobbiamo vedere tutto il carattere anti-religioso dotato di una forza “religiosa” del nichilismo di oggi.

La debolezza delle risposte

Se la Dottrina sociale della Chiesa non assume in sé la bioetica e tutti gli aspetti che questo comporta, termina di svolgere la propria funzione anche come Dottrina sociale della Chiesa. Purtroppo è proprio questo che sembra stia accadendo. Se esaminiamo le strategie messe in campo nella Chiesa di fronte all’attacco senza precedenti costituito dalle sfide alla bioetica, notiamo la loro debolezza e la loro funzionalità, nel lungo termine, al fronte opposto. Le mettiamo in evidenza per far risultare la validità e l’urgenza di scelte opposte.

Una prima strategia consiste nel lottare per la completa applicazione delle leggi in vigore su tematiche bioetiche. Si tratta delle tattica che consiste nel valorizzare eventuali aspetti positivi contenuti in leggi negative. Il caso più tipico riguarda la 194 che disciplina l’aborto. I cattolici pensano di mantenerla e di applicarla nei punti che, secondo logo, sono positivi. Quasi nessuno infatti parla più di abrogazione della legge.

Una seconda strategia consiste nel darsi da fare affinché in queste leggi sia riconosciuto il diritto all’obiezione di coscienza. In questo modo non si tiene conto che il fatto di prevedere l’obiezione di coscienza non rende giusta una legge ingiusta. Se la legge prevede l’obiezione ciò non dispensa dal combatterla fino all’abrogazione. L’obiezione di coscienza non è un fatto individuale, ma politico, ossia un modo per resistere di fronte all’ingiustizia e per lottare per la giustizia, altrimenti esprime un relativismo morale: io voglio che mi si riconosca il diritto di fare come voglio e io riconosco il diritto agli altri di fare come vogliono.

Una terza strategia è di lavorare per il male minore. I vescovi francesi hanno invitato i parlamentari a “migliorare” la legge sulla bioetica, come se il male fosse migliorabile. I vescovi italiani hanno sostenuto la proposta di legge sul suicidi assistito che, in cambio del mantenimento del fatto come reato, depenalizzava quasi completamente il fatto stesso. Nel dibattito parlamentare sulla legge Cirinnà, molti deputati cattolici hanno votato a favore della legge dopo aver ottenuto che essa non prevedesse la stepchild adoption, vantandosi per ciò di averla migliorata. Anche i “certi casi” in cui si prevede il diritto al suicidio sono destinati ad ampliarsi. Ciò che oggi sembra il male maggiore da evitare mediante l’accettazione del male minore, diventerà domani il male minore che verrà accettato per evitare un male ancora maggiore. Chi accetta il male minore ha già perso in partenza e ha già prenotato l’accettazione futura del male maggiore.

Una quarta strategia perdente è di appellarsi alla Costituzione e far notare che le leggi di biopolitica eversive dell’ordine naturale sono incostituzionali. Questa miope strategia, che vuole utilizzare la Costituzione come scudo, si scontra con varie evidenze ormai accertate. Numeose sentenze della Corte costituzionale hanno stabilito che quando la Carta parla di diritti non si riferisce ad un ordine naturale e oggettivo (come potrebbe far pensare il verbo “riconosce” di cui agli articoli 2 e 4) ma ad un ordine posto dal legislatore. Infatti tutte le sentenze della Corte costituzionale, a cominciare da quella del 1975 secondo cui l’embrione non è persona fino all’ultima sulla liceità in certi casi del suicidio assistito negano l’esistenza del diritto naturale ed esprimono una posizione gius-positivista del diritto[17]. Di conseguenza il problema è diventato proprio quello della Costituzione e della Corte costituzionale, è quindi illogico rifarsi a queste fonti per avere giustizia, quando l’ingiustizia viene proprio da lì. Infatti nel mondo sono sempre maggiori i movimenti che vogliono riformare proprio le Costituzioni per blindare i principi non negoziabili, alcuni dei quali hanno già ottenuto successo. La Costituzione è il problema e non la soluzione.

Stefano Fontana

Seminario di Apologetica 2020

Centro Damasco – Brescia, 11 febbraio 2020

[1] Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Evangelium vitae, (1995), n. 5.

[2] Sulla dimensione politica della Humanae vitae cfr. S. Fontana, Matrimonio, procreazione e società. La Humanae vitae come enciclica sociale, “Bollettino di Dottrina sociale della Chiesa”, XIII (2017) 4, pp. 135-138.; Id., Humanae vitae: aspetti politici dell’amore coniugale, in Humanae vitae. Un cammino verso la Sorgente dell’amore, Atti di Convegno per i 50 anni dell’enciclica (Cagliari 5 marzo – 1 giugno 2018), a cura di Francesco Maceri,  “Theologica & Historica”  – Annali della Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna, XXVII (2018), Supplemento, pp. 41-56.

[3] Il 4 febbraio 2020, il Senato Francese ha approvato la nuova legge sulla bioetica che prevede la possibilità della fecondazione artificiale anche per single e coppie lesbiche. Allo stato attuale la legge non è stata ancora approvata dall’Assemblea nazionale.

[4] M. Ferraresi, La noiosa assoluzione dei Cappato per il reato di aiuto al suicidiohttps://www.vanthuanobservatory.org/ita/la-noiosa-assoluzione-di-cappato-dallimputazione-per-il-reato-di-aiuto-al-suicidio-di-marco-ferraresi/

[5] “Quando qualcosa di autentico muore, si tratta sempre di suicidio” (N. G. Dávila, In margine a un testo implicito, Adelphi, Milano 2006, p. 73).

[6] Cfr. S. Fontana, Humanae vitae: aspetti politici dell’amore coniugale, in Humanae vitae. Un cammino verso la Sorgente dell’amore, Atti di Convegno per i 50 anni dell’enciclica (CAgliari 5 marzo – 1 giugno 2018), a cura di Francesco Maceri,  “Theologica & Historica”  – Annali della Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna, XXVII (2018) Supplemento, pp. 41-56.

[7] Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Evangelium vitae, n. 20.

[8] Cfr. G. Crepaldi, A compromesso alcuno. Fede e politica dei principi non negoziabili, Cantagalli, Siena 2014.

[9] Cfr. S. Fontana, Sull’indisponibilità non si può trattare, “Bollettino di Dottrina sociale della Chiesa”, XII (2016) 3, pp. 95-98.

[10]  C. Schmitt, Legalità e legittimità, introduzione di C. Galli, Il Mulino, Bologna 2018, p. 63.

[11] E. Jünger, Trattato del ribelle, 1951, Adelphi, Milano 1990, p. 113.

[12] Cfr., J. L. Talmon, Le origini della democrazia totalitaria, 1952, Il Mulino, Bologna 1967.

[13] Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Centesimus annus, n. 46.

[14] Cfr., Trans-umanesimo: lo spaventoso laboratorio del nuovo Adamo, “Bollettino di Dottrina sociale della Chiesa”, XII (2016) 2.

[15] “Dopo che si è scoperto che la famiglia terrena è il segreto della sacra famiglia, è la prima che deve essere criticata teoricamente e sovvertita nella pratica”.

[16] Cfr. S. Fontana, Chiesa gnostica e secolarizzazione. L’antica eresia e la disgregazione della fede, Fede & Cultura, Verona 2018.

[17] Sul tema si veda: AA.VV., Il diritto e i diritti – Il senso della legge e le leggi senza senso, a cura di S. Fontana, Fede & Cultura, Verona 2019.

Fonte: Osservatorio Internazionale Card. Van Thuân

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