Nel corso della recente intervista concessa dal Papa ai giornalisti in aereo, di ritorno dalla visita in Panama, il Pontefice, parlando della necessità di una corretta educazione sessuale nelle scuole, è uscito con l’enunciazione di principio fondamentale, addirittura teologico, dell’etica sessuale, affermando che «il sesso è un dono di Dio». E precisa: «Il sesso come dono di Dio deve essere educato, non con rigidezza, educare viene da “e-ducere”, trarre il meglio dalla persona e accompagnarla nel cammino».
Voglio fermarmi brevemente a commentare questo principio, esplicitandone le implicanze e traendone le conseguenze pratiche. Esso riprende e sviluppa l’insegnamento nel campo del sesso impartitoci da S.Paolo VI e da S.Giovanni Paolo II; il primo, quando insegna che la comunione sessuale tra coniugi è «espressione dell’amore ed incrementa l’amore»; il secondo, quando, nelle famose Catechesidel mercoledì sulla «teologia del corpo» degli anni 1979-1983, applicando il principio di Paolo VI, parlò dell’amore tra uomo e donna nella futura resurrezione. Oggi Papa Francesco ci chiarisce ulteriormente che tutto ciò è dono di Dio.
Che vuol dire il Papa con questa densissima espressione teologica? Essa riassume in tre parole tutto l’insegnamento cristiano sulla sessualità e da essa si potrebbe ricavare un trattato completo sull’argomento. Innanzitutto, chiediamoci perché e in che senso il Papa ha voluto usare un’espressione così impegnativa di altissimo livello teologico, come «dono di Dio» accostandola ad una funzione vitale che possiedono anche gli animali, e la cui finalità sembrerebbe non oltrepassare le esigenze della riproduzione della specie.
Che cosa infatti intende la teologia per «dono di Dio»? Esso ha due significati: uno, di carattere naturale ed uno di carattere soprannaturale. Il dono, in generale è un bene materiale o spirituale, più o meno prezioso, sovrabbondante, supererogatorio, non richiesto, non dovuto, senza chiedere contraccambio, dato, in tal caso, all’uomo, e da lui imprevisto ed oltre le sue aspettative, dal donatore, in tal caso Dio, di sua iniziativa, liberamente, gratuitamente, generosamente e per amore, o per misericordia o per liberalità o generosità.
Il dono più radicale che Dio fà alla creatura è quello del suo stesso essere o di farla essere, ossia di crearla, per cui essa passa dalla possibilità di essere all’esistenza reale; passa dall’essere pensata e progettata da Dio e in Dio dall’eternità, al suo essere realizzata, essendo tratta dal nulla (ex nihilo) grazie all’azione causale della volontà (a voluntate) di Dio.
Certo, se guardiamo con rigore metafisico a questo discorso, ci accorgeremo che è un’assurdità, giacchè il supposto soggetto che riceve l’essere, dovrebbe già esistere per poterlo ricevere. Tuttavia, considerato come semplice schema immaginario interpretativo, quel discorso conserva una sua efficacia, perchè esprime bene l’attività divina del donare. In realtà la creatura può ricevere tutto da Dio, tranne la sua esistenza, non perchè essa esista indipendentemente da Dio, ma per il semplice fatto che chi riceve, deve già esistere, per poter ricevere.
Così il sesso è dono di Dio in quanto facoltà naturale della creatura umana; ma è dono di Dio anche in senso soprannaturale, come dono dello Spirito Santo, che consente di esercitare l’attività sessuale nella carità e nell’amore cristiano, in special modo nel matrimonio.
Tuttavia le parole di Paolo VI, congiunte con quelle di Papa Wojtyla, ci aprono il significato del sesso umano nella sua prospettiva escatologica, che è restaurazione e sublimazione ad un tempo della sessualità. Infatti, occorre distinguere bene la funzione del sesso nel cap.1 della Genesi da quella descritta nel cap.2.
Nel primo capitolo emergono chiari la funzione procreativa e quindi il matrimonio. Nel secondo, invece, balza in primo piano la funzione unitiva del sesso, come espressione ed incremento dell’amore, che troverà piena realizzazione alla resurrezione, dove non vi sarà più matrimonio, perché non vi sarà più procreazione.
Un indizio psicologico di questo primato dell’amore lo abbiamo nel confronto tra il sesso umano con quello animale. Mentre qui l’attrattiva sessuale è legata solo ai momenti della generazione distanziati nel tempo, il rapporto sessuale, in quasi tutti i mammiferi, non ha nulla dell’incontro faccia a faccia, tipico dell’amore umano e dei suoi gesti propri.
La procreazione, secondo la fede cattolica, ha certamente quaggiù il suo fondamento e la sua consacrazione nel matrimonio istituito nell’Eden, ma è legata solo al presente stato di natura decaduta dopo il peccato originale. Invece l’amore o unione fra uomo e donna sono animati dalla carità, che, secondo S.Paolo, ben lungi dall’aver termine con la morte, avrà in cielo la sua piena affermazione. La prospettiva della comunione escatologica fra uomo e donna la ricaviamo non dal cap.1, ma dal 2.
La stessa pratica della verginità o della castità consacrata e del celibato sacerdotale non è senza relazione col rapporto fra uomo e donna nella resurrezione. Infatti, questo tipo di astinenza sessuale, ha una sua giustificazione nel bisogno di una più intima comunione con Dio e col prossimo e, per conseguenza, di una superiore libertà spirituale, che renda possibile o faciliti tale duplice comunione.
La castità consacrata non è rinuncia al sesso tout court, come se il sesso fosse un «mostro», ma è rinuncia al sesso terreno per un sesso migliore, cioè escatologico. Ossia, è rinuncia al sesso decaduto a seguito del peccato originale ed al sesso procreativo, nell’attesa escatologica di una sessualità serena e gratificante, senza generazione, come Dio l’ha voluto nella futura resurrezione. Per questo, Cristo non ha detto a Pietro: quello che hai lasciato per me, l’hai lasciato per sempre, come fosse un «mostro», ma lo ritroverai moltiplicato cento volte, già in questa vita e in pienezza nella vita eterna, ossia alla resurrezione (cf Mt 19,29).
Quando parlo però di un sesso non generativo non vorrei essere frainteso. Sia infatti ben chiaro, se ce ne fosse bisogno, che io non mi riferisco a un’unione innaturale fra uomo e donna, come sarebbe, per esempio, l’onanismo o il sesso orale o anale, o l’uso di un mezzo che in qualunque modo impedisca o frustri o distrugga il normale processo bio-fisiologico atto al concepimento della prole, né tanto meno mi riferisco all’aborto, ma all’unione uomo-donna secondo naturae confermata dalla rivelazione cristianacontenuta nella Sacra Scrittura e spiegata dal Magistero della Chiesa circa il sacramento del matrimonio e il valore della castità consacrata.
L’astenersi dal generare proprio della vita consacrata non ha nulla a che vedere con queste aberrazioni sessuali, dove, se c’è qualcosa di mostruoso, non è il sesso come tale, ma l’uso che se ne fa, il quale procura un falso piacere, rende schizofrenici e neurotici, per cui non può essere vissuto come dono di Dio, ma come una maledizione.
Ora, purtroppo, nel presente stato di natura decaduta, avviene che la passione sessuale ribelle e non domata contrasta con le esigenze dello spirito e l’esercizio della carità, e il piacere sessuale tende a prevalere a soffocare le superiori gioie dello spirito. È quella che S.Paolo chiama «ribellione della carne allo spirito». Da qui e in tal senso sorge la decisione del religioso e del sacerdote celibatario di rinunciare all’esercizio del sesso, e quindi al matrimonio, onde rendersi pienamente padrone della propria emotività sessuale.
In tal modo, la castità di queste persone viene a costituire una prefigurazione, una primizia, una “caparra”, per dirla con S.Paolo (II Cor 1,22), della comunione escatologica tra uomo e donna, e a pregustarne la dolcezza, mentre devono poter offrire un esempio e un’anticipazione della suddetta comunione, alla quale gli stessi coniugati sono chiamati a realizzare in cielo.
Dall’insegnamento di S.Paolo VI e di S.Giovanni Paolo II, al quale si aggiunge adesso quello di Papa Francesco, ricaviamo le seguenti conclusioni. Posto che la vita cristiana è comunione con Dio e con il prossimo, fondata sulla comunione con Dio, la comunione sessuale dei coniugi viene a configurarsi come effetto e stimolo della loro comunione spirituale, che a sua volta li porta alla comunione con Dio.
Dunque, dalla comunione con Dio alla comunione sessuale, nel piano divino genesiaco, sublimato, come si è detto, in quello escatologico, non c’è soluzione di continuità, ma armonia e consequenzialità, perché da Dio deriva tanto l’amore spirituale quanto quello sessuale.
Un corollario che si può trarre da queste considerazioni è che l’unione sessuale già approvata da S.Agostino, tra coniugi anziani, la cui attività generativa è cessata, mantiene tutto il suo significato unitivo di manifestazione e di incremento dell’amore, anzi, rappresenta meglio l’amore escatologico, presentandosi come il dolce tepore del sole autunnale, dopo i calori, per non dire bruciori del sole estivo della gioventù.
Infine, la raccomandazione del Papa sull’educazione sessuale, che dev’essere formazione a quella virtù, la temperanza sessuale, che rende soggetta la carne allo spirito, prepara la comunione della resurrezione, e raggiunge il suo vertice nel sacrificio proprio della castità consacrata e del celibato sacerdotale, prefigurazione ancora più alta della comunione escatologica.
Dice Francesco:
«Il sesso come dono di Dio deve essere educato, non con rigidezza, educare viene da “e-ducere”, trarre il meglio dalla persona e accompagnarla nel cammino».
Abbiamo qui un accenno ai pericoli di un’educazione troppo rigida e timorosa, diremmo di stampo platonico.
Il rigorismo, il pessimismo e l’ansietà, e una certa sottovalutazione e paura della donna, caratterizzavano però soprattutto il clima psicologico e morale di prima del Concilio Vaticano II. Adesso corriamo il rischio opposto di un’educazione permissivista, misericordista, libertaria e lassista, che non difende sufficientemente dalla lussuria, fraintende la dignità del sesso e prende come avvocato la libidofreudiana. Se il pendolo è in movimento, oscilla da destra a sinistra e viceversa. Se la mente non è ferma, fissa e radicata nella verità, passa senza pace e costrutto da un estremismo all’altro.
Certo, questo non vuol dire che il dualismo platonico sia ormai vinto. Esistono ancora concezioni dell’uomo come puro spirito o soggetto pensante alla Cartesio, per i quali pare che la salvezza stia nel liberarsi dal sesso, anziché integrarlo nella propria vita spirituale. Posizioni del genere, peraltro, possono capovolgersi nel loro contrario, giacchè se non si possiede un solido, ragionato e fondato orientamento in fatto di sesso, il passaggio dal rigorismo al lassismo non è poi così improbabile. Lo si è visto nelle defezioni di tanti religiosi e sacerdoti negli anni del postconcilio. Adesso i lassisti non se ne vanno, perchè hanno visto che possono fare i propri comodi senza essere disturbati, anzi raccogliendo seguaci e successo.
Se si dimentica la resurrezione, il sesso diventa una disperazione. Se si dimentica il peccato originale, il sesso diventa un’illusione. La saggezza, la pace e la salvezza stanno nel punto di equilibrio e di conciliazione tra due tentazioni opposte: schiacciare il sesso sotto i piedi dello spirito o render lo spirito schiavo del sesso. Occorre ricordare che l’uno e l’altro sono doni di Dio; lo spirito è la fiamma e il sesso ne è il calore. Non possono stare l’uno senza l’altro ed entrambi non possono stare senza Dio, che li ha creati per la felicità dell’uomo e della donna: «maschio e femmina li creò» (Gen 1,27).