Piero Angela, tra figli in Rai, stipendio faraonico e fake news

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Alessandro Rico è un opinionista del quotidiano La verità, tanto giovane quanto bravo, competente, preciso.

Pubblichiamo qui un suo intervento, comparso su La Verità del 9 luglio, con una breve premessa, e una postilla.

La premessa: come mai in Rai, ai padri succedano spesso i figli, ai Piero Angela gli Alberto Angela, e nessuno si scandalizza, nonostante mamma RAI premi padri e figli con stipendi che nessuno in Italia si può permettere, neppure il Presidente della Repubblica?

“Sempre con Rai1 Piero Angela, a metà dicembre, ha invece confermato il suo contratto di collaborazione sino al 31 agosto 2017. Il compenso vale in tutto 1 milione e 800 mila euro: 1 milione 565 mila per il periodo 1 settembre 2013 – 31 agosto 2016, più altri 235 mila per arrivare al 31 agosto 2017 compresa «la partecipazione del collaboratore alla realizzazione di collane di dvd di carattere scientifico e storico»” (http://www.lastampa.it/2017/02/08/italia/politica/rai-sei-mesi-di-stipendi-e-appalti-T8eUw24GYtt2W3LuM2Nh6O/pagina.html). Insieme costano poco più di un milione di euro l’anno, 750 mila circa a Piero e 300 mila, circa 60 mila in più dello stipendio del Presidente della Repubblica, ad Alberto (http://espresso.repubblica.it/palazzo/2010/06/10/news/rai-ecco-gli-stipendi-1.21655).

E tutto questo, i soldi, la fama di “scienziato”… senza neppure la laurea:

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Di seguito l’articolo di Rico:

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La parabola di Piero Angela: dall’alfabetizzazione scientifica alla propaganda contro i populisti

 

Tra gli italiani che vogliono apparire intellettualmente impegnati impazza una moda: l’adorazione incondizionata di Piero e Alberto Angela. Che i programmi dei due divulgatori siano particolarmente amati (e con buone ragioni, visto il loro indiscutibile stile e la capacità di rimanere accattivanti senza indulgere alla pseudo-scienza), lo dimostrano i dati sugli ascolti della nuova edizione di SuperQuark: la puntata di mercoledì scorso ha sbaragliato tutti i concorrenti.

Stavolta, però, Piero Angela è incappato in qualche incidente di percorso. Gli spettatori più attenti avranno notato che questo ciclo di SuperQuark sembra voler ammantare col velo della scientificità l’agenda politica della sinistra internazionale. La scorsa settimana, ad esempio, era andato in onda un servizio sulla transessualità, nel quale il cambiamento di sesso è stato presentato dando per acquisiti gli assunti della teoria gender. Il presupposto pareva essere che la sessualità sia culturalmente determinata e quindi possa essere scelta a piacimento. E a rincarare la dose ci si è messo il collegamento in studio con il sessuologo Emmanuele Jannini, che catechizzava gli spettatori sulla necessità di approvare normative più elastiche per il riconoscimento della transessualità in Italia.

Piero Angela ha poi inaugurato una rubrica con Massimo Polidoro, segretario nazionale del CICAP (il comitato, di cui lo stesso Angela è cofondatore, che si prefigge lo scopo di demistificare i fenomeni paranormali applicando il metodo scientifico), dedicata alle fake news. Così, se la scorsa settimana Angela e Polidoro dileggiavano i siti della destra radicale americana per aver montato il Pizzagate, il presunto scandalo a sfondo pedofilo che avrebbe coinvolto il capo della campagna elettorale della Clinton John Podesta, questo mercoledì la tesi era inequivocabile: le fake news sarebbero state responsabili della vittoria di Donald Trump e della Brexit. Peccato che a Quark si siano scordati di menzionare tutti gli altri fattori che hanno contribuito al successo di Trump: l’esasperazione della classe operaia, le tensioni etniche sfruttate in modo inverecondo dai democratici, l’immigrazione incontrollata, la dittatura del politicamente corretto che è la fonte primaria delle menzogne sui media. Non una parola sulla vicenda dei tre giornalisti della Cnn, costretti alle dimissioni per aver diffuso fake news su Trump, né sul catastrofismo degli europeisti, che prima del referendum inglese spacciavano il “leave” come la rovina del Regno Unito, salvo ritrovarsi le borse con il vento in poppa all’indomani del voto.

Non poteva mancare lo spot per le migrazioni. Con la scusa di seguire le operazioni della Guardia Costiera e di spiegare il funzionamento delle sue imbarcazioni, SuperQuark ha colto l’occasione per diffondere qualche toccante filmato dei salvataggi dei naufraghi: un’iniziativa che ha poco di scientifico e molto di emotivistico, apparentemente confezionata proprio per diffondere il verbo dell’accoglienza.

Una politicizzazione che forse non ci si aspettava da un personaggio sempre garbato, rigoroso, al di fuori delle beghe partitiche. Un uomo che sicuramente può vantare molti meriti: ha introdotto in Italia un nuovo modo di fare giornalismo e ha esercitato un’influenza positiva anche sulla comunità scientifica, che prima dei suoi programmi, a differenza che nel mondo anglosassone, rimaneva chiusa nella torre d’avorio dell’accademia e non sentiva il bisogno di comunicare con la società civile.

Eppure, i più smaliziati potrebbero sostenere che Piero Angela, emblema di una certa filosofia positivista di ascendenza ottocentesca, la quale tende a equiparare irrazionalità (che è una manifestazione naturale della personalità umana), irrazionalismo (che ne è una deviazione) e religione (che non è né irrazionale né irrazionalista), si presta facilmente alle strumentalizzazioni dei progressisti. E all’alba dei suoi novant’anni, corre il pericolo di essere reclutato come una figurina da impiegare nella partita contro il Movimento 5 Stelle, in cui lo scientismo è un’arma di lotta politica. La stessa arma brandita nella querelle sui vaccini, con l’invenzione di emergenze sanitarie, l’utilizzo senza scrupoli della morte dei bambini e il ricorso all’autorità degli scienziati per aggiudicarsi la tenzone a tavolino. Lo dimostra la campagna del Foglio, che ha lanciato la candidatura di Piero Angela come senatore a vita, offerta comunque declinata subito dal diretto interessato.

È vero, come ha più volte ribadito lo stesso Angela, che «la scienza non è democratica». Ma se un’affermazione del genere, fatta sui banchi dell’università, insegna giustamente agli studenti che il metodo scientifico si fonda su prove sperimentali e non su opinioni, quando in ballo c’è la politica essa rischia di trasformarsi in una comoda scorciatoia per squalificare gli avversari. Si potrebbe finire a fare la gara a chi si accaparra per primo l’etichetta di “scientifico”, senza curarsi di esserlo davvero: quanto è serio, scientificamente, parlare di fake news tacendo le balle seriali raccontate per anni dalla sinistra? Oppure si rischia di trasmettere un’immagine distorta della politica: perché Angela aveva ragione quando, nel suo libro A cosa serve la politica?, osservava che il vero salto di qualità l’uomo lo ha fatto con la tecnoscienza. Ma la politica non può essere soltanto volano della tecnologia: essa deve sapere interrogare e mediare anche tra la morale, la coscienza e la storia. Perciò la politica è un’arte, non una scienza.

 

La postilla. Alcuni anni orsono Angela pubblicò un libro intitolato La scienza dell’amore (Mondadori, 2005). In quest’opera ritorna il materialismo ottocentesco, secondo i quali come i reni producono l’urina, così il cervello produce i pensieri. Per Angela, infatti, anche l’amore non è altro che una complessa fenomenologia solamente corporea di istinti, ormoni e materiale genetico, riuniti in un’amalgama bestiale in cui non vi è spazio per la spiritualità, la libertà, il sacrificio, e tutto ciò che differenzia l’amore umano da quello animale.

Come una scimmia nella sua gabbia, o come un «ciottolo della strada», secondo il dettato positivista, così anche l’uomo è un essere determinato dalla materia, e l’amore, con i suoi «meccanismi », è soltanto «una reazione chimica che si è prodotta all’interno, impadronendosi delle emozioni e dei pensieri», e che ha l’unico scopo di garantire la riproduzione della specie. Sono questi meccanismi, queste reazioni chimiche, a detta dello “scienziato” Angela, a far sì che alcuni uomini si innamorino «in continuazione», forse «per il cattivo funzionamento di certe strutture cerebrali», e che altri, in base a determinati circuiti neurologici, amino una persona e facciano sesso con un’altra.
 Comune a tutti i maschi, invece, sempre a dire di Angela, la «vocazione poligamica»: «l’uomo possiede un annaffiatoio che gli permette in teoria di spargere ovunque il suo seme», per cui, come per gli altri mammiferi, «il modello dell’harem, sempre in teoria, sarebbe per lui il più conveniente».
Ogni commento, di fronte a tante sciocchezze spacciate per scienza, è superfluo.
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Autore: Libertà e Persona

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