Facebook- fake news: la nuova guerra mondiale dell’informazione

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di Americo Mascarucci.

Guerra alle fake, guerra delle fake. Su questo si gioca la nuova guerra mondiale dell’informazione. Al centro del mirino Facebook, le sue potenzialità e le sue regole. Dalla Boldrini alla super giornalista anti fake scelta da Facebook, passando per la proposta di legge Gambaro ed una sentenza choc del Wisconsis che sta facendo molto discutere, tira aria di riforma. Intelligonews ha ricostruito tutto questo. Su tutto è in gioco la libertà di espressione e il nuovo ministero della verità.

Si chiama Alex Hardiman, classe 1982, ed è la super-giornalista scelta da Facebook per stroncare sul nascere le fake-news, notizie false create ad arte e divulgate allo scopo di manipolare l’opinione pubblica. Prima di approdare nella squadra di Mark Mark Zuckerberg ha lavorato come responsabile dei prodotti del News York Times per gli smartphone.

LE PRIME DICHIARAZIONI 

“Io e i miei colleghi – ha detto la Hardiman – lavoreremo per costruire prodotti e strumenti migliori per i giornalisti, contribuendo a creare nuove modalità di distribuzione delle notizie e nel contempo contrasteremo le fake-news “.

SVOLTA DI ZUCKERBERG

Nei giorni scorsi Mark Zuckerberg, in merito alle accuse di aver condizionato il voto negli Usa attraverso la diffusione via Facebook di fake -news anti-Clinton che avevano finito per favorire Trump era passato da “è pura follia” ad una parziale ammissione. “Molte fake news che circolano su Facebook sono pensate e diffuse da governi o soggetti che vogliono influenzare l’opinione pubblica a fini propagandistici e manipolatori. Questi account agiscono in modo coordinato, amplificando così l’effetto della campagna d’opinione. La piattaforma, comunque, ha già intrapreso azioni di contrasto”.

FACEBOOK DEL FUTURO

Ecco come Mark Zuckerberg ha decritto il futuro del social network: “Nell’ultimo decennio Facebook si è focalizzato sul collegare amici e famiglie mentre ora, su questa base, il prossimo obiettivo sarà sviluppare un’infrastruttura sociale per le comunità, per sostenerci, mantenersi al sicuro, informarci, includerci e impegnarci in senso civico. Punteremo all’unità degli esseri umani contro le divisioni, al valore della comunità contro la polarizzazione e all’uguaglianza contro il divario sociale. Il progresso ha bisogno che l’umanità sia unita non soltanto in quanto città e nazioni ma come una comunità globale. Facebook esiste per farci essere più vicini e costruire una comunità globale. Quando abbiamo cominciato, quest’idea non era controversa, eppure adesso in tutto il mondo ci sono popoli lasciati indietro dalla globalizzazione e movimenti che vogliono ritirarsi dalla connessione globale”.

LA PROPOSTA GAMBARO

La guerra alle fake news è da tempo partita anche in Italia. E’ in discussione in Parlamento una proposta di legge della senatrice Adele Gambaro rivolta proprio a punire le fake news.

COSA PREVEDE

Chi pubblica o diffonde notizie false, esagerate o tendenziose attraverso social media o siti, che non siano espressione di giornalismo online, è punito con l’ammenda fino a 5mila euro. Se e il fake può destare pubblico allarme o recare nocumento agli interessi pubblici all’ammenda fino a 5mila euro si aggiunge la reclusione non inferiore a dodici mesi. Chi, invece, si dovesse rendere responsabile di campagne d’odio contro individui o volte a minare il processo democratico è punito con la reclusione non inferiore a due anni e l’ammenda fino a 10mila euro. 

LE ACCUSE DELLA BOLDRINI

Fra le più attive in Italia nella battaglia contro le fake news c’è la presidente della Camera Laura Boldrini che nei giorni scorsi ha dichiarato. “Istituzioni, media, aziende, social media. Tutti devono combattere bufale e fake news, perché chi le crea e droga le notizie, vuole alterare l’assetto democratico. Mia sorella, scomparsa anni fa, non si è mai occupata di cooperative di immigrati, non ha mai preso una pensione di 10mila euro al mese a 35 anni, come qualcuno ha rilanciato in rete. Questo è un fenomeno brutale, con cui c’è chi si arricchisce ai danni di chi crede a quello che c’è nel web, perché lo dice il web. Non dobbiamo lasciare sole queste persone”.

CONDANNATO DALL’ALGORITMO

Sta facendo molto discutere una sentenza della Corte Suprema del Wisconsis che, negando una richiesta di appello del trentaquattrenne Eric Loomis accusato di essere sfuggito al controllo della polizia, ha legittimato la decisione del magistrato che era ricorso all’algoritmo segreto Compas per stabilire l’entità della pena del condannato e valutare la potenziale recidività e la propensione a ripetere lo stesso reato. I legali di Loomis hanno sostenuto che l’algoritmo anche se viene considerato imparziale perché agisce solo sui dati che gli vengono forniti con un questionario di 137 domande, di fatto è discriminante e si rivela altamente punitivo soprattutto per gli uomini e per la gente di colore.

CONCLUSIONI

Naturalmente il fenomeno delle fake- news va contrastato e combattuto e su questo non ci sono dubbi. Tuttavia sulle regole che si vorrebbero applicare per punire chi costruisce e diffonde presunte “notizie false” sussistono perplessità e polemiche; da più parti è stato infatti evidenziato come si rischi di penalizzare la libertà di espressione e di opinione. Problema che rischia di essere aggravato nel momento in cui le regole dovessero prestarsi ad interpretazioni. Come sempre si chiede che l’ambito normativo risulti chiaro ed ineccepibile e sia in grado di chiarire in modo netto i confini fra libertà di espressione e appunto il regime sanzionatorio. 

Qualcuno ha paventato il rischio che possa nascere una sorta di “Ministero della Verità” che in nome della lotta alle fake-news finisca con l’imporre la censura alle notizie scomode e non allineate al pensiero unico dominante. Anche perché il rischio secondo molti potrebbe essere anche quello di dar vita ad un nuovo giornalismo “controllato e filtrato”. Del resto le regole per punire le notizie false e le diffamazioni a mezzo stampa esistono già e sono anche abbastanza rigorose. Inasprirle potrebbe comportare una limitazione degli spazi di democrazia e di libero dibattito. Ecco perché la riforma più che un’esigenza, si sta sempre più configurando come una sfida a rendere il giornalismo sempre più “sicuro” ma nel contempo anche più “libero” e senza censure.

Fonte: IntelligoNews

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