PADRE LIVIO FANZAGA: Is contro Papa Francesco. Il Papa Emerito Benedetto XVI apre il suo cuore.

 

Il 30 Agosto, alla giornaliera trasmissione Lettura cristiana della cronaca e della storia (ex Commento alla stampa del giorno), Padre Livio Fanzaga ha affrontato due temi di grande attualità.

Secondo l’Is, l’attacco all’Occidente deve essere, ed è, un attacco sul piano religioso e, specialmente, contro la Chiesa Cattolica.

Il religioso e sacerdote, che da anni svolge un servizio prezioso e di avanguardia nella Chiesa, ha letto e commentato l’articolo di La Repubblica, che riprende un articolo dell’Is pubblicato sulla propria rivista Dabiq n. 15 del 2016.

Dabiq fu lanciata nel luglio del 2014. Conta un’ottantina di pagine ed è redatta in Inglese. È sempre efferata, ma questo numero, che vuole non solo attaccare l’Occidente con la sua deriva immorale, soprattutto è contro Papa Francesco, che ulteriormente continuerebbe a non seguire l’insegnamento della Chiesa.

Dabiq è contro il simbolo della fede cristiana, che non riconosce l’unico Dio e cercherebbe di farsi alleato l’ “Islam moderato”. L’altra accusa è che la Chiesa si fa complice della crescente secolarizzazione. L’Islam non sa spesso distinguere tra peccato e peccatore (da qui la comprensione del Santo Padre anche per le persone omosessuali e il rifiuto di Papa Francesco da parte dei radicalizzati), ma è anche vero che la Chiesa presta il fianco alla critica dell’Islam quando in molti credenti è evidente la perdita del sacro. Ovviamente, se il pretesto non fosse questo, se ne troverebbe un altro.

Secondo la rivista l’obiettivo è la conquista del mondo “come disse Maometto”, così scrive Dabiq!

Papa Francesco riceve Ahmed al Tayeb, l’Imam della celebre università islamica Al Azhar del Cairo

 

Mi chiedo se, dietro i venti di guerra religiosa, ci siano solo gli Islamici “estremisti”, o anche altre forze, che non solo vogliono strumentalizzare il radicalismo religioso, ma, al contempo, puntano alla distruzione definitiva della Chiesa per assoggettare il mondo sì, in senso economico e politico, ma anche spirituale. Mi stupirei se non vi fossero simili forze, visto che da secoli operano e non sono mai venute meno. Ma di questo non c’è traccia nell’articolo.

L’Isis un nemico comodo a molti? Lo era già per i motivi di conflitto tra Stati Uniti e Russia nella zona Medio-orientale, ma, ora, forse, è più di questo.

Segue, poi, un’intervista,  a Papa Benedetto XVI, sempre pubblicata da La Repubblica, a firma del Teologo Elio Guerriero, direttore dell’edizione italiana della rivista teologica Communio.

Padre Livio cita il teologo ritenendolo sufficientemente accreditato proprio perché collaboratore di Communio, ma sappiamo anche che questo sacerdote ha ricoperto incarichi ben più significativi.

 

Foto tratta da Repubblica

Come ricorda Padre Livio, il teologo Ratzinger avviò egli stesso Communio. Sappiamo anche che il teologo Ratzinger lasciò Communio allorché  la rivista assunse posizioni sempre più distanti dal messaggio di continuità del Concilio Vaticano II, superando, ohimè, le intenzioni del Concilio stesso; si tratta, però, di anni fa.

Padre Livio, commentando la ricca intervista di Papa Benedetto XVI, auspica che essa possa mettere fine alle tante voci che vedono Papa Benedetto come vero Papa e Papa Francesco come un Papa eletto in modo irregolare, un Papa contrario alla continuità della Dottrina.

Nella Chiesa non sono poche le voci che denunciano la presunta illegittimità del Papa e Padre Livio teme che le stesse dichiarazioni di Papa Benedetto XVI, che, nelle intenzioni, fugherebbero ogni dubbio sulle dimissioni forzate, forse non saranno sufficienti a debellare ogni voce ostile, né a tranquillizzare gli animi.

Io spero che, sull’esempio di Papa Benedetto XVI, ogni fedele sappia abbracciare l’insegnamento autentico.  Non si può negare, però, che Papa Benedetto XVI nell’intervista esprima soprattutto sentimenti personali di devozione al Santo Padre senza entrare in merito alle questioni che fino ad oggi hanno esacerbato gli animi a riguardo di certi aspetti del magistero di Papa Francesco o di suoi atteggiamenti o scelte parse, a volte, quanto meno affrettate o impulsive. Certo, Papa Benedetto XVI, nella posizione di Papa emerito e di figlio della Chiesa, assolutamente devoto al Vicario di Cristo per volontà divina e non umana, non può che esprimersi così proprio in fedeltà a Cristo che ha rappresentato quale Suo Vicario.

 

Di seguito l’audio di Padre Livio, sempre brillante e ben informato, nonché i due articoli

 

Rompi la croce” così la rivista dell’Is attacca il Papa “È un miscredente”

 di Marco Ansaldo – La Repubblica, martedì 30 agosto 2016

 

Sullo sfondo di uno splendido cielo islamico due cristiani siriani crocifissi

 

Nessun gruppo aveva mai messo nel mirino il capo della Chiesa cattolica come Daesh. Lo strillo di copertina è davvero contundente: Break the cross (Rompi la croce). C’è la foto di un jihadista del sedicente Stato Islamico che ha in spalla la bandiera del Califfato mentre è impegnato a spezzare sul tetto di una chiesa il simbolo della cristianità. E c’è l’immagine, nel servizio principale, al centro della rivista, di papa Francesco. Sotto un titolo molto esplicativo: “Nelle parole del nemico”. Ecco il numero 15 di Dabiq, magazine ufficiale della “guerra santa”,

pubblicato ogni mese anche in inglese. La minaccia all’Occidente è espressa con linguaggio roboante e un po’ contorto: «Tra questa pubblicazione di Dabiq e il prossimo massacro che verrà eseguito contro di loro dai soldati nascosti del Califfato — ai quali viene ordinato di attaccare senza ritardi — i crociati possono leggere perché i musulmani li odiano e li combattono». Ma nell’articolo colpisce, soprattutto, la veemenza dell’attacco al Pontefice. Nessun gruppo jihadista aveva mai fatto nulla del genere, né Al Qaeda, né altre frange salafite che da 15 anni hanno lanciato una guerra totale contro l’Occidente. Lo scontro non era mai stato focalizzato contro il Vaticano, né tantomeno personalizzato contro la figura del Papa. Ora con il territorio del Califfato stretto d’assedio, il Daesh alza il tiro. E lo fa con un’invettiva pubblicata pochi giorni dopo l’uccisione di padre Jacques Hamel, il parroco di 86 anni sgozzato in Francia da due ragazzini, omicidio descritto nelle stesse pagine. Il messaggio sembra rivolto soprattutto alle giovani leve europee dell’Is. Due principalmente i filoni: la sua difesa dei gay, un tema che può facilmente impressionare gli aspiranti martiri dell’Is. E soprattutto l’incessante dialogo con il mondo musulmano moderato. Vedi, ad esempio, l’iniziativa verso i leader religiosi di Bangui, in Centrafrica, dove aprendo lo scorso anno la Porta Santa ancora prima che a Roma, il Papa è riuscito a riportare nel Paese una pace che appariva come una speranza perduta. E la tregua, oggi, continua a tenere. Nell’articolo Francesco viene messo sotto accusa per aver pregato a favore delle vittime di Orlando, in Florida, dove nella notte fra l’11 e il 12 giugno il trentenne Omar Saddiqui Mateen massacrò 49 persone dentro una discoteca frequentata da molti omosessuali. La linea del Pontefice, a giudizio della rivista, è «in completo disaccordo con la dottrina della sua Chiesa». Per Dabiq, piuttosto, se il Papa prega per coloro che sono stati uccisi all’attentatore della Florida, questo vuol dire che il massimo esponente degli “infedeli” si sposta su territori ancora più alla deriva rispetto alla secolarizzazione in atto. «L’omosessualità è immorale », si asserisce. Ci troviamo di fronte «a un atto di perversa sodomia». Nell’immagine pubblicata, inoltre, il vescovo di Roma è ritratto assieme a Ahmed al Tayeb, l’imam della celebre università islamica Al Azhar, del Cairo. Pure lui è bollato: «Un apostata ». Motivo: avere definito la religione cristiana «una fede di amore e di pace». L’articolo ricalca lo schema proposto lo scorso anno, nel settembre 2015, poco prima della visita di Francesco negli Stati Uniti. Anche qui il riferimento andava al viaggio di Bergoglio nel novembre 2014 in Turchia, e al suo incontro a Istanbul con il Gran Mufti della Moschea Blu. La didascalia in quel caso recitava: «L’apostata e il capo della Chiesa crociata». Non c’è spazio dunque per gli imam moderati e disposti al dialogo. Perché sono proprio le aperture di Bergoglio a spaventare il Daesh, quasi obbligato ad alzare il livello dello scontro e indicare nuovi nemici. Ci sono attacchi ai sufi moderati («che imitano i cristiani»). Ma su tutto il numero aleggia lo spettro di quell’invito iniziale: «Rompi la croce, come disse il profeta Maometto». E dunque, immagini dei massacri di Nizza e negli Stati Uniti. L’editoriale si apre inneggiando ai «soldati martiri del Califfato a Dacca, in Francia e in Germania». Poi, foto di jihadista barbuto che tiene fra le braccia un gatto. Un sole che sorge tra i campi di grano. Un albero che si erge nel blu del deserto. Api che svolazzano sul miele. La timidezza delle bambine musulmane («che manca nelle donne occidentali »). Quindi, a pagina 30, il titolo: «Perché vi odiamo e perché vi attacchiamo». Ecco: «Vi odiamo, prima di tutto e soprattutto, perché siete miscredenti: rifiutate l’unicità di Allah. Vi odiamo perché le vostre società secolari e liberali permettono le cose che Allah ha proibito». Segue ampio articolo, intitolato “Operazioni dello Stato Islamico”, corredato da immagini sanguinolente di stragi e massacri, con il numero delle vittime, e dove il Califfato ha colpito tra Filippine, Bengala, Somalia, Egitto. Si arriva quindi alla sezione riservata alle interviste. Una testimonianza è dedicata a Umm Khalid al-Finlandiyyah, proveniente da Helsinki e approdata allo Stato Islamico. Le pagine finali si annunciano colme di esclusive. C’è la “Top 10 dei migliori video dello Stato Islamico”, con la classifica delle esecuzioni di poveri prigionieri con la tuta arancione. E la rubrica “Per la spada”, con la scimitarra della giustizia in azione, e persone lapidate. Quindi, bambini sotto i 10 anni che sfilano in uniforme militare pronti a combattere e uccidere («la generazione delle battaglie epiche»).

L’ultima pagina è l’immagine di una croce effettivamente spezzata. Obiettivo raggiunto. Dabiq non è nuova a questo tipo di esibizioni, anche se questo numero (82 pagine) appare particolarmente efferato. Il lancio della rivista avvenne nel luglio 2014. Il magazine prende il nome dalla località nel nord della Siria considerata come il luogo in cui avverrà lo scontro finale «tra musulmani e bizantini». E che dovrà portare, negli auspici della rivista, al trionfo dell’Islam abbattendo il «nemico » Francesco.

 

Ratzinger, la confessione:

“Troppo stanco, così ho lasciato il ministero petrino”

di Elio Guerriero – Repubblica , 24 Agosto 2016

 

 

“Dopo l’esperienza in Messico e a Cuba, non mi sentivo più in grado di compiere un viaggio impegnativo come quello per la Giornata Mondiale della Gioventù del 2013 a Rio de Janeiro. Dove, per l’impostazione data da Giovanni Paolo II, la presenza fisica del Papa era indispensabile”. “L’obbedienza al mio successore mai in discussione. La sua benevolenza è per me una grazia in quest’ultima fase della mia vita”.

A ROMA il cielo è carico di nuvole minacciose, ma quando arrivo a Mater Ecclesiae, la residenza del Papa emerito, un inatteso raggio di sole esalta in basso l’armonia della cupola di San Pietro e dei giardini vaticani. “Il mio paradiso”, aveva commentato in una precedente visita Benedetto XVI.

Vengo introdotto nella sala che è contemporaneamente la biblioteca privata e mi viene spontaneo pensare al titolo del libro di Jean Leclercq, L’amore delle lettere e il desiderio di Dio, da Benedetto XVI citato nel famoso discorso al Chiostro dei Bernardini a Parigi. Il Papa arriva dopo qualche minuto, saluta con il sorriso e la cortesia di sempre, poi mi dice: “Sono a quindici”. Non capisco, per cui ripete: “Ho letto quindici capitoli”. Sono francamente sorpreso.

Qualche mese prima gli avevo inviato buona parte del libro, mai mi sarei aspettato che lo leggesse per intero. Gli porgo gli altri capitoli e gli dico che ormai mi manca poco. È contento di quel che ha letto per cui aggiungo: “Le dispiace se le faccio alcune domande a modo d’intervista?”. Risponde come sempre, gentile e pratico: “Mi faccia le domande, poi mi mandi il tutto e vediamo”. Ovviamente seguo le indicazioni. Qualche tempo dopo mi scrive acconsentendo alla pubblicazione. Non mi resta che ringraziare ancora per la fiducia accordata.

 

Santità, visitando l’ultima volta la Germania, nel 2011, lei disse: “Non si può rinunciare a Dio”. E ancora: “Dove c’è Dio là c’è futuro”. Non le è dispiaciuto dover lasciare nell’anno della fede?

“Naturalmente avevo a cuore di portare a compimento l’anno della fede e di scrivere l’enciclica sulla fede che doveva concludere il percorso iniziato con Deus caritas est. Come dice Dante, l’amor che move il sole e l’altre stelle, ci spinge, ci conduce alla presenza di Dio che ci dona speranza e futuro. In una situazione di crisi, l’atteggiamento migliore è quello di mettersi davanti a Dio con il desiderio di ritrovare la fede per poter proseguire nel cammino della vita. Da parte sua il Signore è ben lieto di accogliere il nostro desiderio, di donarci la luce che ci guida nel pellegrinaggio della vita. È l’esperienza dei santi, di san Giovanni della Croce o di santa Teresa del Bambino Gesù. Nel 2013, tuttavia, vi erano numerosi impegni che non ritenevo più di poter portare a termine”.

 

Quali erano questi impegni?

“In particolare era già stata fissata la data della Giornata Mondiale della Gioventù che doveva svolgersi nell’estate del 2013 a Rio de Janeiro in Brasile. Ora, a questo riguardo, io avevo due convinzioni ben precise. Dopo l’esperienza del viaggio in Messico e a Cuba, non mi sentivo più in grado di compiere un viaggio così impegnativo. Inoltre, con l’impostazione data da Giovanni Paolo II a queste giornate, la presenza fisica del Papa era indispensabile. Non si poteva pensare a un collegamento televisivo o ad altre forme garantite dalla tecnologia. Anche questa era una circostanza per la quale la rinuncia era per me un dovere. Avevo infine la fiducia certa che anche senza la mia presenza l’anno della fede sarebbe comunque andato a buon fine. La fede, infatti, è una grazia, un dono generoso di Dio ai credenti. Avevo, perciò, la ferma convinzione che il mio successore, così come è poi avvenuto, avrebbe ugualmente portato al buon fine voluto dal Signore, l’iniziativa da me avviata”.

 

Quando lasciò il pallio sulle spoglie di Celestino V

di Elio Guerriero – Repubblica , 24 Agosto 2016

Visitando la basilica di Collemaggio all’Aquila, Lei ci tenne a deporre il pallio sull’altare di san Celestino V. Mi può dire quando giunse alla decisione di dover rinunciare all’esercizio del ministero petrino per il bene della Chiesa?

 “Il viaggio in Messico e a Cuba era stato per me bello e commovente da molti punti vista. In Messico ero rimasto colpito incontrando la fede profonda di tanti giovani, facendo esperienza della loro gioiosa passione per Dio. Parimenti ero stato colpito dai grandi problemi della società messicana e dall’impegno della Chiesa a trovare, a partire dalla fede, una risposta alla sfida della povertà e della violenza. Non c’è, invece, bisogno di ricordare espressamente come a Cuba restai colpito dal vedere il modo in cui Raul Castro vuole condurre il suo Paese su una nuova strada senza rompere la continuità con l’immediato passato. Anche qui sono stato molto impressionato dal modo in cui i miei fratelli nell’episcopato cercano di trovare l’orientamento in questo difficile processo a partire dalla fede. In quegli stessi giorni, tuttavia, ho sperimentato con grande forza i limiti della mia resistenza fisica. Soprattutto mi sono reso conto di non essere più in grado di affrontare in futuro voli transoceanici per il problema del fuso orario. Naturalmente ho parlato di questi problemi anche con il mio medico, il Prof. Dr. Patrizio Polisca. Diveniva in questo modo chiaro che non sarei più stato in grado di prender parte alla giornata mondiale della gioventù a Rio de Janeiro nell’estate del 2013, vi si opponeva chiaramente il problema del fuso orario. Da allora in poi dovetti decidere in un tempo relativamente breve sulla data del mio ritiro”.

 

Dopo la rinuncia molti immaginavano scenari medievali con porte che sbattono e denunce clamorose. Al punto che gli stessi commentatori rimasero sorpresi, quasi delusi, dalla sua decisione di restare nel recinto di san Pietro, di salire al monastero Mater Ecclesiae. Come giunse a questa decisione?

“Avevo visitato molte volte il monastero Mater Ecclesiae fin dalle sue origini. Spesso mi ero recato lì per partecipare ai Vespri, per celebrarvi la Santa Messa per tutte le religiose che vi si erano succedute. Da ultimo vi ero stato in occasione della ricorrenza dell’anniversario di fondazione delle Suore Visitandine. A suo tempo, Giovanni Paolo II aveva deciso che la casa, che in antecedenza era servita come abitazione del direttore della radio vaticana, doveva diventare in futuro un luogo di preghiera contemplativa, come una fonte d’acqua viva in Vaticano. Avendo saputo che in quella primavera scadeva il triennio delle Visitandine, mi si dischiuse quasi naturalmente la consapevolezza che questo sarebbe stato il luogo dove potermi ritirare per continuare a mio modo il servizio della preghiera al quale Giovanni Paolo II aveva destinato questa casa”.

 

Dimissioni Papa, fulmini su San Pietro: la foto simbolo

di Elio Guerriero – Repubblica , 24 Agosto 2016

Non so se ha visto anche Lei una foto scattata da un inviato della Bbc che, nel giorno della sua rinuncia, ritraeva la cupola di San Pietro colpita da un fulmine (Benedetto fa cenno con la testa di averla vista). A molti quell’immagine suggerì l’idea della decadenza o addirittura della fine di un mondo. Ora, però, mi viene da dire: si aspettavano di compiangere un vinto, uno sconfitto della storia, ma io vedo qui un uomo sereno e fiducioso.

“Sono pienamente d’accordo. Io avrei dovuto davvero preoccuparmi se non fossi stato convinto, come dissi all’inizio del mio pontificato, di essere un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore. Dall’inizio ero a conoscenza dei miei limiti e accettai, come ho sempre cercato di fare nella mia vita, in spirito di obbedienza. Poi vi sono state le difficoltà più o meno grandi del pontificato, ma vi sono state anche tante grazie. Mi rendevo conto che tutto quello che dovevo fare non potevo farlo da solo e così ero quasi costretto a mettermi nelle mani di Dio, a fidarmi di Gesù al quale, man mano che scrivevo il mio volume su di lui, mi sentivo legato da un’amicizia antica e sempre più profonda. Poi vi era la Madre di Dio, la madre della speranza che era un sostegno sicuro nelle difficoltà e che sentivo sempre più vicina nella recita del santo Rosario e nelle visite ai santuari mariani. Infine vi erano i santi, i miei compagni di viaggio da una vita: sant’Agostino e san Bonaventura, i miei maestri dello spirito, ma anche san Benedetto il cui motto ‘nulla anteporre a Cristo’ mi diveniva sempre più familiare e san Francesco, il poverello di Assisi, il primo a intuire che il mondo è lo specchio dell’amore creatore di Dio, dal quale proveniamo e verso il quale siamo in

cammino”.

 

Solo consolazioni spirituali, quindi?

“No. Il mio cammino non era accompagnato solo dall’alto. Ogni giorno ricevevo numerose lettere non solo dai grandi della Terra, ma anche da persone umili e semplici che ci tenevano a informarmi che mi erano vicine, che pregavano per me. Di qui anche nei momenti difficili la fiducia e la certezza che la Chiesa è guidata dal Signore e che, quindi, potevo riporre nelle sue mani il mandato che egli mi aveva affidato nel giorno dell’elezione. Del resto questo sostegno è continuato anche dopo la mia rinuncia, per cui posso essere solo grato al Signore e a tutti quelli che mi hanno espresso e ancora mi manifestano il loro affetto”.

 

Nel suo saluto di commiato dai cardinali, il 28 di febbraio del 2013, fin da allora promise obbedienza al suo successore. Nel frattempo ho l’impressione che lei abbia garantito anche vicinanza umana e cordialità a papa Francesco. Come è il rapporto con il suo successore?

“L’obbedienza al mio successore non è mai stata in discussione. Ma poi vi è il sentimento di comunione profonda e di amicizia. Al momento della sua elezione io provai, come tanti, uno spontaneo sentimento di gratitudine verso la Provvidenza. Dopo due pontefici provenienti dall’Europa Centrale, il Signore volgeva per così dire lo sguardo alla Chiesa universale e ci invitava a una comunione più estesa, più cattolica. Personalmente io rimasi profondamente toccato fin dal primo momento dalla straordinaria disponibilità umana di papa Francesco nei miei confronti. Subito dopo la sua elezione cercò di raggiungermi al telefono. Non essendo riuscito questo tentativo, mi telefonò ancora una volta subito dopo l’incontro con la Chiesa universale dal balcone di san Pietro e mi parlò con grande cordialità. Da allora mi ha fatto dono di un rapporto meravigliosamente paterno-fraterno. Spesso mi giungono quassù piccoli doni, lettere scritte personalmente. Prima di intraprendere grandi viaggi, il Papa non manca mai dal farmi visita. La benevolenza umana con la quale mi tratta, è per me una grazia particolare di quest’ultima fase della mia vita della quale posso solamente essere grato. Quello che dice della disponibilità verso gli altri uomini, non sono solamente parole. La mette in pratica con me. Che il Signore gli faccia a sua volta sentire ogni giorno la sua benevolenza. Per questo prego il Signore per lui”.

 

 

 

 

 

 

 

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Autore: Marcello Giuliano

Nato a Brescia nel 1957, vive a Romano di Lombardia (BG). Dopo aver conseguito il Baccelierato in Teologia nel 1984 presso il Pontificio Ateneo Antonianum di Roma e il Diploma di Educatore Professionale nel 2001, ha lavorato numerosi anni nel sociale. Insegnante di Religione Cattolica nella Scuola Primaria in Provincia e Diocesi di Bergamo, collabora ai cammini di discernimento per persone separate, divorziate, risposate ed è formatore per gli Insegnanti di religione Cattolica per conto della stessa Diocesi. Scrive sulle riviste online Libertà & Persona e Agorà Irc prevalentemente con articoli inerenti la lettura simbolica dell’arte ed il campo educativo. Per Mimep-Docete ha pubblicato Dalla vita alla fede, dalla fede alla vita. Camminando con le famiglie ferite (2017); In collaborazione con Padre Gianmarco Arrigoni, O.F.M.Conv., ha curato il libro Mio Signore e mio Dio! (Gv 20, 28). La forza del dolore salvifico. Percorsi nella Santità e nell’arte, (2020). Di prossima uscita Gesù è veramente risorto?

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