Lo gnosticismo impazza su “Le Scienze”

Più che “Le Scienze” dovrebbe chiamarsi “Le Fantascienze”, oppure “Le Scienze Esoteriche”. Da qualche tempo troppe speculazioni gnosticheggianti si affacciano tra i titoli di Scientific American riportati sulla sua versione italiana.

Non si era ancora spenta la discussione sulla deriva gnosticheggiante di una parte del dibattito scientifico(Gnosi: il nome dell’ultima ideologia), che su Le Scienze è apparso un altro articolo ancor più significativo del precedente: Viviamo tutti in una simulazione al computer?

L’articolo, come di consueto, è la traduzione di uno pubblicato su Scientific American nel quale si parla di una riunione tenuta presso presso l’American Museum of Natural History di New York. Il pezzo esordisce subito coi classici “botti”:

Il moderatore Neil deGrasse Tyson, direttore dell’Hayden Planetarium del museo, ha quotato a 50-50 la possibilità che tutta la nostra esistenza sia un programma sul disco rigido di qualcun altro.

Immediatamente ci domandiamo quali siano i calcoli scientifici che fanno propendere per una probabilità fifty-fifty che la nostra esistenza sia un programma che gira sul computer di qualche demiurgo cosmico, domanda destinata però a restare senza risposta. Ma le dichiarazioni di deGrasse Tyson non sono tutte qui, infatti subito dopo rilancia:

“Credo che la probabilità sia molto elevata”, ha spiegato. deGrasse Tyson sottolinea che il divario tra l’intelligenza umana e quella degli scimpanzé è in contrasto con il fatto che abbiamo in comune con loro oltre il 98 per cento del nostro DNA.

Da qualche parte potrebbe esistere un’entità dotata di un’intelligenza molto superiore alla nostra. “Al loro cospetto, potremmo essere solo dei poveri idioti”, ha sottolineato deGrasse Tyson. “In questo caso, è facile per me immaginare che tutto, nella nostra vita, sia solo una creazione di qualche altra entità per il suo intrattenimento”.

Insomma, nel momento in cui qualcuno si rende conto del fatto che il divario nel DNA tra gli umani e gli scimpanzé è minimo rispetto all’incommensurabile differenza tra le due specie, anziché ammettere che usare il DNA come metro per quantificare l’umanità di una specie è un errore, il nostro scienziato trova plausibile ipotizzare, scientificamente s’intende, che viviamo dentro Matrix e deGrasse Tyson si domanda come fare ad ottenere la famosa pillola rossa che svela la realtà.

Ovviamente il nostro non è solo, l’idea era già stata formulata qualche anno fa, come puntualmente riportato nell’articolo:

La classica argomentazione a favore di questa ipotesi è stata formulata nel 2003 da Nick Bostrom, filosofo dall’Università di Oxford, secondo il quale i membri di una civiltà avanzata in possesso di un’enorme potenza di calcolo potrebbero decidere di effettuare simulazioni dei loro antenati. Avrebbero probabilmente la possibilità di eseguire moltissime di queste simulazioni al punto che, al loro interno, la stragrande maggioranza delle menti sarebbe in realtà rappresentata da intelligenze
artificiali, invece che dalle menti ancestrali originarie. Così, semplici statistiche suggeriscono che è molto più probabile che le nostre menti siano tra quelle simulate.

Ecco far capolino delle misteriose statistiche che, insieme calcolo delle probabilità, anziché essere parte della ricerca sembrano essere diventate il centro della produzione di fiabe post umane. Insomma veniamo a sapere che le nostre menti, quelle che dovrebbero essere l’unica cosa di cui cartesianamente non possiamo dubitare, sono in realtà dei programmi giocattolo per un supercomputer giocattolo di un super essere che gioca. Si stenta a credere che tali discorsi siano stati effettuati presso l’American Museum of Natural History, quell’istituzione così seria dove tra l’altro lavora come curatore del Department of Invertebrate il grande Niles Eldredge. Si spera che nel settore evoluzione non si proceda con gli stessi metodi sennò altro che Just so story alla Kipling…

Ma le sorprese non sono ancora finite, nel brain storming qualcuno come Max Tegmark, cosmologo del Massachusetts Institute of Technology (MIT), si accorge che l’universo è scritto con formule matematiche:

E ci sono anche altre ragioni per pensare che potremmo essere virtuali. Per esempio, quanto più impariamo a conoscerlo, tanto più l’universo sembra essere basato su leggi matematiche.

Capperi! E dire che gli sarebbe bastato leggere “Il Saggiatore” pubblicato da Galilei nel 1632 dove compare la famosa frase “il libro della natura è scritto in linguaggio matematico”, e ci sarebbe arrivato prima. Ma dove il padre della scienza moderna vedeva le “impronte” di un creatore, il pronipote scientista vede le tracce di una realtà virtuale proprio alla Matrix.

Per James Gates, fisico teorico dell’Università del Maryland, l’ipotesi è supportata dalla sua esperienza:

“Ho dovuto ricorrere a codici di correzione degli errori, molto utilizzati dai browser. Ma che cosa c’entravano con le equazioni su quark, elettroni e supersimmetria che studiavo? Questo mi ha portato brutalmente alla conclusione che non potevo più dare del pazzo a Max e alle persone come lui”.

Ma per fortuna c’è qualcuno mantiene un po’ i piedi per terra e suggerisce che forse l’uso degli stessi strumenti per lavorare sui browser e nella fisica sia solo frutto di una moda del momento:

Eppure non tutti i presenti all’incontro sono d’accordo con questo ragionamento. “Se si stanno trovando soluzioni prese dell’informatica per quei problemi, forse è solo la moda del momento”, ha sottolineato Tyson. “Se sei un martello, ogni problema ti sembra un chiodo”.

Tra le persone con i piedi ben piantati a terra va annoverata Lisa Randall:

E anche l’argomentazione statistica secondo cui in futuro la maggior parte delle menti si rivelerà essere artificiale invece che biologica non è scontata, ha detto Lisa Randall, fisico teorico della Harvard University. “Semplicemente, non si basa su probabilità ben definite.

Finalmente qualcuno si è accorto dell’uso troppo disinvolto della parola “probabilità”! E poi arriva anche il momento in cui qualcuno si accorge anche che si sta parlando di questioni che, mutatis mutandis, si possono inquadrare nella religione:

Ma qualcuno aveva un approccio più contemplativo, sostenendo che la possibilità solleva alcune pesanti questioni spirituali. “Se l’ipotesi della simulazione è corretta, allora apriamo la porta alla vita eterna, alla risurrezione e alle cose che formalmente sono state discusse in campo religioso”, ha suggerito Gates.

Ma subito questo pericolo viene sventato da un ragionamento di Tyson ( Neil deGrasse, non Myke ndr):

Il nostro creatore non è particolarmente inquietante, è solo un hacker adolescente dell’universo che sta un gradino più su.” Cambiando punto di vista, anche noi siamo degli dei per le nostre creazioni al computer. “Di certo non ci consideriamo divinità quando programmiamo Mario, anche se abbiamo un enorme potere su quanto in alto Mario riuscirà a saltare”, ha sottolineato Tyson. “Non c’è motivo di pensare che sono onnipotenti solo perché controllano tutto ciò che facciamo”.

Tranquilli, dice Tyson, se Dio esiste è solo un “hacker adolescente dell’universo che sta un gradino più su”. Più o meno quello che sosteneva lo gnosticismo, solo che non si esprimeva in termini di hacker adolescenti ma di “demiurgo” e “arconti”.

Scienziati che giocano a fare gli gnostici. Ma non lo sanno, dovrebbero prima studiare un po’ di storia della filosofia.

Pubblicato anche su Critica Scientifica

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