L’IMPASSIBILITÀ DI DIO SALVA L’UOMO. Davvero Dio Padre lascia morire Gesù al modo in cui noi intendiamo la morte?

Cosa fa il Padre mentre il Figlio muore?

La domanda “Davvero Dio Padre sarebbe Colui che lascia morire Gesù al modo in cui noi intendiamo la morte?” è mal posta, perché errato è il nostro modo di considerare la morte. Come mai San Francesco, ridotto a patrono dell’ecologia, chiama la morte sorella?

Anonimo bergamasco, Sec. XVII

Parrocchia San Giovanni Battista, Casnigo (BG)

 

«Liberami, o Signore, dalla morte improvvisa»

Il presupposto erroneo dell’esorcizzazione del dolore e della morte dalla odierna prospettiva della fede è che la fede dell’uomo in Dio sia annientata dalla sofferenza e dalla morte. Questo è logico nella visione umana, ma non nella rivelazione.

Oggi molti credenti si augurano di morire in assenza di coscienza: un colpetto al cuore e via. Un tempo, ogni sera, si pregava così: «Liberami, o Signore, dalla morte improvvisa». Io lo faccio ancora ogni sera, domandando al Signore la grazia di poterlo incontrare

nel dono misericordioso di potergli chiedere perdono un’ultima volta.

Gesù risorge e, per secoli, Gesù viene rappresentato risorto, ma sulla croce, senza alcun realismo naturalistico, ma con il realismo della fede, senza il quale tale iconologia non avrebbe fondamento.

Questo risorto iconico è immutabile, con gli occhi aperti. L’equivoco è ritenere che la morte deprivi della vita. In un certo senso, il serpente diceva il vero affermando: «non morrete». Nella salvezza, la morte è un passaggio funzionale alla vita definitiva, la via per la nuova nascita.

Immutabile eppur vicino

L’affermazione che un Dio, che muore, è un Dio, che si accorge della morte dell’uomo, è un’affermazione affascinante, ma, strano a dirsi, non dà appieno ragione del valore che ha per l’uomo l’immutabilità di Dio non meno che la Sua vicinanza, a meno di riconoscere, anche nella Sua morte, la Sua immutabilità. Proprio quella immutabilità di Dio è fondamento dell’interesse di Dio per l’uomo e della Sua vicinanza all’uomo sofferente:

 

«Sion ha detto: -Il Signore mi ha abbandonato,

il Signore mi ha dimenticato.

Si dimentica forse una donna del suo bambino,

così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?

Anche se costoro si dimenticassero,

io invece non ti dimenticherò mai» (Is 49, 14-15).

 

Dio non muta nel Suo cuore perché non muta nella Sua natura

17Ma Gesù rispose loro: «Il Padre mio opera sempre e anch’io opero».

18Proprio per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo:

perché non soltanto violava il sabato,

ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio.

19Gesù riprese a parlare e disse: «In verità, in verità vi dico,

il Figlio da sé non può fare nulla se non ciò che vede fare dal Padre;

quello che egli fa, anche il Figlio lo fa.

20Il Padre infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che fa

e gli manifesterà opere ancora più grandi di queste,

e voi ne resterete meravigliati.

21Come il Padre risuscita i morti e dà la vita,

così anche il Figlio dà la vita a chi vuole; …  (Gv 5,17-30)

 

Sorge, allora, la domanda: Quel Gesù che ha provato, come uomo, la lontananza di Dio, può non voler dare la vita a qualcuno?

Se per Barth il Crocifisso è l’Immagine di Dio[1], direi, invece, che il Crocifisso è un’immagine di Dio, insieme a numerose altre, quali il Gesù con i peccatori, il Gesù esorcista, il Gesù Giudice. E mentre Barth unisce, giustamente, morte e resurrezione, -se resurrezione è eternità- la morte, per l’uomo in Cristo, ha un significato diverso da quello naturale della visione materialista moderna. Il cadavere di Gesù, in radice, non è un cadavere, visto nella luce di Dio, così come un assassino, nella luce di Dio, benché nelle tenebre, è non assassino, ma figlio di Dio, come Caino. Proprio per questo paradosso della superiorità di Dio verso la morte, e della sua immutabilità, Dio salva il Figlio e l’uomo nella morte di croce:

Trinità (Guiard des Moulins, Bible historiale, sec. XV, Parigi, BNF)

3Questo Figlio, che è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza

e sostiene tutto con la potenza della sua parola,

dopo aver compiuto la purificazione dei peccati

si è assiso alla destra della maestà nell’alto dei cieli,

4ed è diventato tanto superiore agli angeli

quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato (Eb 1, 3-4).

 

 Cosa vorrebbe dire Moltmann (p. 239) quando scrive che la nuova cristologia non deve partire dall’aspetto unitario della Persona di Cristo in opposizione alla dottrina della Tradizione delle due nature? Significa che le due nature sono unite nella ““persona”” umana di Cristo?

Jürgen Moltmann

Egli con ciò vuole concepire l’essere divino in movimento fino a non «ricavare alcuna natura divina» (Althaus, cit. in Moltmann, 240). Questo modo di concepire il movimento in Dio equivale ad esiliare Dio definitivamente dalla vita umana perché il divino, infatti, può apparire all’uomo solo se l’uomo dal movimento passa alla visione estatica; se l’uomo passa dal divenire a ciò che è oltre i sensi, ciò che è oltre i sensi è la realtà come è in realtà, in verità. Mentre la vita nel regno di questo mondo è illusione, come le promesse di Satana, ingannevole fin dal principio. La vita nuova, nella visione estatica, è realtà.

Si opporrà che, sulla croce, comunque, c’è il grido di Dio-Figlio. Certo. Ma, sempre nelle Scritture, con verità, Dio parla secondo le modalità espressive dell’uomo. Ma è dell’uomo perdonare i crocifissori nell’atto del morire per mano loro, o di Dio? Gesù perdona perché il Padre perdona e, benché abbandonato alla morte fisica (non spirituale), non si sente abbandonato in questa sua volontà divina e umana di salvare l’uomo.

Si potrebbe dire che il Padre sale sulla croce con il Figlio? In senso analogico, sì, ma in senso proprio, no. Il Padre resta dove è, ad “attendere” il Figlio, che mai è sceso dalla Sua Gloria, come intende mostrare la Trasfigurazione. Dio, infatti, è sé stesso senza mutamento, ma in quanto essere presente al creato, e ad ogni tempo della storia, allora è anche sulla croce.

La Trasfigurazione mostra già come il Cristo, in cammino verso la croce, è nella gloria. E anche se si volesse concepire la Trasfigurazione come racconto non storicamente avvenuto, ma come testo post-pasquale e rilettura da parte della comunità, vuol dire comunque che la Comunità avrebbe questa fede e non altra.

 

 

Raffaello, 1520, Trasfigurazione, Pinacoteca vaticana

 

Se Cristo si abbassa è per innalzare l’uomo, ma verso dove? Verso l’immutabilità e l’impassibilità. Ricordiamo lo Impassibilis est Deus, sed non incompassibilis, di San Bernardo. Ora si scopre il senso dell’uomo creato a sua immagine e somiglianza! La somiglianza appare proprio nella immutabilità che l’uomo consegue. Non «Ecce Deus!, guardate il Dio sulla croce!», ma «Davvero questi era il Figlio di Dio!» pronunciato dal Centurione pagano! Quando si dice umiliazione di Dio non si dice altro se non che Dio è tutto in tutti, nell’umiliato, come nell’esaltato e tale umiliazione non Lo cambia, come non lo cambia alcuna esaltazione. Espressioni come esaltato e umiliato sono espressioni del nostro linguaggio patetico, di chi nasce nelle doglie del parto e che, tramite il battesimo-resurrezione-eucaristia, scoprirà la propria vera natura. L’umiliazione di Dio non è la sua essenza, come non lo è la Sua glorificazione. Egli è oltre e al di qua: «l’elevatezza non viene abbassata» (Gregorio di Nissa qui citato da Moltmann, 239). Questa prospettiva è certo fondamentale per conoscere chi sia Dio nella rivelazione. In ciò Moltmann ha pienamente ragione.

 

—————————–

[1] Moltmann J., Il Dio Crocifisso, apparso in lingua tedesca nel 1972, Queriniana, Brescia 1973, 20025, 235.

Print Friendly, PDF & Email
Se questo articolo ti è piaciuto, condividilo.

Autore: Marcello Giuliano

Nato a Brescia nel 1957, vive a Romano di Lombardia (BG). Dopo aver conseguito il Baccelierato in Teologia nel 1984 presso il Pontificio Ateneo Antonianum di Roma e il Diploma di Educatore Professionale nel 2001, ha lavorato numerosi anni nel sociale. Insegnante di Religione Cattolica nella Scuola Primaria in Provincia e Diocesi di Bergamo, collabora ai cammini di discernimento per persone separate, divorziate, risposate ed è formatore per gli Insegnanti di religione Cattolica per conto della stessa Diocesi. Scrive sulle riviste online Libertà & Persona e Agorà Irc prevalentemente con articoli inerenti la lettura simbolica dell’arte ed il campo educativo. Per Mimep-Docete ha pubblicato Dalla vita alla fede, dalla fede alla vita. Camminando con le famiglie ferite (2017); In collaborazione con Padre Gianmarco Arrigoni, O.F.M.Conv., ha curato il libro Mio Signore e mio Dio! (Gv 20, 28). La forza del dolore salvifico. Percorsi nella Santità e nell’arte, (2020). Di prossima uscita Gesù è veramente risorto?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

tre + 4 =