Sulla linea di faglia

Sulla linea di faglia

30 gennaio 2016, Circo Massimo, cosa è successo? Né destra né sinistra, ma qualcosa di molto più profondo, una linea di faglia tra due visioni antropologiche, tra due diversi modelli di società che si confrontano.

Era il novembre 2013 quando rielaborando il celebre concetto di Samuel Huntington dello “scontro di civiltà”  scrivevo in un articolo  che lo scontro era in realtà presente anche all’interno allo stesso Occidente, concetto ribadito un anno dopo, nel 2014, in La chiave di lettura del tempo presente, e ancora nel 2015 in La linea di faglia interna: cosa succederà dopo il 20 giugno. In quest’ultimo articolo si avanzavano due ipotesi sul futuro della legislazione sulle unioni civili:

Le possibilità sono due:

1) Tornerà a prevalere il concetto di “diritto” come principio giuridico, e allora il confronto sfocerà in una mediazione che garantirà il più possibile tutte le parti.

2) Si affermerà il concetto di “diritto” come valore, deciso arbitrariamente in sedi sovranazionali, e allora in questa ottica le rivendicazioni della parte ritenuta “ingiusta” non potranno essere prese in considerazione.

Come si vede in gioco c’è la stessa natura della società liquida globalizzata e in quanto tale non solo nella realtà italiana, per il globalismo rinunciare al “diritto valore” significherebbe inserire nel sistema un’eccezione, un elemento destabilizzante che costituirebbe un precedente alla lunga fatale alla nuova visione sociale. Secondo la visione di Huntington in Piazza S. Giovanni il 20 giugno è stata tracciata una linea di faglia.

Come previsto nell’articolo riportato, il globalismo e le forze che lo sostengono non possono accettare che esistano zone non allineate, soprattutto al suo interno. Ecco quindi che la pressione si fa sentire ed essere gli unici in Europa senza una legge sulle unioni omosessuali diventa un problema, come se seguire gli altri fosse un principio dotato di qualche logica. Ma ancor più, al di là del consenso popolare contrario, la legge diventa “non rinviabile“, un’affermazione alla quale non viene data alcuna spiegazione se non quella di un’apodittica presunta evidenza che unisce componenti di destra e di sinistra al governo.

Che di scontro lungo linee di faglia si tratti, come qui sostenuto da quasi tre anni, lo ha confermato il 19 gennaio il direttore di Repubblica Mario Calabresi in un’intervista a Rep TV (minuto 2,38 – 3,05):

http://youtu.be/stT22xWlhQ0?t=151

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Seppelliti dunque i vecchi concetti di destra e sinistra, anche se ancora presenti nel linguaggio comune, constatato che il loro posto è stato preso dallo scontro lungo linee di faglia, non resta che decidere su quale lato della faglia posizionarsi. Quale alternativa scegliere tra il globalismo della mercificazione generalizzata, che vede i capitali come soggetto di diritto e di tutela da parte degli stati e i singoli cittadini come consumatori e quindi perfetti fruitori di “desideri-diritti“, o quella dello Stato concepito come garante dei bisogni, non dei desideri, dei cittadini e della redistribuzione del reddito in contrapposizione agli interessi tendenzialmente senza limiti del capitale e, ancor più, della finanza.

La piazza che si oppone alla mercificazione della vita del nascituro si oppone di fatto, che ne sia consapevole o no, al mercantilismo e alla omnimercificazione prevista da Marx già nel 1847. Una piazza fatta da persone che hanno come ricchezza fondamentale, e per questo irrinunciabile, la prole e questa concepita come soggetto non commerciabile. Una categoria che a pieno diritto si può definire proletariato. Il capitale, senza eccezioni, si trova tutto sull’altro versante.

E quindi la piazza vista al Circo Massimo è, a tutti gli effetti, in un modo nuovo, una piazza rivoluzionaria.

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