Nascita della scienza e Cristianesimo: tante omissioni che valgono una leggenda

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Secondo lo storico americano Thomas Woods una delle eredità più rilevanti che la Chiesa Cattolica ha lasciato al mondo occidentale è senza dubbio la nascita della scienza moderna. “La vera storia della relazione tra la Chiesa e la scienza – sostiene Woods – è senza dubbio il fatto di maggior rilevanza [della civiltà occidentale]. Per lungo tempo la gente ha considerato assodato che la Chiesa sia stata un ostacolo allo sviluppo scientifico. I moderni studiosi di scienza – sia cattolici che non – respingono tale visione, purtroppo ancora insegnata ai nostri figli. Dubito che vi sia chi sappia che trentacinque crateri

lunari si chiamano come altrettanti scienziati gesuiti oppure che fu un gesuita (Giambattista Riccioli) il primo a misurare l’accelerazione di un corpo in caduta libera. O, ancora, che fu un membro della Compagnia di Gesù, Francesco Maria Grimaldi, a scoprire il fenomeno della diffrazione della luce”.

Ovviamente lo storico americano si trova in buona compagnia. Sempre dagli Stati Uniti giungono i recenti studi dell’agnostico sociologo delle religioni Rodney Stark, il quale sostiene che senza l’influenza del Cristianesimo “la maggior parte di noi non avrebbe imparato a leggere e gli altri leggerebbero ancora papiri scritti a mano […]. Il mondo intero sarebbe oggi più o meno dove le società non europee erano, diciamo, nel 1800: un mondo pieno di astrologi e alchimisti, ma non di scienziati”.

Sostiene infatti Stark che “solo in Europa l’alchimia divenne chimica. Allo stesso modo, furono molte le società che svilupparono sistemi astrologici elaborati, ma solo in Europa l’astrologia portò all’astronomia”.

Della stessa opinione l’insigne fisico nucleare oxfordiano Peter E. Hodgson. “Si può a ragione affermare – sostiene Hodgson – che vi è una continuità viva e organica tra rivelazione cristiana e pensiero scientifico, proprio perché il cristianesimo offriva le convinzioni che resero possibile la nascita della scienza moderna ed anche il clima morale che ne poteva favorire lo sviluppo”.

Ovviamente queste idee circolavano già all’inizio del ‘900 grazie agli studi del fisico francese Pierre Duhem e del prestigioso matematico Alfred North Whitehead che nel suo libro “La scienza e il mondo moderno” (1925) poteva affermare che “il Medioevo fu un lungo tirocinio della mentalità dell’Europa occidentale nel senso dell’ordine”. E, come se ciò non bastasse, aggiunse che la cultura medievale è stata determinante per la conformazione della mentalità occidentale perché ha favorito “la fede inespugnabile che ogni evento particolare può essere correlato, in modo perfettamente definito, ai suoi antecedenti e fungere da esempio di princìpi generali. Senza questa fede l’enorme lavoro degli scienziati sarebbe disperato. È questa fede istintiva, vivamente sostenuta dall’immaginazione, che costituisce il principio motore della ricerca: v’è un segreto, e questo segreto può essere svelato”.
Ovviamente la lista degli studiosi è talmente lunga che meriterebbe più attenzione. Ma la domanda che probabilmente si fanno in tanti è: che fine hanno fatto tutte queste ricerche nei manuali di storia dei licei?

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