Miracolo. Si parla ancora di miracoli

Oggi, giorno in cui la Chiesa festeggia la Vergine di Guadalupe, ripubblichiamo una recensione di “Miracoli – L’irruzione del soprannaturale nella storia” (Ed. Lindau) di Francesco Agnoli e Giulia Tanel, che all’evento messicano dedica un intero capitolo.

In copertina, la resurrezione di Lazzaro che Giotto ha realizzato nella cappella degli Scrovegni a Padova. Al centro, maestoso, il Cristo che con un semplice gesto della mano richiama alla vita l’amico Lazzaro, fetido, avvolto da bende nauseabonde. Lo stupore e l’indignazione, la meraviglia e lo scetticismo, la fede e la perplessità si mescolano sui volti dei personaggi attorno alla scena principale. Nella piccola immagine pittorica di Giotto c’è tutta la posizione dell’uomo su Dio e la possibilità di un suo agire, straordinario, tra gli uomini.

Miracoli” (ed. La Fontana di Siloe, 2012, pag. 133, euro 14) è un libro a due mani, quelle di Francesco Agnoli e Giulia Tanel. Due mani come quelle che occorrono all’uomo per riconoscere “l’irruzione  del soprannaturale nella storia” che, del saggio, ne è anche il sottotitolo. La  prima è quella della razionalità. L’uomo, dotato di ragione, non può non cercare attraverso quest’attributo che lo distingue tra gli animali il senso di ciò che vede, constata, verifica. Non può non ricondurre dentro un orizzonte di senso tutto
ciò che è e accade.

Nel dare e cercare un ordine a ciò che avviene, l’uomo non fa altro che riconoscere un ordine che lo precede. Non inventa niente, l’uomo. Scopre, non inventa. Solo attribuisce un nome, una norma che è già nella realtà, nelle cose così come esse si presentano. In questo suo normale agire, la ragione intuisce che la realtà visibile con la sua armonia e la sua intrinseche leggi è nascondimento di un’Invisibile che ha pensato e ordinato, secondo bellezza, tutta la creazione. Come se qualcuno avesse nascosto il tesoro e desse via ad un’immensa caccia per trovare ciò che c’è, ma è celato. E’ una ricerca che chiede pazienza, umiltà, determinazione, indagine, studio. Tutta la ragionevolezza dell’uomo è implicata in questa avventurosa caccia al tesoro in cui il premio è il riconoscimento di quelle leggi sottese alla realtà.

Il fisico e premio Nobel Carlo Rubbia dice: “Più uno studia i fenomeni della natura… più capisci che non è un caso”. La ragione è, dunque, la prima forma con cui l’uomo guarda la realtà, la ordina e le dà nome perché “Dio di norma rispetta le proprie leggi.”

La seconda mano, è la fede. E’ ciò l’atteggiamento dell’uomo che, dinanzi alla meraviglia della realtà, da un lato, intuisce i tratti del volto buono nascosto di Qualcuno, dall’altro, nell’eccezionalità della trasgressione, vede l’ironia di Dio che talvolta “disobbedisce” all’ordine da Lui stesso imposto.

“Miracoli” non è un libro che racconta di episodi mirabolanti. E’ piuttosto una riflessione offerta in modo semplice e avvincente, di come fede e ragione non solo non si contraddicano, ma sono di aiuto reciproco per evitare lo scadimento nel miracolismo e nello scientismo.

La ragione sostiene la fede perché essa, per prima, è chiamata sul luogo dello stupore per indagare la realtà. La fede esalta la ragione perché raggiunge quelle cime che la ragione non è abile, da sola, a raggiungere e le offre quell’apertura che la libera dalla pretesa di “comprendere” tutto in sé.

Il breve e agile lavoro di Agnoli e Tanel è, primariamente, un’apologetica risposta a quell’idea piuttosto balorda che da qualche anno va in giro, accreditata dai media, ovverossia che fede e ragione siano rette parallele impossibilitate ad incontrarsi pena l’umiliazione dell’una o dell’altra.

Gli autori entrano poi nel vivo di alcuni fatti: la Sindone, la Tilma di Guadalupe, i miracoli di Lourdes, l’aurora boreale di Fatima. I miracoli sono segni nella storia perché lo sguardo dell’uomo riconosca che c’è di più.

Il miracolo – così, recita il catechismo della Chiesa Cattolica – è un evento eccezionale che suppone un intervento speciale e gratuito di Dio e che accade nella storia, superando il normale corso della natura, come segno o manifestazione di un messaggio di Dio all’uomo e una chiamata alla conversione”.

Ciascuno dei segni prodigiosi che Dio permette non sono l’equivalente di un biglietto vincente della lotteria, un fatto casuale e, ultimamente, insignificante. Sono piuttosto delle provocazioni di Dio per sedurci, per muoverci e commuoverci a conversione.

Per questo, caratteristica ineludibile del miracolo è che si propone alla nostra capacità di accoglierlo e rifiutarlo. Mai si impone come qualcosa di incontrovertibile.

Il miracolo è una porta socchiusa. Consente a chi ha il cuore aperto di vederne l’interno e godere di una visione che supera se stessa. Lascia, tuttavia, sufficiente ombra perché la visione si arresti. Il miracolo diviene così il luogo della libertà dell’uomo che può riconoscere l’autore di quello straordinario evento continuamente sotto gli occhi che è la realtà, che è la vita, senza tuttavia costringere e coartare. In questo, forse, di tutta la faccenda, consiste il miracolo più grande.

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