IL SACRAMENTO DELL’ORDINE GRANDE DONO ALLA CHIESA 2. Cari sacerdoti malati.

Cari Sacerdoti malati,

sempre più spesso giunge voce di sacerdoti, costretti a lasciare il ministero non perché non si sentano spiritualmente adeguati ad assolverlo con la forza della Fede, della Speranza e della Carità, ma per le sopraggiunte condizioni fisiche, che a ciò li impossibilitano.

 

A me, che ho lasciato il mio posto di combattimento, -perché la vita cristiana ed il sacerdozio sono vero combattimento per il Regno di Dio-, il Vostro esempio di abnegazione e offerta delle Vostre sofferenze non può non far pensare che anche noi, poveri e fragili più di voi, -non necessariamente nel corpo, ma nello spirito-, possiamo e dobbiamo esservi vicini con amore grande e ringraziarvi perché, nel vostro difficile calvario, uniti a Cristo Crocifisso, e in attesa di incontrarlo risorto, vi ricordiate anche della nostra condizione di pericolo e, a volte, di indolenza, quando non anche di disperazione.
Voi, con la vostra sofferenza benedetta dall’amore, non escludete dall’offerta nemmeno coloro, sacerdoti o meno, che nella Chiesa e nel mondo si sono resi responsabili di gravi delitti e peccati. Voi per primi riparate a questo mare di iniquità. Voi sull’altare della malattia

continuate ad offrire il Santo Sacrifico dell’altare insieme a tanti fedeli anch’essi provati dalla malattia e da lunghe malattie.
Proprio a voi, noi, fragili, anzi, fragilissimi, dobbiamo guardare per dare sostanza alla ritrovata vita spirituale, che nell’alveo della Chiesa ora cerchiamo di condurre una vita cristiana non abitudinaria, ma partecipe delle sofferenze e delle gioie della Chiesa.
È necessario riflettere sul valore della vostra sofferenza e sulla sofferenza del cristiano. Quando un discepolo di Cristo si ammala è sempre una vocazione per lui, vocazione alla santità. Voi, in questa condizione, siete vittime per la santificazione dei sacerdoti, di tutti i sacerdoti, anche di quelli che non esercitano più. Voi vi offrite per tutti i sacerdoti perché essi tutti, a loro volta, si offrano in sacrificio di soave odore per l’umanità. È il sacrificio della Santa Messa.

Proprio l’Anno Sacerdotale vede ed ha visto il sacerdote protagonista anche e ancor più nella condizione di ammalato.

A noi, allora, che non esercitiamo più il ministero, è chiesto di vivere in unione di spirito con voi sacerdoti ammalati e sostenervi con le nostre sofferenze e preghiere, in una mutua carità.
In questi anni ho conosciuto più sacerdoti malati, come laici seriamente sofferenti, ed in essi ho ritrovato quel modello di vita cristiana paziente, senza la quale la Fede non è Fede, la Carità non è Carità, la Speranza non è Speranza.
Anche questi sacerdoti, a tutti di grande esempio, e che edificano la Chiesa più di prima, vengono raggiunti dalla tentazione contro la fede. Quella domanda «perché a me?, perché, cosa ho fatto per meritare questo» non passa senza lasciare un segno. O abbatte o, felicemente, sollecita una pronta risposta, che determina all’eroismo della sofferenza quotidiana.

 Il miracolo di Bolsena, miniatura

In quei momenti, è in gioco la perseveranza nella virtù della fede, per amore di Dio e dei fratelli nella Speranza delle cose che non si vedono, nell’attesa dalla Sua venuta.
Chi, come noi, è malato nello spirito, deve guardare proprio a Voi, tanto quanto alla vecchietta, curva di anni e di esperienza, che si avvicina ad un altare ad accendere una candela o fa visita al campo santo per deporre un fiore ed una preghiera sul luogo del riposo temporaneo di una persona amata.
Vedendo Voi perseverare nella vocazione, non nonostante la sofferenza, ma, sicuramente, nella sofferenza come Gesù, che ha compiuto la propria missione nella sofferenza, anche noi riprendiamo coraggio per completare il santo viaggio.
Voi ci ricordate che la vita e la gioia non sono di questa terra e che su questa terra sono possibili solo se orientate alla Vita futura.
Il vostro corpo sofferente, sostenuto da uno spirito fortificato dalla grazia, dal calore dei vostri fedeli, dalle preghiere di chi avete beneficato in vita con esempi, con i sacramenti, con la Parola, esprime la volontà di santità che è in voi. Ci ricorda anche che tra i motivi che inducono un sacerdote a lasciare il ministero, oltre a tutti quelli umani e comprensibili e scusabili, ve ne è uno, che, però, è essenziale: la pochezza della fede ed il diminuito desiderio di santità. Fede a volte imprecisa nelle verità cristiane e nella pratica delle virtù, ma soprattutto povera nella adesione alla persona di Cristo e, attraverso di Lui e di Maria, al Padre nello Spirito.

San Pio da Pietrelcina

Se un sacerdote smarrisce la certezza che la propria vita è vita in Cristo, si lascerà affascinare da tutto tranne che dalle virtù cristiane e preferirà inseguire mille illusioni. Diventerà cieco, guida di altri ciechi, finché non lascerà che sopraggiunga il lupo a razziare le pecore affidategli.
Un sacerdote ripiegato su se stesso è una povera anima, che si perde e perde molte altre anime, che lascia indifese contro il Maligno! Parole di altri tempi? No! Verità di oggi e verità di sempre. Il resto viene proprio dal Maligno.
Ricordo le crude parole che mi diceva il mio Padre Spirituale nel periodo più acuto della mia crisi: «Hai un cuore diviso!». Parole dure, che forse si fermavano alla diagnosi senza giungere a toccare l’anima, ma vere!

Credo che il reciproco e virtuoso aiuto che si viene a creare tra tutti noi nel momento in cui diveniamo consapevoli, ciascuno della specifica vocazione, stia portando i suoi frutti. Non solo ormai sono quattro anni che il Gruppo Sacerdotale di Adorazione Eucaristica qui esiste, ma dalla scorsa primavera, è stato aperto anche a figure di laici/he, che desiderino pregare con e per i sacerdoti.
I sacerdoti che si sono avvicinati al gruppo ne hanno tratto beneficio. Un sacerdote, dopo opportuno cammino, ha ritrovato la serenità per riprendere con perseveranza la propria missione. Ma, comunque, per tutti è stato occasione per crescere nella fede e nell’equilibrio spirituale.
Fin dai primi passi in cui ci si mosse per giungere a quanto oggi esiste, fummo aiutati da una comunità di care Suore, dedite al servizio ai sacerdoti, di una Diocesi del Sud, che si adoperò in più modi per fare nascere anche nella propria Diocesi un simile gruppo. Esse pregano per questa intenzione insieme ad altre numerose persone. Speriamo che anche là il Gruppo di Adorazione possa iniziare, ma già esse stesse lo sono.
In più c’è da dire che tutta questa iniziativa è nata anche per la preghiera di diverse anime consacrate, in particolare di un monastero femminile della nostra Città, presso il quale ci ritroviamo mensilmente per l’Adorazione. Queste care sorelle ci accolgono per la preghiera e, insieme a noi, adorano il Signore ascoltando la meditazione, sempre sulla fede, tenuta dal Sacerdote alle cui cure siamo affidati dal Vescovo.
Sacerdoti, religiose, religiosi e laici. Ecco che la Chiesa si muove in unità e in umiltà.
Grazie per la vostra presenza e vicinanza.

Ave Maria, R. D.

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