Procreazione responsabile verso il Sinodo. Gli insegnamenti di San Giovanni Paolo II, da non tradire

flora

di Flora Gualdani

Riportiamo altri estratti di “Occidente, procreazione e Islam”. Datato 12 aprile 2015 (Festa della Divina Misericordia), è il saggio dell’ostetrica aretina Flora Gualdani, pubblicato per il Sinodo dei vescovi sulla famiglia e in vista dell’enciclica ambientalista di papa Francesco. Il libro è reperibile sul portale http://ilmiolibro.kataweb.it/ (Isbn 9788891096753). Il 20 luglio scorso abbiamo riportato il capitolo terzo dedicato a “Ecologia umana e procreazione”
(https://www.libertaepersona.org/wordpress/2015/07/ecologia-umana-e-procreazione/). Una prima testimonianza della fondatrice dell’opera Casa Betlemme è stata pubblicata il 21 aprile 2014 nel nostro sito con il titolo “Il mio ospedale da campo sul fronte della vita”.
4. Le raccomandazioni pastorali di San Giovanni Paolo II. E il loro tradimento.

Il santo Giovanni Paolo II, oltre alle sue 133 catechesi del mercoledì dedicate a spiegare l’amore umano (Uomo è donna lo creò), ci ha lasciato anche una ventina di importanti discorsi in cui ha approfondito gli aspetti pastorali, a margine di convegni e congressi scientifici internazionali (cfr. Paola Pellicanò, Mandato d’amore, San Paolo 2012). Nel 1996 il papa spiegava che «è ormai maturo il momento in cui ogni parrocchia e ogni struttura di consulenza della famiglia e alla difesa della vita possano avere a disposizione personale capace di educare i coniugi all’uso dei metodi naturali. E per questa ragione raccomando particolarmente ai Vescovi,

ai parroci e ai responsabili della pastorale di accogliere e favorire questo prezioso servizio». E ancora: «la promozione e l’insegnamento dei metodi naturali è una vera preoccupazione pastorale, che coinvolge la cooperazione da parte di sacerdoti, religiosi, specialisti e sposi, che lavorino in collaborazione con il Vescovo della Chiesa locale ricevendo da lui supporto e assistenza».
In uno stupendo discorso del 1984 ai sacerdoti, dopo aver approfondito la differenza tra “legge della gradualità” e “gradualità della legge” (affrontata già a conclusione del Sinodo del 1980 e nella Familiaris consortio n. 34), ovvero l’errore di chi ritiene l’insegnamento della Chiesa adatto solo a pochi, Giovanni Paolo II aveva tuonato contro gli “adattamenti pastorali” con cui certi vescovi pensano di andare incontro alle difficoltà degli sposi: «la difficoltà vera è che il cuore dell’uomo è abitato dalla concupiscenza: e la concupiscenza spinge la libertà a non acconsentire alle esigenze autentiche dell’amore coniugale. Sarebbe un errore gravissimo concludere da ciò che la norma insegnata dalla Chiesa è in se stessa solo un “ideale” che deve poi essere adattato, proporzionato graduato alle, si dice, concrete possibilità dell’uomo: secondo un “bilanciamento dei vari beni in questione”. Ma quali sono le “concrete possibilità dell’uomo”? E di quale uomo si parla? Dell’uomo dominato dalla concupiscenza o dell’uomo redento da Cristo? Poiché è di questo che si tratta: della realtà della redenzione di Cristo. Cristo ci ha redenti! Ciò significa: Egli ci ha donato la possibilità di realizzare l’intera verità del nostro essere. Egli ha liberato la nostra libertà dal dominio della concupiscenza». La nostra «carità pastorale verso gli sposi», spiegava, «consiste nell’essere sempre disponibili ad offrire loro il perdono dei peccati, attraverso il Sacramento della penitenza, non nello sminuire ai loro occhi la grandezza e la dignità del loro amore coniugale […]. Di questo sguardo più profondo della nostra anima sacerdotale hanno bisogno gli sposi, ha bisogno tutta la Chiesa».
Nel 1987, nel ribadire ad un convegno che «la grazia di Cristo dona ai coniugi la reale capacità di adempiere l’intera “verità” del loro amore coniugale», si rivolse severamente a quelli che parlano «di “conflitto di valori o beni” e della conseguente necessità di compiere come una sorta di “bilanciamento” degli stessi, scegliendo uno e rifiutando l’altro: non è moralmente corretto, e genera solo confusione nelle coscienze degli sposi». Giovanni Paolo II spiega che «la prima ed in certo senso la più grave difficoltà» nel diffondere i metodi naturali è data dal fatto che «anche nella comunità cristiana si sono sentite e si sentono voci che mettono in dubbio la verità stessa dell’insegnamento della Chiesa. Tale insegnamento è stato espresso vigorosamente dal Vaticano II, dalla Enciclica Humanae vitae, dall’Esortazione apostolica Familiaris consortio e dalla recente istruzione Donum vitae. Emerge a tale proposito una grave responsabilità: coloro che si pongono in aperto contrasto con la legge di Dio, autenticamente insegnata dalla Chiesa, guidano gli sposi in una strada sbagliata. Quanto è insegnato dalla Chiesa sulla contraccezione non appartiene a materia liberamente disputabile fra teologi. Insegnare il contrario equivale a indurre nell’errore la coscienza morale degli sposi».
L’anno successivo, nel 20esimo anniversario dell’enciclica Humanae vitae, intervenne nuovamente sull’irreformabilità rivolgendosi ai teologi: «si tratta, infatti, di un insegnamento che appartiene al patrimonio permanente della dottrina morale della Chiesa». Karol Wojtyla ribadiva che i coniugi non vengono aiutati nella loro responsabilità verso l’amore coniugale quando «con conseguenze davvero gravi e disgregatrici, la dottrina insegnata dall’Enciclica sia messa in discussione, come talora è avvenuto, anche da parte di alcuni teologi e pastori di anime. Questo atteggiamento, infatti, può indurre il dubbio su un insegnamento che per la Chiesa è certo, oscurando così la percezione di una verità che non può essere discussa. Non è questo un segno di “comprensione pastorale”, ma di incomprensione del vero bene delle persone. La verità non può essere misurata dall’opinione della maggioranza».
Questa severità verso i teologi e pastori, sfociata qualche anno dopo nell’enciclica Veritatis splendor, ci fa capire, da una parte, la lungimiranza di San Giovanni Paolo II il quale aveva previsto esattamente lo scenario ecclesiale dei nostri giorni. Dall’altra, ci dà l’idea di quanto stava crescendo la contestazione nei confronti della dottrina e dell’autorità del papa. Grazie alla grande resistenza contro Paolo VI, lanciata dal mondo teologico e pastorale ai tempi del Concilio Vaticano II, si era avviato infatti uno “scisma sommerso” destinato prima o poi ad esplodere.
Nei suoi accorati discorsi, san Giovanni Paolo II intendeva soprattutto incoraggiarci: «siatene certi: quando il vostro insegnamento è fedele al magistero della Chiesa, voi non insegnate qualcosa che l’uomo e la donna non possano capire. Anche l’uomo e la donna di oggi. Questo insegnamento, infatti, che voi fate risuonare nelle loro orecchie è già scritto nel loro cuore. L’uomo e la donna devono essere aiutati a leggere profondamente questa “scrittura nel cuore”».
E quindi ci avvertiva, da profeta, sulla necessità di affrontare con coraggio evangelico l’impopolarità: «Voi ben sapete che spesso la fedeltà da parte dei sacerdoti – diciamo anzi della Chiesa – a questa verità e alle norme morali conseguenti, quelle insegnate dall’Humanae Vitae e dalla Familiaris Consortio, deve essere spesso pagata ad un prezzo alto. Si è spesso derisi, accusati di incomprensione e di durezza, e di altro ancora. E’, la sorte di ogni testimone della verità, come ben sappiamo. Con semplice ed umile fermezza siate fedeli al magistero della Chiesa su un punto di così decisiva importanza per i destini dell’uomo». Giovanni Paolo II invitò nuovamente i pastori a non aver paura di disturbare le logiche del mondo su questi temi scottanti: «nell’annunciare questo Vangelo, non dobbiamo temere l’ostilità e l’impopolarità, rifiutando ogni compromesso ed ambiguità, che ci conformerebbero alla mentalità di questo mondo. Dobbiamo essere nel mondo ma non del mondo, con la forza che ci viene da Cristo, che con la sua morte e risurrezione ha vinto il mondo» (Evangelium vitae n. 82).
Dalla ginecologa missionaria Anna Cappella ho imparato l’essenziale di questa materia, cioè che «l’insegnamento dei Metodi Naturali, nella sua essenza, non è una pura tecnica, ma la trasmissione di uno strumento di conoscenza e di rispetto della fecondità umana, la bellezza della quale attinge al mistero stesso della Creazione» (Scienza e cultura al servizio della vita. Contributi antropologici e scientifici sul Metodo Billings, Domograf 1998). E’ lo stesso Giovanni Paolo II che ci invitava ad uno «sguardo contemplativo» (Evangelium vitae n. 83) quale condizione per entrare in questo argomento con una «antropologia adeguata».
Se riduciamo i metodi naturali ad una tecnica, ad un “contraccettivo ecologico”, a lungo termine non potranno competere con altre tecniche molto più comode e meno esigenti. L’uomo moderno infatti, impregnato di tecnologia, rifugge fatica e sacrificio se non ne scopre il valore e il significato autentico.
La castità coniugale, che è astinenza periodica, rappresenta il cuore e l’anima di questo stile di vita, unica strada in cui la donna si riconcilia con il suo corpo, e la creatura con il suo Creatore. Se invece con il tecnicismo gli togliamo l’anima, la gente non sarà interessata ad una tale strada e ci saranno sempre meno richieste, anche se fosse davanti ad un’affidabilità del 99,9%. Ecco perché Giovanni Paolo II sottolineava spesso il rischio di questo equivoco: «occorre presentarla non come una tecnica da usare ma una via di crescita da percorrere». Perché – diceva – non è la tecnica ma l’esercizio della virtù che rende migliore un uomo. E ripeteva che una delle cose più urgenti è proprio il «saper mostrare le ragioni profonde di questo insegnamento». Soltanto così il nostro insegnamento diventa «un contributo alla civiltà dell’amore».
Nella mia esperienza di insegnante del metodo Billings, a partire dagli anni ‘80 mi sono trovata davanti sia a forti correnti “regressiste” sia a quelle “angeliche”. Di queste ultime ne ha accennato anche papa Francesco. Non mi riferisco alle famiglie numerose, ma a quegli ambienti cattolici che ritengono sia un peccato usare l’intelligenza e i metodi naturali. Nell’indicare la via maestra, il magistero cattolico autentico spiega invece che per trovare la vera felicità, l’uomo deve rispettare le leggi della sua natura utilizzando amore & intelligenza (Humanae vitae n. 31). Poiché, come spiego a sposi o consacrati, Dio non ci ha dato le ali ma i genitali.
Giovanni Paolo II, dopo ogni congresso, ci riceveva per informarsi accuratamente su come andavano le ricerche della scienza e i progressi della pastorale a livello mondiale. Una volta, superando l’elenco degli appuntamenti che aveva in agenda, volle riceverci nelle sue stanze fuori protocollo, prima di andare a cena. Accanto ad altre allieve e alle mie grandi maestre (Anna Cappella e Wanda Półtawska) mi sono così trovata più volte faccia a faccia con il santo che ci esortava e ci infondeva forza su questo difficile apostolato moderno.
L’ultimo Sinodo straordinario della famiglia ha fatto finalmente venire alla luce il cosiddetto magistero parallelo cioè lo scisma sommerso. E’ emerso che molti vescovi europei vorrebbero rottamare l’Humanae vitae e la Familiaris consortio, oppure – più elegantemente – metterli in bacheca come una cosa bella ma superata da nuove “soluzioni pastorali”. Il prefetto della congregazione per la Dottrina della fede, cardinale Muller, ha avvertito che separare pastorale e dottrina «è sottile eresia».
Giovanni Paolo II era anche un grande pastore, con una lunga esperienza in mezzo ai giovani e alle coppie. Da pontefice e profeta, si rendeva conto circa il pericolo futuro degli “adattamenti pastorali”. Oggi infatti siamo giunti al punto in cui la sana dottrina rischia davvero di finire in vetrina, come un bell’ideale astratto. Se ciò avverrà, sarà con la tecnica dell’imbalsamazione: si lascerà intatto l’esterno, ma svuotandola dentro, con mani abili.
A margine del Sinodo, tra le voci critiche verso queste “soluzioni pastorali”, tempo fa si è levata forte quella dell’arcivescovo di Varsavia, monsignor Hoser che si è rivolto così ai giornalisti di Niedziela: «Vi dirò brutalmente. La Chiesa ha tradito Giovanni Paolo II. Non la Chiesa come sposa di Cristo, non la Chiesa del nostro Credo, perché Giovanni Paolo II è stato una voce autentica della Chiesa; ma è la pratica pastorale che ha tradito Giovanni Paolo II. È una tesi che sottoscrivo perché 40 anni del mio sacerdozio sono stati dedicati al matrimonio e alla famiglia, durante i quali ho promosso il tema dell’evangelizzazione dell’intimità coniugale. In molti altri Paesi, a causa della contestazione agli insegnamenti della Chiesa, espressi dal Beato Paolo VI, la pastorale famigliare è stata fermata».
Dalla mia piccola postazione devo purtroppo confermare. Anche secondo me, in altre parole, la mancata recezione della dottrina deriva da una grave responsabilità pastorale interna alla Chiesa, più che dal popolo di Dio. E’ un popolo che si ritrova gravemente disinformato. E io vado ripetendo in giro che, se sopra l’ignoranza ci seminiamo la confusione, alla fine raccoglieremo devastazione. Su questo campo spinoso la Chiesa cattolica rischia di avviarsi al capolinea. Dove la verginità e la castità non sono più considerate virtù praticabili. E si preferisce non parlarne.
Le nostre omissioni educative stanno procurando danni gravissimi ai giovani occidentali: ubriachi di piacere, non sono più capaci di gustare il sapore bello della vita. Crescono gaudenti e disperati. E santa Caterina da Siena ci rimprovera: «a forza di tacere il mondo è guasto!».
Una mia collaboratrice biologa ha dedicato, nei suoi studi teologici, due tesi di laurea proprio per dimostrare quanto la dottrina dell’Humanae vitae sia realmente capace di diventare prassi tra la gente, in ogni parte del mondo. Approfondendo la storia del dibattito fino ai nostri giorni, la sua analisi fa emergere l’errata prospettiva sia di coloro che considerano i metodi naturali una proposta vecchia, sia di quelli che la considerano “di nicchia”: «la Chiesa è consapevole che, evangelicamente, si tratta di una via stretta: alla portata di tutti ma praticata da pochi» (Marina Bicchiega). E’ una strada che contiene in sé una «straordinaria forza educativa», come afferma il cardinale Elio Sgreccia, e alcuni dei suoi frutti si possono leggere anche nelle testimonianze italiane raccolte in occasione del 40esimo dell’enciclica dalla bioeticista Angela Maria Cosentino (Testimoni di speranza. Fertilità ed infertilità: dai segni ai significati, Cantagalli 2008). Questo libro ha ricevuto il premio letterario “Donna, verità e società” «per aver mostrato il valore umano e sociale del talento naturale della femminilità» (Scienza & vita, Pontremoli 2009).
La teoria però si farà prassi soltanto se i pastori e i teologi ritroveranno il coraggio di rimanere fedeli ad un annuncio scomodo e impopolare. Dove manca questo coraggio, io penso che sia calata la nostra fede. E in occidente è il benessere che alla fine ci ha tolto il gran bene, cioè la fede con i suoi molti frutti. Mentre le chiese emergenti, destinate a rinnovare il volto dell’umanità, sono quelle cresciute nella sofferenza e nella povertà: Cina, Africa, Russia.
Il ginecologo ambrosiano Michele Barbato fa notare che «tutte le realtà che hanno promosso e promuovono oggi i metodi naturali sono nate dietro l’impulso di un pastore». Oppure, mi permetto di aggiungere, sono nate là dove c’era una laica talmente convinta da incamminarsi da sola, affrontando per decenni l’indifferenza e le raffiche del fuoco amico.
La giornalista Costanza Miriano ha scritto un vendutissimo libro in cui, riprendendo San Paolo, spiega alle donne il concetto di sottomissione sponsale in chiave cristiana moderna. Su iniziativa del consiglio comunale della città di Granada (affiancato da una mozione del parlamento e del governo spagnolo), è stato aperto a suo carico un procedimento penale per «istigazione alla violenza sulle donne». Sul legame tra crollo della natalità e crisi economica dell’occidente, Costanza ha intervistato nel suo blog l’economista Ettore Gotti Tedeschi il quale sottolinea come il nostro «nichilismo dominante rifiuta la Creazione» ignorando i richiami fatti dai pontefici nella saggezza del magistero. E alla fine lui si domanda: «ma le Encicliche sono veramente lette, studiate, discusse?» (Uscire dalla crisi? Fare figli, 21.05.2013). Anche questa coraggiosa giornalista sottolinea come la nostra cultura ecologica cade in contraddizione quando si dimentica dei metodi naturali, che «fanno bene all’amore». A proposito di Sinodo e Humanae vitae, lei si dice certa «che lo Spirito Santo soffierà ancora, e la Provvidenza provvederà». Ma è preoccupata che «di metodi naturali non se ne parla più neanche nei corsi per fidanzati, neanche in chiesa a messa, neanche in confessione. Forse tanti uomini di chiesa hanno perso il coraggio e qui noi laiche dobbiamo soccorrerli. A loro ricordare i principi, a noi dire, anzi gridare al mondo, sulla base della nostra esperienza, che c’è una convenienza grandissima nel seguire i metodi. Alla fin fine i preti non possono sapere così bene certi particolari» (Io, Costanza e i metodi naturali, Il Foglio 26.09.2014).
Nel 1980 i coniugi Billings furono i primi laici ad essere ammessi al Sinodo dei vescovi sulla famiglia. Girando i continenti e incontrando l’entusiasmo dei popoli più poveri davanti alla loro proposta, nonostante gli ostacoli imposti dal gigantesco business contraccettivo, amavano ripetere un’antica frase latina: «Magna est veritas et prevalebit». Una volta a Roma, ad un congresso internazionale all’Università Cattolica del Sacro Cuore, li ho sentiti raccontare di essere stati ricevuti al capezzale di Paolo VI il quale disse ai due scienziati australiani più o meno queste parole: «muoio in pace per aver dato al mondo l’Humanae vitae, e ringrazio persone come voi per avermi sostenuto scientificamente». Dopo aver ascoltato tutte le campane, il beato Paolo VI aveva avuto il coraggio di «spiacere a tutti per non mentire a nessuno» (D. AGASSO, Paolo VI. Le chiavi pesanti, San Paolo 1979).

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Autore: Libertà e Persona

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