Il Gender e il pensiero (confuso) della bioeticista

Il Gender e il pensiero (confuso) della bioeticista

L’arrampicata sugli specchi sembra essere la specialità di chi vuole negare che esista l’ideologia del Gender. Il caso surreale degli articoli della bioeticista Chiara Lalli.

n questi giorni, a seguito delle dichiarazioni del Papa all’udienza del mercoledì, sono seguiti una serie di commenti al richiamo fatto in quella sede alla teoria del Gender. Tra tutti in particolare si sono distinti quelli della bioeticista Chiara Lalli sull’immancabile Wired, la rivista dei giovani cool, autodefinitasi “Wired: torie, idee e persone che cambiano il mondo“, definizione sulla quale dati gli ultimi sviluppi non si può che concordare.

Wired si occupato nuovamente di Gender a distanza di un mese da un precedente articolo in cui si negava l’esistenza della teoria stessa del Gender (ne abbiamo parlato qui), adesso torna sull’argomento con la firma della bioeticisa Chiara Lalli che insegna Logica e Filosofia della Scienza alla facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università “La Sapienza” di Roma, la quale è recentemente stata al centro di una polemica per le sue affermazioni pubblicate in un corposo articolo apparso su Internazinale il 31 Marzo e che riguardava ancora la negazione dell’esistenza stessa della teoria del gender.

Per essere una docente presso la facoltà di Medicina la Lalli è andata  a fare affermazioni che costerebbero la bocciatura ad un qualsiasi studente di biologia del primo anno, vediamo di cosa si tratta:

La biologia, per cominciare, fa distinzioni meno nette rispetto ai termini maschio/femmina. In biologia ci sono i due estremi (M e F), ma ci sono anche molte possibilità intermedie. Esistono molti stadi di intersessualità, come l’ermafroditismo, la sindrome di Morris e quella di Swyer, e ci sono casi in cui è controversa la definizione di intersessualità, come la sindrome di Turner o di Klinefelter (si veda il film XXY). Anche alcune di queste condizioni sono definite patologiche (disordini di differenziazione sessuale o di sviluppo sessuale), ma pure definire una “patologia” non è così agevole come potrebbe sembrare.

Questo soltanto se parliamo di sesso, ovvero dell’appartenenza a un genere sessuale indicato come XX e XY (sono i cromosomi sessuali a distinguere, a un certo punto dello sviluppo embrionale, gli individui che saranno maschi da quelli che saranno femmine).

Secondo una nuova biologia (del resto parliamo di ‘persone che cambiano il mondo…’) esisterebbero una serie di possibilità intermedie tra maschio e femmina e tali possibilità sarebbero individuabili in determinate situazioni genetiche che però compaiono sui testi della facoltà di medicina, dove la Lalli insegna, come sindromi, cioè sintomi di stati patologici. E allora qual è la soluzione? Semplice, cambiare il senso delle parole, afferma infatti Lalli: “definire una “patologia” non è così agevole come potrebbe sembrare.“Lo svarione e la successiva affermazione per motivarlo sono davvero notevoli, a ciò è seguito un articolo su UCCR dal quale è seguito un confronto con uno scambio di tweet.

Ma se davvero si dovesse considerare una normale espressione intermedia del genotipo umano una sindrome come quella di Turner (un cromosoma in meno nella 23 coppia), e quella di Klinefelter (un cromosoma in più nella 23 coppia), la stessa Lalli dovrebbe giungere alla conclusione che un’altra sindrome, quella di Down (un cromosoma in più nella 21 coppia), sia anch’essa una normale possibilità alternativa del genotipo umano e di conseguenza dovrebbe battersi in modo acceso contro il ricorso all’aborto da parte di quelle coppie che in seguito ad amniocentesi prendono una tale decisione. Quindi le possibilità sono due: o i cromosomi in più o in meno sono una patologia, e allora ammette lo svarione, o non sono una patologia, e allora prende posizione contro il ricorso all’aborto nella sindrome di Down. Aspettiamo dalla facoltà di Medicina della Sapienza la risposta a tale quesito.

In attesa di questi chiarimenti veniamo all’ultimo articolo, quello apparso su Wired: “Se il papa fa il papa e dice cose banali sui gender. In questo caso siamo sul tema della negazione dell’esistenza stessa di una teoria del Gender:

Se è innegabile che il Papa faccia il Papa e non possa dire altro che cose da Papa, forse ci si potrebbe aspettare che le dicesse in un modo meno sciatto e approssimativo.
La riduzione del bersaglio a un fantoccio è una strategia retorica precisa, ma a volte rischia di trasformarsi in un boomerang se l’operazione è troppo grossolana. Non si potrebbe provare a costruire argomenti papali un po’ più raffinati? Non ci si potrebbe sforzare di scrivergli un discorso teologicamente e filosoficamente più sostanzioso? Insomma è pur sempre la più alta autorità cattolica.

Il problema non è un presunto modo sciatto e approssimativo di parlare della teoria del gender, il problema è che la tattica di negarne l’esistenza spinge a fare generiche critiche ad personam, come nel caso del Papa, anziché affrontare un confronto sui contenuti.

Insomma chiediamo a Chiara Lalli di rispondere alla seguente domanda: l’orientamento sessuale è indipendente dal genoma ed è quindi interamente, o prevalentemente, determinato da fattori ambientali?

Questa è la domanda centrale a cui si evita di rispondere per negare l’esistenza della teoria del Gender.

Infatti si danno i due casi:

1- rispondere di sì a questa domanda confermerebbe l’esistenza della teoria del Gender e quindi smentirebbe chi ne sostiene l’inesistenza.

2- rispondere no significherebbe confutare la teoria del Gender, ma evidentemente chi nega l’esistenza della teoria del Gender non ha interesse ad affermare che, qualora esistesse, sarebbe sbagliata.

Quindi siamo certi che a questa domanda non riceveremo mai risposta.

 

Critica Scientifica

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