Angelina Jolie: vivere da malati per morire sani

La rimozione delle ovaie di Angelina Jolie dovrebbe essere un fatto privato. Ma una decisione comunicata sul New York Times non può essere un fatto privato.

Ciascuno è evidentemente libero di decidere come crede sugli interventi chirurgici che riguardano la propria salute, ma se queste decisioni vengono rese pubbliche tramite un articolo pubblicato sul New York Times, vuol dire che non si tratta più di una questione privata. Qual è quindi il motivo per cui Angelina Jolie ha decis di scrivere un articolo riguardo ad un proprio intervento chirurgico? Si tratta di un motivo molto ben compreso dalla rivista TIME che già in occasione del precedente intervento di rimozione preventiva dei seni aveva pubblicato una copertina con il titolo “The Angelina effect“.

Questo è quello che si è cercato con l’articolo sul NYT, un effetto sulle masse, si tratta quindi di capire quale fosse il risultato cercato. Nonostante l’affermazione che quella della rimozione chrurgica delle ovaie, che segue quella dei seni, non sia l’unica scelta possibile e che si potrebbe anche decidere di monitorare la situazione con frequenti analisi, appare evidente che si è trasmesso il messaggio che di fronte ad un potenziale rischio genetico è meglio intervenire chirurgicamente rimuovendo la parte sana ma potenzialmente soggetta ad ammalarsi. Condizione questa però condivisa da tutte le parti del corpo seppur con un rischio variabile. La presenza del gene Brca1 mutato ha portato infatti la probabilità di ammalarsi di cancro al seno dal 12%  all’87%, e di cancro alle ovaie dall’ 1,4% al 50%, differenze sensibili ma che ci dicono anche che ci si ammala anche senza il Brca1 mutato e si resta sani anche con il Brca1 mutato.

 Ma non è tutto, come riportato dal National Cancer Institute, il gene mutato in questione aumenta anche la probabilità di cancro al pancreas e al peritoneo, adesso quindi la Jolie volendo andare fino in fondo dovrebbe farsi asportare anche il pancreas (e il peritoneo, sempre che sia possibile), il che la renderebbe però automaticamente diabetica, così come l’asportazione delle ovaie le ha indotto una menopausa anticipata e quella dei seni l’ha mutilata. La paura di ammalarsi di cancro ha fatto dunque “ammalare” realmente la Jolie di disturbi autoindotti, e se proseguisse fino in fondo le nuove patologie autoindotte aumenterebbero senza riuscire neanche ad eliminare del tutto il rischio di essere colpita da una qualche forma di cancro. E secondo quanto scoperto nel 2013 dall’Università del Minnesota, la doppia mastectomia non riduce realmente il rischio di ammalarsi di cancro, una ricerca infatti ha stabilito che non c’è alcun vantaggio profilattico nell’applicazione di misure del genere, la notizia è stata riportata in tutto il mondo con molto meno clamore della prima, da noi è apparsa sulla Stampa in “Cancro al seno: la doppia mastectomia non può aumentare l’aspettativa di vita“, poche righe che terminano con la seguente conclusione:

L’analisi metodica delle informazioni e dei dati, valutati anche in base all’età e altri fattori, ha permesso infine ai ricercatori di stimare che le donne che si sottopongono alla CPM (mastectomia profilattica controlaterale ndr) possono “guadagnare” al massimo 6 mesi di vita: un dato che dovrebbe far ripensare a quanto convenga davvero asportare la mammella sana, con tutti gli effetti collaterali che questo comporta – non solo a livello fisico ma anche psicologico. 

L’illusione di poter controllare la propria vita sembra essere la vera “patologia” della Jolie che ha dichiaratoche i suoi figli «non potranno mai dire: “Mamma è morta di cancro ovarico”», ha ragione, non morirà di cancro ovarico, adesso restano solo un’infinità di altre possibili cause che non è possibile controllare.

Ma cosa potrebbe accadere se le analisi prenatali trovassero che un nascituro è portatore di un gene Brca1 mutato? Ovviamente la risposta non può che essere l’aborto eugenetico, e questa sembra essere la conseguenza più forte della pubblicità prodotta intorno alle operazioni della Jolie.

Se Angelina Jolie fosse stata nei panni della propria madre e avesse ragionato negli stessi termini probabilmente avrebbe ritenuto la presenza del gene mutato Brca1 sufficiente ad abortire se stessa.

Persone sane che vivono da malate aspettando la morte per morire da “sane”, embrioni selezionati in base alla presenza di determinati geni che diventano una vera e sicura condanna a morte più del cancro che potrebbero favorire. Questo è quanto è arrivato dall’articolo della Jolie sul NYT, una testimonial dell’eugenetica, di una mutazione antropologica post umana dove il corpo è visto come una minaccia da eliminare che diventa in ultima analisi un’apertura verso il pensiero transumanista che vagheggia il trasferimento della coscienza all’interno di corpi artificiali.

Angelina Jolie con la sua pubblicizzazione dell’asportazione di organi sani è dunque un testimonial non dichiarato del movimento transumanista (per approfondimenti si veda l’articolo pubblicato su CS Avvisaglie del “transumanesimo”), un delirio prometeico figlio di quella degenerazione della scienza che si chiama “scientismo”.

Critica Scientifica

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