La scuola che vorrei

Piccoli pensieri sulla crisi della scuola
La buona scuola di Renzi raggela il sangue di ogni buon pensante
Quando andiamo a scuola quasi sempre incontriamo materie, discipline, programmi, libri di testo; ma nella realtà, se ci pensiamo bene, dovremmo innanzitutto incontrare maestri, professori, docenti, insomma, delle persone.
Della scuola dovrei ricordare un insegnante che mi ha fatto amare una disciplina appassionandomi ad essa.
L’assenza di un incontro significativo priva l’esperienza scolastica della “dimensione affettiva”, dove stabilire una relazione con chi veicola un sapere, una relazione fatta di vicinanza e distanza, che ponga nella giusta prospettiva i ruoli senza snaturarli. Invece accade non di rado che il docente o è lontanissimo,”quasi protetto” dalla propria disciplina, o troppo vicino tale di diventare ridicolo. In entrambi i casi la relazione educativa è falsata.
E’ in questo contesto che si genera la competizione fra studenti, essa parte dall’idea che il sapere sia qualcosa da acquisire e custodire gelosamente a spese degli altri, in quanto le risorse future, intese come posti di lavoro di prestigio, appaiono limitate. In un mondo con risorse illimitate gli esseri umani avrebbero con il sapere un rapporto totalmente diverso, certamente non di tipo utilitaristico.
Ma oggi? un buon modo per ridurre, se non disinnescare lo spirito competitivo nella scuola credo stia nella previsione di obiettivi diversi per i singoli alunni all’interno della stessa classe. Per far questo è necessario scardinare la logica egualitaristica e pseudo oggettiva delle cosiddette griglie di valutazione. Ogni forma di egualitarismo mascherata attraverso calcoli e tecnicismi uccide la giustizia, perché la giustizia no fa mai parti uguali fra diseguali. Ogni studente è unico ed è esattamente questo ad essere negato dai teorici dell’oggettività senz’anima. Diranno che non ci sono risorse, che la selezione darwiniana è una cosa buona….diranno…diranno…. organizzeranno convegni e inviteranno gli esperti del momento. Ma un dato è ovvio, una relazione affettiva corretta stimola al meglio ogni studente, spingendolo a cercare il tesoro che ha dentro e non il tesoro che altri, hanno stabilito alla fine di un percorso ad ostacoli predefinito e identico per tutti. Non tutti gli studenti di un classico saranno grecisti o latinisti, non tutti scriveranno romanzi memorabili, molti di loro scopriranno nel corso della vita attitudine e passioni che sovente, la scuola ha livellato, cancellato dentro l’identica gabbia presentata come oggettiva. Certo, ogni progetto di cambiamento serio implica, una corretta antropologia, una gran quantità di risorse economiche, classi numericamente ridotte, insegnanti di supporto in quantità. La retorica renziana non prevede nulla in tal senso, anzi, si perde dietro ad astratte interazioni fra pubblico e privato, esaltazioni acritiche del potere taumaturgico delle lingue straniere, apologia acritica del mondo globalizzato e senza confini. Viva don Milani, il Maestro Manzi, Maria Montessori i maestri di strada, gli insegnanti che lavorano sottopagati per gli alunni più deboli, viva la classe intesa come comunità che coopera e in cui il destino di ognuno è percepito come il destino di tutti.
Marcoluscia.itilraccontodell’uomo

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