Non è Francesco

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Ebbene sì, l’ho fatto: ho acquistato e letto Non è Francesco (Mondadori 2014), l’ultima fatica di Antonio Socci. Per fedeltà verso uno dei miei scrittori preferiti, ma anche per provare a farmi un’idea su quello che, comunque la si pensi, è il libro più sconvolgente degli ultimi tempi anche se, ipotizzo, non il più letto, non almeno da quanti – e sono parecchi – l’hanno giudicato negativamente in qualche caso senza neppure, c’è da scommettere, averlo sfogliato. Venendo subito al dunque, la tesi – rilanciata e difesa dall’Autore anche in due articoli su Libero, l’8 ed il 12 ottobre scorso – è la seguente: l’elezione di Papa Francesco, avvenuta il 13 marzo 2013, potrebbe essere nulla per via di quello che, non senza ironia, Socci chiama un «fatterello curioso» (p.108): la sesta votazione, la quinta di quel giorno. Una votazione, argomenta lo scrittore toscano, che non avrebbe dovuto tenersi secondo le rigide prescrizioni della Costituzione apostolica Universi Dominici Gregis, fortemente voluta da san Giovanni Paolo II (1920-2005).

Per dire questo dalla sua Socci ha un dettagliato resoconto del Conclave a firma della giornalista argentina Elisabetta Piqué, resoconto che non solo non è stato smentito da alcuno ma è stato perfino oggetto di tutta una serie di elogi e conferme che, nel libro, sono puntualmente elencati; a sua volta, la Piqué, già amica dell’allora arcivescovo coadiutore di Buenos Aires, ha riferito informazioni così dettagliate sul Conclave da far sospettare che solo lui, il Papa in persona, possa avergliele confidate. Tanto più che, dopo l’uscita di Non è Francesco, la giornalista non si è affatto detta pentita di quanto riportato nelle pagine 39 e 40 del suo Francesco. Vita e rivoluzione (Lindau 2014). Non è dunque cosa lo scrittore toscano riporta del Conclave ad essere più di tanto criticabile bensì, in realtà, “solo” come costui interpreta la legittimità della votazione decisiva per l’elezione di Papa Francesco.

Votazione che, secondo Socci, sarebbe stata irregolare – e dunque nulla – alla luce del limite di quattro votazioni giornaliere, fissato dalla Universi Dominici Gregis (art.63): e non sarebbe stata neppure la sola irregolarità, quel giorno. Infatti discutibile sarebbe stato pure, per ragioni descritte nel libro, l’annullamento della votazione precedente a quella decisiva, «che doveva essere ritenuta valida e scrutinata» (p.110), sempre alla luce della Universi Dominici Gregis (art.69). Detto questo, l’incompetenza in materia e la volontà di non svelare anzitempo ogni singolo passaggio del libro mi spingono – almeno per quanto riguarda l’elezione di Francesco – a non riferire altro. Anche perché in Non è Francesco sono molteplici i misteri sondati, a partire dalla rinuncia di Benedetto XVI che, sottolinea Socci, potrebbe essere molto diversa da quella sorta di “pensionamento” volontario che a molti è parso.

Ed in effetti sarebbe forse incauto ritenere del tutto normale l’attuale coesistenza, fra le mura vaticane, di due Papi, fatto mai accaduto prima e che non può non incuriosire il credente, che se da un lato è confortato da una divina promessa di vittoria (Mt 16,17-19), d’altro lato potrebbe riscontrare nel Terzo Segreto di Fatima, laddove anziché di Papa curiosamente si riferisce di un «vescovo vestito di bianco», elementi utili a decifrare – secondo Socci – il presente. L’ipotesi che l’autore di Non è Francesco, ben consapevole della gravità di quanto scrive («potrebbe essere una sorta di suicidio professionale»: p.260), sottopone ai propri lettori è dunque quella di un Papa che non sarebbe mai stato tale e di un Papa emerito che, di fatto, sarebbe ancora Papa, essendo la Chiesa impossibilitata a farne a meno. Farneticazione o ispirata profezia? Analisi folle oppure lettura anticipata di una realtà che, prima o poi, sarà svelata a tutti? Libro coraggioso o tentativo di scisma?

Ora, senza negare come le pagine contengano, accanto a forse qualche esagerazione, considerazioni delle quali è difficile non apprezzare la profondità, a mio avviso la tesi centrale di Non è Francesco risulta assai inverosimile – al di là di considerazioni giuridiche rispetto alle quali, è vero, gli specialisti non pare abbiano (finora) saputo chiarire tutti i dubbi che Socci razionalmente allinea nel libro – per il semplice fatto che, se fosse vera, chiamerebbe in causa davvero tante, troppe responsabilità: da quella di tutti i cardinali presenti nel Conclave, nessuno dei quali ha tutt’ora eccepito alcunché di fronte ad un’irregolarità che in fin dei conti sarebbe della massima gravità, a quella dello stesso Benedetto XVI, il quale non era presente nel Sacro Collegio ma che, allo stato, pare non aver mai sollecitato alcun chiarimento sull’elezione di Francesco.

Merita attenzione, inoltre, un aspetto: lo scrittore toscano, dopo iniziale entusiasmo, è divenuto critico verso Papa Francesco fino a ritenerlo molto simile – come non manca di sottolineare confrontando le frasi di uno e dell’altro – al cardinal Martini (1927-2012) verso le cui idee Socci, pur rispettandolo, nutriva diverse perplessità. Ora, chi ci dice che non sia anzitutto questa maturata diffidenza ad aver portato lo scrittore – già autore di libri e scoop significativi (pronosticò con mesi d’anticipo la rinuncia di Benedetto XVI) – a scrivere questo testo? E’ possibile che, a tenere unite quelle quasi 300 pagine, sia più una perplessità personale che l’effettiva plausibilità della tesi che propongono? E’ vero che, nell’ipotesi che la sua elezione possa davvero essere stata nulla, Socci ha dichiarato di ritenere Bergoglio anzitutto una vittima; tuttavia poiché stimo l’Autore penso che queste pacate domande, anche se infinitamente meno gravi delle sue, siano egualmente lecite.

Ciò non toglie che Non è Francesco sia un testo onesto. Anzitutto perché è l’esito riflessioni, per quanto opinabili, sofferte e sempre sincere; basti pensare che è lo stesso Socci a confutare argomenti che potrebbero portare acqua al proprio mulino allorché, per esempio, valuta come «troppo frammentarie e generiche» (p.238) le visioni che la beata Anna Katharina Emmerick (1774–1824) ha avuto a proposito di “due Papi” e che, a detta di altri, suffragherebbero l’ipotesi di un pontefice di troppo. In secondo luogo perché, a parte le perplessità sul Conclave – perplessità pure ingigantite da talune maldestre smentite – il libro si può leggere come un appassionato invito a non sottovalutare l’eccezionalità storica ed ecclesiale dei nostri giorni. Quanto alla sua tesi principale, in conclusione rilevo come, al di là di tante critiche e qualche consenso, il solo che in linea teorica potrebbe dargli ragione – essendo gli altri presenti al Conclave tenuti al segreto – sia, ironia della sorte, proprio lui: Papa Francesco.

giulianoguzzo.com

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