Sinodo: ecco la relazione finale

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di Redazione

Il Sinodo straordinario sulla Famiglia è arrivato al capolinea con la pubblicazione della Relatio Synodi. Il documento è stato votato dai padri sinodali numero per numero, e non invece per parti, come era stato anticipato al briefing di oggi da Padre Lombardi. Salta subito all’occhio che dei 62 articoli, solo 59 hanno ottenuto la maggioranza dei 2/3. I tre articoli “malcapitati” sono stati quelli che avevano acceso la polemica, subito dopo la lettura della Relatio post disceptationem da parte del Card. Erdo.

Il paragrafo 52 ha registrato 104 voti favorevoli e va a sostituire il precedente paragrafo 47 : “Si è riflettuto sulla possibilità che i divorziati e risposati accedano ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia. Diversi Padri sinodali hanno insistito a favore della disciplina attuale, in forza del rapporto costitutivo fra la partecipazione all’Eucaristia e la comunione con la Chiesa ed il suo insegnamento sul matrimonio indissolubile. Altri si sono espressi per un’accoglienza non generalizzata alla mensa eucaristica, in alcune situazioni particolari ed a condizioni ben precise, soprattutto quando si tratta di casi irreversibili e legati ad obblighi morali verso i figli che verrebbero a subire sofferenze ingiuste. L’eventuale accesso ai sacramenti dovrebbe essere preceduto da un cammino penitenziale sotto la responsabilità del Vescovo diocesano. Va ancora approfondita la questione, tenendo ben presente la distinzione tra situazione oggettiva di peccato e circostanze attenuanti, dato che «l’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere sminuite o annullate» da diversi «fattori psichici oppure sociali» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1735)”.

L’altro paragrafo che non ha raggiunto ampio consenso (112 voti favorevoli contro 64) è il successivo, relativo alla comunione spirituale per le persone divorziate e risposate: “Alcuni Padri hanno sostenuto che le persone divorziate e risposate o conviventi possono ricorrere fruttuosamente alla comunione spirituale. Altri Padri si sono domandati perché allora non possano accedere a quella sacramentale. Viene quindi sollecitato un approfondimento della tematica in grado di far emergere la peculiarità delle due forme e la loro connessione con la teologia del matrimonio”.

Infine, 118 voti favorevoli e 62 contrari per l’articolo 55, che, insieme al successivo, sostituisce ex novo i numeri 50, 51, 52: “Alcune famiglie vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con orientamento omosessuale. Al riguardo ci si è interrogati su quale attenzione pastorale sia opportuna di fronte a questa situazione riferendosi a quanto insegna la Chiesa: «Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia». Nondimeno, gli uomini e le donne con tendenze omosessuali devono essere accolti con rispetto e delicatezza. «A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione» (Congregazione per la Dottrina della Fede, Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, 4)”.

Interessante notare poi che il paragrafo 25 va a sostituire il precedente paragrafo 18, nel quale si avanzava “la possibilità di riconoscere elementi positivi anche nelle forme imperfette che si trovano al di fuori di tale realtà nuziale”. La nuova versione apre al riconoscimento “che la grazia di Dio opera anche nelle loro vite [di chi vive in situazione irregolare, n.d.r] dando loro il coraggio per compiere il bene, per prendersi cura con amore l’uno dell’altro ed essere a servizio della comunità nella quale vivono e lavorano”; si tratta di una correzione notevole, che riconosce l’azione della grazia sulla persona coinvolta in una situazione irregolare e non sulla forma irregolare stessa.

Infine il paragrafo 41 (125 placet vs. 54 non placet), che invita ad “entrare in dialogo pastorale” con chi vive in situazioni irregolari, ha raggiunto per poco il quorum. “Una sensibilità nuova della pastorale odierna – prosegue il pragrafo – consiste nel cogliere gli elementi positivi presenti nei matrimoni civili e, fatte le debite differenze, nelle convivenze. Occorre che nella proposta ecclesiale, pur affermando con chiarezza il messaggio cristiano, indichiamo anche elementi costruttivi in quelle situazioni che non corrispondono ancora o non più ad esso”.

Certamente bisognerà capire le ragioni di coloro che hanno votato pro o contro agli articoli caldi: troppo “aperti” o troppo poco? E poi verificare la recezione di questo documento da parte delle Conferenze Episcopali. Ma certamente due considerazioni si impongono.

La prima è che evidentemente la Relatio post disceptationem è stata un “forte” colpo di mano, che non corrispondeva alla posizione complessiva dei padri sinodali. La seconda è che dal Sinodo sembra uscire una Chiesa che non è più un ospedale da campo, semplicemente per il fatto che sembrano non esserci più malati. O se si preferisce, si fa una gran fatica a chiamare per nome le malattie.

Una piccola nota: il testo della Relatio non affronta il problema del riconoscimento civile delle unioni tra persone dello stesso sesso, se non per riprovare le “pressioni” nei confronti dei Pastori della Chiesa e discriminazioni economiche verso i paesi che non favoriscono le unioni fra persone dello stesso sesso (cfr. § 56). Uno strano silenzio, visto e considerato che si tratta del più grande attacco alla famiglia naturale del nostro tempo. E non ne hanno parlato nemmeno il Cardinal Ravasi e Padre Lombardi al briefing di oggi [18 ottobre], sollecitati da un giornalista che chiedeva quale posizione assumerebbe oggi la Chiesa, alla luce di quanto avvenuto al Sinodo, riguardo alla scelta del Sindaco di Roma di riconoscere 16 “matrimoni” omosessuali. Il Cardinal Ravasi, dopo aver precisato che si tratta di una questione locale, ha ceduto coraggiosamente la parola a Padre Lombardi, il quale si è dimenticato di rispondere…

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Autore: Libertà e Persona

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