L’uscita dei primi due volumi “La storia di Abramo” e “Giuseppe e Maria” di Andrea Marinzi, Arcadio Lobato e Anna Casaburi per i tipi del “La scuola – ragazzi” è un segnale di speranza che nasce all’interno del mondo della scuola. Un professore si accorge che le storie sacre suscitano interesse. Un artista mette la sua professionalità a disposizione dei ragazzi per poi maturare in un progetto editoriale. I due libri sono un avvenimento educativo in un contesto in cui il fatto religioso sembra rimanere al di fuori della realtà.
La pretesa di questa fatica consiste, al contrario, nel considerare come la storia sacra non sia soltanto qualcosa di affascinante da raccontare con la stessa intensità e la vivacità di ciò che oggi va per la maggiore, ma che essa sia attuale per il ragazzo, per l’uomo, di oggi. Per l’uomo di sempre.
Nelle due storie in questione questo è estremamente evidente. Le vicende di Abramo e della sacra famiglia di Nazareth conservano il fascino di sempre. Paiono storie “già sapute” e risultano, invece, qualcosa di estremamente commovente e appassionante. La capacità narrativa degli autori, unitamente alla straordinaria capacità del tratto pittorico di Lobato, rendono la lettura piacevole e per nulla scontata.
E’ sulla bellezza che si gioca la scommessa. Le storie sacre, infatti, nascono come narrazioni, di generazione in generazione, capaci di comunicare attraverso il racconto un patrimonio di valori, di leggi, di costumi condivisi. Il popolo d’Israele è nato più attorno al fuoco la sera mentre venivano narrate le storie dei patriarchi che non attraverso processi burocratici o legislativi. E’ come se questi racconti fossero la scaturigine della carta costituzionale d’Israele. Successivamente, si è avvertito il bisogno di “codificare” per iscritto ciò che si comunicava di bocca in bocca. Questo lavoro, non certo il primo, aggiunge un ulteriore elemento. La storia non solo la si ascolta, non solo la si legge, ma la si vede. La parola accompagna il disegno più che l’inverso. Il colore è voce della parola. La bellezza svolge lo stesso ruolo che poteva svolgere nella narrazione il tono della voce e il clima in cui le storie venivano raccontate.
Tuttavia, la nascita di questo progetto editoriale, frutto di una bella collaborazione in una scuola bolognese, ha evidentemente l’ardire non solo di riproporre storie note e forse un po’ maldestramente accantonate, confinate nel mito o nel fiabesco, dall’idolatria del genere letterario, ma di rivalutarne la consistenza per l’oggi.
Abramo è la figura di un uomo disposto a sacrificare ciò che di più grande ha pur di corrispondere ragionevolmente alla promessa affascinante di un Dio fino ad allora sconosciuto. Un uomo che ha saputo tenere desto il suo desiderio. Un padre che ha vissuto tutta la portata della consapevolezza che il figlio non è sua proprietà, ma un dono. Anzi, un prestito da restituire. Giuseppe e Maria sono uomini e donne con il carico di sogni e attese, di progetti e di imprevisti da accogliere. Sono la testimonianza di uno sguardo positivo sulla vita che appare oggi così assente nei ragazzi perché mancante negli adulti stessi ripiegati in un cinismo e un approccio volontaristico alla vita.
Trattandosi di una collana, c’è da sperare che la qualità si mantenga la medesima almeno quanto quella ideale: far sentire ai ragazzi la vertigine del vivere e del credere, con la vita di chi ha vissuto all’altezza dei propri desideri e ha ricevuto l’infinito sperato.
Un ultima qualità. Il costo contenuto. Cinque euro e poco più…Un particolare che in questi tempi ha qualcosa di artistico pure esso.