“Di accogliere la vita non ci pentiremo mai”

La prima volta che  aiutò una mamma  a partorire fu nel  Natale del 1955,  quando, non  ancora maggiorenne, iniziava la scuola da ostetrica. Da allora Flora Gualdani ha perso il conto delle madri assistite: negli ospedali e a domicilio, nelle campagne e in mezzo alle guerre peril mondo. Conosce i travagli delle donne – non soltanto quelli del parto – e considera l’ambulatorio ostetrico «un confessionale speciale», postazione privilegiata per comprendere i bisogni della persona. Nel 1964, dentro la grotta di Betlemme, la luce di un’intuizione profonda che la spinse ad avviare la sua iniziativa in favore della vita nascente.

Tornata in Italia trovò in reparto una donna malata di cancro che non intendeva abortire.

Le stette vicino, la bambina nacque e la donna lentamente guarì mentre Flora si occupava di sua figlia: quella neonata accolta fu la prima di una lunga serie. L’opera che prese il nome di Casa Betlemme partì così.

Flora, da sempre attenta ai segni dei tempi, dagli anni ’80 allargò l’impegno sul fronte culturale della ‘emergenza educativa’, per «preparare non intellettuali della bioetica né spiritualisti disincarnati ma apostoli intelligenti». Oggi Flora è affiancata da una fraternità di giovani laici che hanno scelto di dedicarsi con lei a questa opera sul fronte assistenziale, educativo e della preghiera.

Quali sono i frutti della sua avventura sul fronte della vita?

In questi decenni abbiamo sottratto all’aborto centinaia di innocenti, restituendo la libertà di non abortire a madri di ogni nazionalità e cultura. Qualche anno fa si presentò a Natale una coppia musulmana con il bambino in braccio. Erano stati accolti qui nel periodo difficile della gravidanza: per ringraziarci mi vollero regalare un piccolo crocifisso d’oro, segno del rispetto che avevano sperimentato. L’accoglienza della vita è un sentiero faticoso lungo il quale ci si incontra e si colgono con pazienza frutti meravigliosi, storie indicibili di umana catarsi. Nessuna donna è tornata da me pentita di aver accolto la vita: né la undicenne incinta, né la prostituta, né la vittima di violenza. Questo dimostra che non c’è mai un motivo per uccidere un essere umano: c’è sempre una via per salvarlo. Ho seguito tante altre donne in un cammino di accompagnamento spirituale usando lo sguardo della trascendenza, farmaco capacedi guarire il cuore da quella ferita e di riconciliare la madre con suo figlio.

Lei afferma che davanti a una gestante dovremmo sempre inchinarci. Qual è lo stile che utilizza nella sua relazione con le donne?

Nella trama delle relazioni umane non sappiamo quale ricaduta possa avere un nostro gesto, una nostra parola detta o non detta, magari a distanza di anni. Sta qui la responsabilità degli educatori.

Una volta una donna mi raccontò di aver stracciato il certificato dell’aborto dopo avermi visto attraversare la strada. Le era rimasto impresso un colloquio che avevamo fatto qualche giorno prima.

Ciò che conta è che la donna si senta amata e non lasciata sola: sentirsi preziosa a motivo di quel suo stato ‘interessante’ per la società intera.

Condivisione della sofferenza, dedizione personale, tempestività nell’aiuto concreto: questa è la mia linea.

Casa Betlemme non è uno sportello: i colloqui possono durare nottate intere.

Gratuità e povertà sono un’altra cifra che caratterizza la sua opera.

Perché questa scelta?

Credo anzitutto che aggiunga  valore sociale al nostro  impegno, da sempre in una  rete di collaborazioni con  istituzioni e volontariato.

Delle prime comunità di  cristiani si diceva che ‘sono poveri ma arricchiscono molti’ (Lettera a Diogneto). Per me è stata una scelta di libertà e di radicalità evangelica, che ci fa esercitare la fede e ci educa all’abbandono – a volte assai faticoso – alla divina Provvidenza.

L’opera sta in piedi da 50 anni perché ci sforziamo di restare in ginocchio davanti aGesù, Autore della vita.

Nella sua Regola – «Ora, stude et labora» – la Chiesa ha riconosciuto un apostolato moderno e itinerante dove si coniugano azione e contemplazione, fede e scienza…

I servizi che offre la nostra fraternità sono legati a un cammino di formazione permanente, ma sono tutti espressione di una spiritualità specifica centrata sulla contemplazione del mistero dell’Incarnazione e sull’esaltazione della maternità di Maria. È dal cristocentrismo mariano che sgorgano la teologia del corpo, il vangelo della vita, la bioetica cristiana.

Perché, come diceva sant’Ambrogio, è Maria che ha generato la Redenzione. E la nascita di Cristo, ci spiega sant’Agostino, è già Salvezza.

Da Avvenire, 22 dicembre 2011

Print Friendly, PDF & Email
Se questo articolo ti è piaciuto, condividilo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

uno + nove =