Conoscere per scegliere

di Enrico Tozzi

Sabato 16 ottobre a Cavalese si è svolto il Meeting Regionale dei Cav (Centri Aiuto alla vita) del Trentino Alto Adige.
I Cav sono una grande famiglia informata che si pone con rispetto e verità di fronte ai temi della vita: solo un’ampia conoscenza, infatti, garantisce una reale libertà di scelta. Ma i primi che devono informarsi correttamente sono proprio i volontari che lavorano nei Cav, così da affiancare all’assistenza pratica una robusta preparazione culturale che consenta loro di sostanziare eventuali consigli ed opinioni. Inoltre, questi Meeting servono, oltre che ad aggiornare, anche a costruire reti tra i singoli centri.

Durante la giornata il programma degli interventi è stato ricco e vario.
I lavori si sono aperti con la relazione del dottor Pino Morandini, già magistrato e attuale vicepresidente nazionale del Movimento per la Vita, sul tema “Legge 194/78: storia, valutazioni, proposte”: un excursus storico per illustrare il contesto della nascita di una norma molto complessa e contestata, e non sempre di facile interpretazione ed attuazione.

In seguito ha preso la parola il dottor Bruno Mozzanega, ginecologo e docente all’Università di Padova. Egli, con la sua conferenza “La straordinaria storia di Pollicino: dall’embrione al bambino”, ha dettagliato l’affascinante “avventura” di ogni nascita, mettendo fortemente in luce come l’inizio della vita abbia luogo sin dal concepimento e spiegando l’indispensabile alleanza fisica e psico-affettiva che si crea da subito tra la madre e il figlio.

Nel pomeriggio si è proseguito con l’intervento della dottoressa Cinzia Baccaglini, psicologa e psicoterapeuta della famiglia, che è intervenuta su “L’ascolto della sofferenza dopo l’aborto”. La dottoressa ha delineato con dovizia di particolari le conseguenze psicologiche di un aborto, ambito questo di recente ricerca e che tutt’oggi viene scarsamente preso in considerazione. Per prima cosa è stato tracciato un quadro delle principali patologie incorrenti nella donna che ha subito un’interruzione di gravidanza: dalla psicosi post aborto fino alla sindrome post abortiva. Patologia, quest’ultima, equiparabile alla sindrome post traumatica da stress osservata nei soldati di ritorno dal Vietnam, e che porta a provare un’intensa angoscia e paura, ad un evitamento dei ricordi associati al trauma, ad incubi e sogni angosciosi, ad un continuo stato di allerta, eccetera. In seguito sono state messe in luce le conseguenze determinate dall’aver abortito: si tratta di effetti di lungo periodo (si parla anche di vent’anni) e sono fortemente legati al senso di colpa, alla convinzione di essere una cattiva madre. Queste opinioni, se non comprese e rielaborate, portano a rischi di recidiva, cioè ad aborti plurimi.
La dottoressa Baccaglini ha anche sottolineato come che la ferita provocata da un’interruzione volontaria di gravidanza investa l’intero ambito famigliare. Sempre più spesso, infatti, i padri denunciano, in terapia, la loro impotenza nel non essere chiamati in alcun modo in causa in una scelta che riguarda direttamente anche la loro vita di marito/compagno e di padre potenziale. Inoltre anche gli altri figli, se presenti, vengono condizionati dalla scelta della madre e sviluppano quella che è stata definita come la “sindrome del sopravissuto”: non riescono a spiegarsi cioè perché loro vivono e i fratelli no.
Nel proseguo dell’intervento, poi, non sono state trascurate le problematiche connesse al ricorso alla fecondazione in vitro (Fivet). Questa pratica medica porta forte stress alla coppia, dovuto sia alla tecnica stessa che risulta essere molto invasiva dell’intimità, sia al sentimento di “colpa” che i due coniugi provano in conseguenza ai numerosi tentativi di fecondazione che non hanno esito positivo. Per concludere, la dottoressa Baccaglini ha illustrato le conseguenze psicopatologiche dovute all’assunzione della pillola abortiva Ru486. In questo caso è solo la donna che, assumendo il farmaco, dà il via al processo abortivo e quindi, non essendoci la mediazione di nessun altro, la donna si percepisce come unica responsabile.
Insomma, le casistiche patologiche generate dalla non-nascita di un figlio sono molto varie, ma quel che è importante è sottolineare come ogni percorso terapeutico miri a rimarginare le ferite e porti a riconciliarsi con il figlio non nato, per esempio dandogli un nome.

La giornata di approfondimenti è stata chiusa da Giulia Tanel del Movimento per la Vita Giovani di Trento che ha raccontato la nascita di SOS Vita, un numero Verde nazionale, attivo 24 ore su 24, che ha come scopo quello di prestare ascolto ed assistenza a madri e padri che si trovano ad affrontare una situazione di disagio conseguente ad una gravidanza non desiderata oppure ad un aborto.

Il presente articolo è stato pubblicato, in versione leggermente differente, su “Vita Trentina” del 24 ottobre 2010.

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Autore: Libertà e Persona

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