Gaza secondo Sergio Romano.

Caro Bocchetta, quando Hamas, nelle elezioni palestinesi del gennaio 2006, sconfisse Fatah e conquistò 74 seggi sui 132 di cui si compone il Consiglio legislativo, gli osservatori internazionali dovettero constatare che il voto non era il risultato di frodi e manipolazioni. Ma i membri del “quartetto” (Onu, Russia, Stati Uniti e Unione Europea) sospesero i loro aiuti all’Autorità palestinese e dichiararono che avrebbero ricominciato a elargirli soltanto se Hamas avesse riconosciuto lo Stato d’Israele e rinunciato all’uso della violenza. Da allora l’Ue ha continuato ad assicurare una certa assistenza, ma soltanto per le popolazioni attraverso uno speciale “meccanismo” chiamato “Temporary International Mechanism”. Questa decisione ha avuto l’effetto di ridurre di due terzi il bilancio dell’Autorità, ha trasformato 160.000 pubblici dipendenti (fra cui molti membri dei servizi di sicurezza) in altrettanti precari, e ha reso estremamente difficile la gestione di scuole e ospedali. Israele, dal canto suo, ha smesso di trasferire all’Autorità il gettito dei dazi doganali sulle importazioni palestinesi. Alcuni Paesi musulmani (tra gli altri l’Iran e l’Arabia Saudita) hanno cercato di fornire un’assistenza finanziaria, ma il denaro è stato spesso bloccato perché “potrebbe alimentare i circuiti del terrorismo”. Queste sanzioni hanno avuto conseguenze devastanti per il livello di vita delle popolazioni. Secondo un portavoce dell’Oxfam (l’Oxford Committee for Famine and Relief, creato nel 1942), più di un milione di palestinesi vive oggi con 50 centesimi di dollaro al giorno. Esiste poi un fattore demografico descritto da uno studioso tedesco dell’Università di Brema, Gunnar Heinsohn, in un articolo apparso nel Financial Times del 14 giugno. Grazie al tasso di accrescimento della popolazione araba, Gaza è passata dai 240.000 abitanti del 1950 a un milione e mezzo. Mentre nel 2005 i ragazzi israeliani al di sotto dei 15 anni erano 640.000, i ragazzi arabi nella stessa fascia d’età erano un milione e centomila. Con un confronto molto suggestivo Heinsohn osserva che la popolazione degli Stati Uniti, se il tasso di accrescimento demografico fosse stato simile a quello di Gaza, conterebbe oggi 945 milioni di abitanti e 120 milioni di giovani nella fascia d’età ? fra 15 e i 29 anni ? in cui gli spiriti bellicosi si manifestano con maggiore frequenza. Riuscirebbe a controllarli? A queste considerazioni economiche e demografiche occorre aggiungere un fattore politico. Hamas e Fatah, (l’organizzazione creata da Arafat e guidata ora dal presidente palestinese Mahmud Abbas, noto anche con il nome di Abu Mazen) sono da sempre partiti nemici. Il boicottaggio decretato dal Quartetto e da Israele ha incoraggiato Abbas a impegnare con Hamas un braccio di ferro. Sperava che gli islamisti, messi alle strette, gli avrebbero ceduto il controllo delle forze di sicurezza e non comprese che stava divenendo in tal modo, agli occhi di molti palestinesi, complice di Israele e dei suoi alleati in Occidente. Un Paese alla fame, soldati e poliziotti armati ma privi di qualsiasi sicurezza economica e una folla di giovani senza futuro, pronti ad abbracciare le armi della disperazione: ecco, caro Bocchetta, gli ingredienti della guerra civile palestinese. Non dovrebbero esserne sorpresi i governi che, con le loro miopi sanzioni economiche, hanno soffiato sul fuoco. Corriere della sera, 17/6/2007

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Autore: Libertà e Persona

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