Musica sacra. Ovvero: come si uccise una Nobildonna

Tempo fa ho rivelato come, al tempo dei miei studi in Seminario, nessuno ci avesse mai insegnato a dire Messa. Non che negli anni del Seminario siano mancate teorie e studi e approfondimenti vari sulla Liturgia, il guaio sta nel fatto che è mancata del tutto la pratica.
Questa lacuna ci ha esposto nel corso degli anni a creare spesso la mia, o la nostra Liturgia. Un modo del tutto personalizzato di celebrare la Messa Cattolica, che vale la pena ricordare non essere proprietà del celebrante o di chicchessia.
I frequenti richiami provenienti da Benedetto XVI riguardanti una maggiore fedeltà al Messale e ad una Liturgia che abbia in sé il respiro dell’unicità e della cattolicità lasciano spesso il tempo che trovano. Ognuno di noi tende spesso a dare un’impronta estremamente originale alla propria celebrazione e ad arricchirla, o impoverirla a seconda dei punti di vista, di gadget più o meno pertinenti con la Sacra Liturgia.
Una piccola bottega degli orrori si potrebbe aprire per quanto riguarda la Musica Sacra. Pensavamo di aver fatto un’ottima cosa nell’annientare il canto gregoriano e i testi in latino, perché la gente non li capiva. Ok, giusto. E allora? Che cosa ti abbiamo pensato? Colpo di genio! Li abbiamo sostituiti con “Evenu scialo maleie“, ottenendo un duplice risultato: non capire ancora nulla e far arrabbiare i nostri fratelli maggiori Ebrei per lo storpiamento di un bel canto della loro tradizione liturgica.
Gran furbata sembrò essere l’introduzione nella Messa della ballata del folk singer americano Bob Dylan “Blowin’ in the wind“, altrimenti detta “Risposta non c’è“. In questo modo abbiamo affermato in un sol colpo che in fin dei conti anche Gesù non è una risposta a niente. Relativismo vs Dogma cattolico: 1-0. Colpito e affondato.
Si potrebbe continuare con il canto pseudopacifista “Imagine” di John Lennon, ringraziando del fatto che molte persone non capendo l’inglese ne ignorino il contenuto fortemente antireligioso: “Immagina non ci sia il Paradiso, prova, è facile. Nessun inferno sotto i piedi. Sopra di noi solo il Cielo. Immagina che la gente viva al presente…“. Facevano tenerezza sacerdoti e suore ai tempi della guerra in Iraq, avvolti dalle peace flags arcobaleno sdilinquirsi con le lacrimucce agli occhi al ritmo di questa nenia. Ai tempi de “La Guerra” per eccellenza. Oggi infatti guerre non ce ne sono più, bandiere neanche l’ombra, tutti sono felici e se i nostri cacciabombardieri Tornado fanno trenta o quaranta missioni di bombardamento al giorno in Libia nessuno si sdilinquisce più. Peace&Love! Ma questa è un’altra storia.

Tempo fa entrando in una chiesa e sfogliando un libro di canti per giovani (già, perché adesso non di canta più insieme, ma per categorie anagrafiche), mi sono imbattuto in un canto che diceva più o meno così: “qualcuno ti chiama Buddha, altri Allah, qualcuno Cristo, altri Iahveh… “, poi non ricordo. Devo essere svenuto.

Torniamo alla nostra povera Musica Sacra.
Probabilmente, come hanno scritto Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro ne “Io speriamo che resto cattolico“, Piemme edizioni, il vertice della fantasia psichedelica lo raggiungiamo con “L’Alleluia delle lampadine”. Per chi non lo sapesse si tratta di un famigerato canto di introduzione al Vangelo composto da un Sacerdote (sic!), del quale per amor di categoria non diciamo il nome. Questo pezzo è stato ribattezzato col nome inquietante ed elettrizzante allo stesso tempo di “Alleluia delle lampadine“.
E’ chiaro ormai che tale nome se l’è meritato grazie al gesto delle mani ruotanti in aria con cui va eseguito prima di sfociare nel PAM PAM, il battimani che lo accompagna. Una specie di danza tribale per cattolici che affermano senza tema di smentita che “la festa siamo noi“. Yuhu!
Ora, mi chiedo, da quando in qua, la Messa è una festa? E perché mai dovrei accogliere l’annuncio del Vangelo con esercizi di ginnastica e un entusiasmo da tarantolato? Sono domande legittime che il cattolico medio, costretto a subire talvolta passivamente queste performance, si pone.
Non si tratta più del sacrificio di Gesù Cristo, il memoriale della Sua Passione, della Sua Morte, della Sua Resurrezione?
Il Concilio di Trento a proposito della S.Messa afferma che essa è un Sacrificio nel senso proprio della parola, vero e visibile. La S.Messa rappresenta, commemora e applica il Sacrificio della Croce, non è una pura e semplice commemorazione.
Aggiungiamo poi che l’istruzione Redemptionis Sacramentum pubblicata nel marzo 2007 dalla Congregazione per il Culto Divino, stabilisce che è “un diritto dei fedeli che nella celebrazione della liturgia sia debitamente custodita e alimentata la loro fede nelle parole dei canti“.

Questi e altri errori nella Liturgia e nella Musica Sacra ho commesso e talora commetto, un po’ per ignoranza, un po’ per protagonismo, e talvolta addirittura per presunzione. Offro quindi queste semplici osservazioni all’attenzione di tutti in particolare dei miei confratelli sacerdoti e di me stesso, ricordandomi che la Messa non è di nostra proprietà, ma appartiene alla Chiesa Cattolica che abbiamo promesso di servire fedelmente.
Non riconoscere questi errori e non porvi rimedio a me pare esser indice della mia mancanza di umiltà oltre che un segno di uno scisma latente e silenzioso, laddove ciò che dice il Papa e il Magistero della Chiesa riguardo la Sacra Liturgia viene liquidato con un’alzatina di spalle.
Mi auguro che nessuno se ne abbia a male: siamo vicini a Natale e dobbiamo essere tutti più buoni e bonari. Pertanto se qualcuno dei miei confratelli o delle persone che mi leggono fossero in disaccordo con me e volessero invitarmi a cantare con loro l’Alleluia di cui sopra, sarò ben lieto di farlo, e avvitare insieme lampadine nell’aria. Nel cortile dell’oratorio, però. Non durante la Santa Messa. PAM PAM.

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