Te lodiamo AC/DC

Leggo come tanti in questi giorni, la notizia che sabato 11 febbraio nella chiesa di Albiano (Trento), si terrà una Messa accompagnata da una band che suona l’heavy metal. Non ho le conoscenze precise dell’avvenimento, né le competenze per poter stabilire quanto le norme sulla Musica Sacra saranno o no osservate, mi limito solo a trarre uno spunto di riflessione. Leggi tutto “Te lodiamo AC/DC”

Musica sacra. Ovvero: come si uccise una Nobildonna

Tempo fa ho rivelato come, al tempo dei miei studi in Seminario, nessuno ci avesse mai insegnato a dire Messa. Non che negli anni del Seminario siano mancate teorie e studi e approfondimenti vari sulla Liturgia, il guaio sta nel fatto che è mancata del tutto la pratica.
Questa lacuna ci ha esposto nel corso degli anni a creare spesso la mia, o la nostra Liturgia. Un modo del tutto personalizzato di celebrare la Messa Cattolica, che vale la pena ricordare non essere proprietà del celebrante o di chicchessia.
I frequenti richiami provenienti da Benedetto XVI riguardanti una maggiore fedeltà al Messale e ad una Liturgia che abbia in sé il respiro dell’unicità e della cattolicità lasciano spesso il tempo che trovano. Ognuno di noi tende spesso a dare un’impronta estremamente originale alla propria celebrazione e ad arricchirla, o impoverirla a seconda dei punti di vista, di gadget più o meno pertinenti con la Sacra Liturgia.
Una piccola bottega degli orrori si potrebbe aprire per quanto riguarda la Musica Sacra. Pensavamo di aver fatto un’ottima cosa nell’annientare il canto gregoriano e i testi in latino, perché la gente non li capiva. Ok, giusto. E allora? Che cosa ti abbiamo pensato? Colpo di genio! Li abbiamo sostituiti con “Evenu scialo maleie“, ottenendo un duplice risultato: non capire ancora nulla e far arrabbiare i nostri fratelli maggiori Ebrei per lo storpiamento di un bel canto della loro tradizione liturgica.
Gran furbata sembrò essere l’introduzione nella Messa della ballata del folk singer americano Bob Dylan “Blowin’ in the wind“, altrimenti detta “Risposta non c’è“. In questo modo abbiamo affermato in un sol colpo che in fin dei conti anche Gesù non è una risposta a niente. Relativismo vs Dogma cattolico: 1-0. Colpito e affondato.
Si potrebbe continuare con il canto pseudopacifista “Imagine” di John Lennon, ringraziando del fatto che molte persone non capendo l’inglese ne ignorino il contenuto fortemente antireligioso: “Immagina non ci sia il Paradiso, prova, è facile. Nessun inferno sotto i piedi. Sopra di noi solo il Cielo. Immagina che la gente viva al presente…“. Facevano tenerezza sacerdoti e suore ai tempi della guerra in Iraq, avvolti dalle peace flags arcobaleno sdilinquirsi con le lacrimucce agli occhi al ritmo di questa nenia. Ai tempi de “La Guerra” per eccellenza. Oggi infatti guerre non ce ne sono più, bandiere neanche l’ombra, tutti sono felici e se i nostri cacciabombardieri Tornado fanno trenta o quaranta missioni di bombardamento al giorno in Libia nessuno si sdilinquisce più. Peace&Love! Ma questa è un’altra storia.

Tempo fa entrando in una chiesa e sfogliando un libro di canti per giovani (già, perché adesso non di canta più insieme, ma per categorie anagrafiche), mi sono imbattuto in un canto che diceva più o meno così: “qualcuno ti chiama Buddha, altri Allah, qualcuno Cristo, altri Iahveh… “, poi non ricordo. Devo essere svenuto.

Torniamo alla nostra povera Musica Sacra.
Probabilmente, come hanno scritto Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro ne “Io speriamo che resto cattolico“, Piemme edizioni, il vertice della fantasia psichedelica lo raggiungiamo con “L’Alleluia delle lampadine”. Per chi non lo sapesse si tratta di un famigerato canto di introduzione al Vangelo composto da un Sacerdote (sic!), del quale per amor di categoria non diciamo il nome. Questo pezzo è stato ribattezzato col nome inquietante ed elettrizzante allo stesso tempo di “Alleluia delle lampadine“.
E’ chiaro ormai che tale nome se l’è meritato grazie al gesto delle mani ruotanti in aria con cui va eseguito prima di sfociare nel PAM PAM, il battimani che lo accompagna. Una specie di danza tribale per cattolici che affermano senza tema di smentita che “la festa siamo noi“. Yuhu!
Ora, mi chiedo, da quando in qua, la Messa è una festa? E perché mai dovrei accogliere l’annuncio del Vangelo con esercizi di ginnastica e un entusiasmo da tarantolato? Sono domande legittime che il cattolico medio, costretto a subire talvolta passivamente queste performance, si pone.
Non si tratta più del sacrificio di Gesù Cristo, il memoriale della Sua Passione, della Sua Morte, della Sua Resurrezione?
Il Concilio di Trento a proposito della S.Messa afferma che essa è un Sacrificio nel senso proprio della parola, vero e visibile. La S.Messa rappresenta, commemora e applica il Sacrificio della Croce, non è una pura e semplice commemorazione.
Aggiungiamo poi che l’istruzione Redemptionis Sacramentum pubblicata nel marzo 2007 dalla Congregazione per il Culto Divino, stabilisce che è “un diritto dei fedeli che nella celebrazione della liturgia sia debitamente custodita e alimentata la loro fede nelle parole dei canti“.

Questi e altri errori nella Liturgia e nella Musica Sacra ho commesso e talora commetto, un po’ per ignoranza, un po’ per protagonismo, e talvolta addirittura per presunzione. Offro quindi queste semplici osservazioni all’attenzione di tutti in particolare dei miei confratelli sacerdoti e di me stesso, ricordandomi che la Messa non è di nostra proprietà, ma appartiene alla Chiesa Cattolica che abbiamo promesso di servire fedelmente.
Non riconoscere questi errori e non porvi rimedio a me pare esser indice della mia mancanza di umiltà oltre che un segno di uno scisma latente e silenzioso, laddove ciò che dice il Papa e il Magistero della Chiesa riguardo la Sacra Liturgia viene liquidato con un’alzatina di spalle.
Mi auguro che nessuno se ne abbia a male: siamo vicini a Natale e dobbiamo essere tutti più buoni e bonari. Pertanto se qualcuno dei miei confratelli o delle persone che mi leggono fossero in disaccordo con me e volessero invitarmi a cantare con loro l’Alleluia di cui sopra, sarò ben lieto di farlo, e avvitare insieme lampadine nell’aria. Nel cortile dell’oratorio, però. Non durante la Santa Messa. PAM PAM.

Nessuno ci ha mai insegnato a dire Messa

Ebbene sì. Dopo lo scoop delle Iene sulla totale o quasi ignoranza dei 10 Comandamenti da parte dei Sacerdoti cattolici, io, sacerdote da 21 anni e uomo da 46, ve ne confido uno che potrebbe essere ancora più scioccante: nessuno ci ha mai insegnato a dire Messa.

So che un’affermazione del genere suscita meraviglia in quelle persone che pensano che negli anni del Seminario non hai mai fatto altro che imparare a dire Messa. Non è così. Per lo meno non lo era ai miei tempi, oggi infatti sono convinto (e mi auguro), che si sia corsi ai ripari e che ai seminaristi venga insegnato come celebrare la Messa, un Battesimo, un’Adorazione Eucaristica o come celebrare il Sacramento della Confessione. La Liturgia infatti, è uno dei vertici dell’azione pastorale del prete cattolico e come ricorda il Concilio Vaticano II essa è fonte e culmine della vita cristiana. Purtroppo ai miei tempi ricordo lo scartabellare ansioso del Messale a pochi giorni dalla nostra Prima Messa e gli innumerevoli abusi liturgici più o meno gravi dei quali, lo confesso, mi sono reso colpevole anch’io al corso di questi anni. Non è difficile infatti imbattersi in celebrazioni dove il protagonista non è Gesù Cristo e il suo Sacrificio, ma il celebrante, o di volta in volta un gruppo piuttosto che un altro.
Talora pure il sacro silenzio viene sostituito da una pletora di avvisi o da applausi che sottolineano la dimensione festaiola dell’evento che si celebra in chiesa. Spesso ad ogni sacerdote corrisponde un modo particolare e originale di celebrare la Messa, quasi che ognuno di noi presiedesse una specie di “One man show”, anziché l’unica e universale Liturgia Cattolica.
? forte la tentazione di aprire un grande capitolo sulla vasta e inesauribile fenomenologia del brutto nella Liturgia. Navate che assomigliano a curve degli stadi che si scatenano per lo scambio della pace, commenti e spiegazioni per ogni gesto liturgico e poi commenti di commenti che trasformano in un supplizio verboso l’annuncio del Verbo che dovrebbe farsi carne in mezzo ad un mare di parole. Novelli sposi invitati a “concelebrare” all’altare dal prete in vena di sentirsi “squadra”. Karaoke per seguire i testi farraginosi e spesso melensi di canti che durano lo spazio di una stagione. Pagnottone, improbabili grappoloni d’uva, mappamondi gonfiabili, cartelle scolastiche, palloni, tutto questo a ricoprire un altare, ops! …una mensa, dove evidentemente il Corpo e il Sangue di Gesù non sono più segni sufficienti. Prete che fa il simpatico e/o lo smaliziato e che ne inventa di tutti i colori per essere cool, trendy, friendly, rischiando poi di fare la figura del cretinetti con la sindrome di Peter Pan, il ragazzo che non voleva crescere mai. E poi chierichetti e bambini seduti in ogni dove a creare l’atmosfera “asilo infantile” che tanto dovrebbe piacere a uomini e donne che in chiesa non si aspetterebbero di trovare quello che vivono sempre fuori da essa, ma il “Totalmente Altro”…
Vi è poi da aggiungere che spesso la nostra impreparazione liturgica ci spinge a considerarci dei veri e propri fenomeni capaci di improvvisare e spesso pure di inventare il Prefazio, finanche il Canone eucaristico. Qualche volta la Messa finisce per diventare solo la cornice del nostro smisurato ego.
Che dire poi di altri piccoli segni che finiscono per rendere insipida la nostra celebrazione?
Incenso che, quando viene usato, fa temere un corto circuito tale è l’odore di gomma bruciata. Broccati e i paramenti preziosi, frutto delle fatiche e del sudore dei nostri padri e madri, che ammuffiscono nelle sacrestie cedendo il passo a stoffe miserevoli che non sono segno di povertà, ma di ostentata sciatteria. Microfoni e impianti acustici dell’antico testamento che, o non servono a niente, o nella migliore delle ipotesi ti lacerano i timpani con puntuali sibili ad alta frequenza. Sporcizia e disordine nelle sacrestie e nelle chiese, indice inequivocabile di incuria, menefreghismo e in definitiva, mancanza di fede.
A questo proposito ricordo pure che a noi non fu insegnato a predicare. Non ci vennero date quelle spiegazioni sull’arte oratoria, non furono insegnati quei trucchi del mestiere che rendono gradevole la tanto vituperata predica: a cominciare dall’impostazione della voce che dovrebbe essere limpida e virile, dalla chiarezza dell’esposizione, dalla brevità dei contenuti, e soprattutto dall’importanza di comunicare la passione, l’innamoramento per Gesù e per la sua Chiesa.
E allora ecco la noia mortale che assale il cattolico medio ogni qual volta il suo parroco, pardon, il suo animatore pastorale, tenta di rianimarlo con pistolotti che non finiscono mai, con cantilene che lasciano di stucco, o con sermoni che attirano tutta l’attenzione sul don, e non purtroppo su Gesù e il suo messaggio. Quando il tuo pubblico comincia a guardare le pitture sul soffitto della chiesa (ammesso che ci siano ancora), o dimostra troppo interesse alle funzioni del proprio orologio, è segno che hai fallito. Non hai comunicato Gesù e nessuna passione per Lui.
Non voglio fare il processo ai miei Superiori di allora: forse ero semplicemente assente alle lezioni o, come mi capitava spesso, sonnecchiavo allegramente. Va aggiunto ad onor del vero che in realtà noi eravamo molto istruiti e formati su tutta la teoria riguardante la Liturgia e le altre materie di studio. Il guaio stava però che tutto si fermava alla teoria appunto.
Conoscevamo origini e sviluppi dei Riti, delle varie Riforme e delle innumerevoli varianti liturgiche presenti nell’orbe terraqueo. Ma alla prova dei fatti eravamo simili a coloro che studiano tutto dei motori ma non fanno mai una guida vera con la macchina. Poi ci siamo trovati all’improvviso nelle Parrocchie dove ci hanno messo in mano un ipotetico pullman pieno di gente e ci hanno detto: adesso guida!

E così molti dei nostri errori nella Liturgia traggono inizio da questo peccato originale: nessuno ci hai mai insegnato a dire Messa.