“Perdona l’offesa al tuo prossimo”

Zoran Mušič, L’autoritratto, 1977, Cortina d’Ampezzo,
Galleria Hausamann

Antifona

Dona pace, o Signore, a quanti in te confidano; 
i tuoi profeti siano trovati degni di fede.
Ascolta la preghiera dei tuoi servi e del tuo popolo, Israele
. (Cf. Sir 36,18)

Commento artistico-spirituale al Vangelo della XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A – 16 Settembre 2023

Di don Tarcisio Tironi, Direttore M.A.C.S. (Museo di Arte e Cultura Sacra) di Romano di Lombardia-Bg

«Rancore e ira sono cose orribili, e il peccatore le porta dentro. Chi si vendica subirà la vendetta del Signore, il quale tiene sempre presenti i suoi peccati. Perdona l’offesa al tuo prossimo e per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati. Un uomo che resta in collera verso un altro uomo, come può chiedere la guarigione al Signore? Lui che non ha misericordia per l’uomo suo simile, come può supplicare per i propri peccati? Se lui, che è soltanto carne, conserva rancore, come può ottenere il perdono di Dio? Chi espierà per i suoi peccati?

Ricòrdati della fine e smetti di odiare, della dissoluzione e della morte e resta fedele ai comandamenti. Ricorda i precetti e non odiare il prossimo, l’alleanza dell’Altissimo e dimentica gli errori altrui. (Siràcide 27,33-28,9)

Ben Sirach, «figlio di Sirach», o Siracide compone la sua opera tra il 190 e 180 a.C. Si conosceva la traduzione greca fatta dal nipote nel 132 a.C. fino a che, grazie ad alcuni manoscritti trovati al Cairo (fine secolo XIX) e poi a quelli («Rotoli del Mar Morto») scoperti in undici grotte di Qumran, nel Deserto della Giudea (1947 – 1956), si è ricostruita un’ampia parte del testo originale ebraico. Il sapiente scriba di Gerusalemme tratta del perdono e del rancore nello stile della riflessione sapienziale superando la prescrizione della vendetta per l’offesa ricevuta contenuta nei primi cinque testi dell’Antico Testamento: «Perdona l’offesa al tuo prossimo e per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati». È d’obbligo il riferimento all’insegnamento di Gesù nel «Padre Nostro» e alla risposta a Pietro che gli chiede quante volte deve perdonare: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette» (Matteo 18,22).

Il perdono è difficile. Lo attesta anche Zoran Mušič, uno dei protagonisti del secolo scorso, di origine slovena, nato in una Gorizia asburgica, deportato nel campo di concentramento di Dachau nel 1944 e morto nel 2005. L’«Autoritratto» (1997) dipinto ad acrilico su tela, testimonia l’instancabile ricerca del pittore nel trovare delle risposte ai temi fondamentali del vivere umano dopo il trauma del lager che ha segnato la svolta decisiva nella sua esistenza anche nello stile artistico fattosi essenziale. L’opera di rara intensità, pare fotografare la struggente fatica di ritrovare la strada creativa del perdono, segno di speranza pure per gli altri, come ha lasciato scritto Mušič: «Dopo la morte (dopo Dachau) ho trovato la via del ritorno alla vita. Sì. Ma non ero più lo stesso».

Dio ci ama e perdona sempre. Perciò Hannah Arendt (1906 – 1975), filosofa ebrea e non credente, ha scritto: «A scoprire il ruolo del perdono nell’ambito delle relazioni umane fu Gesù di Nazaret».

don Tarcisio Tironi

direttore M.A.C.S.

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Autore: Libertà e Persona

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