Senza scuola il Paese non riparte Patti educativi e costo standard

di Anna Monia Alfieri.

Ringraziamo Suor Anna Monia Alfieri di questo intervento sulla parità scolastica nel quale riassume le sue note proposte sulla scuola in Italia. Approfittiamo per segnalare uno studio del nostro Direttore su un aspetto complementare della questione, quello della scuola parentale [Cfr. S. Fontana, “L’educazione nelle scuole parentali cattoliche: principi e finalità” (“Fides Catholica”, XV (2020) 1, pp. 149-166].

Nei momenti di difficoltà occorre anzitutto restare lucidi e fare appello alla ragione. Ne è sufficiente spaventarsi di fronte alla prospettiva che la scuola non riparta; occorre riconoscere che, anche se ripartisse, non riparte certamente il diritto all’istruzione per tutti. La ministra riconosce che il distanziamento non è fattibile, neppure a breve termine; il CTS evidenzia l’importanza dell’uso delle mascherine, ma non elimina la necessità di evitare classi troppo affollate, che al momento sono la realtà per il 15% degli studenti delle scuole pubbliche statali. Vedremo come procederà la curva dei contagi. Ma non basta enfatizzare la Didattica Digitale Integrata (cfr Linee Guida del 7 agosto 2020), facendo passare un’emergenza per una magnifica opportunità culturale ed educativa. Sicuramente è utile in gravissima emergenza, ma è da evitare che sia applicata contemporaneamente a livello nazionale. Sarebbe il sigillo del fallimento di un Paese incapace di fermare il contagio per l’indisciplina dei suoi cittadini, soprattutto i più giovani… Eppure, alla Ministra Azzolina non sono mancati i suggerimenti, da più parti, sia da esperti e da suoi consiglieri, sia da un ampio schieramento politico trasversale, tanto dalle opposizioni (FI, FdI, Lega, UDC, NCI, Cambiamo) quanto dalle componenti del Governo (Pd, Iv, qualche esponente di Leu e addirittura dei 5 Stelle).

La situazione le è chiara: non ci sono aule sufficienti per il distanziamento; teatri, biblioteche e B&B non sono luoghi appropriati, anche perché – come ricorda l’ANP (Associazione Nazionale Presidi) “l’idoneità, in termini di sicurezza, di eventuali locali esterni all’istituto scolastico deve essere certificata dagli enti locali o dai titolari della locazione”. Gli edifici dismessi sono troppo costosi da ristrutturare; altrettanto costosa è l’assunzione a tempo indeterminato di decine di migliaia di docenti, oltre ai precari da stabilizzare.  Non parliamo, poi, della difficoltà, che sarà sempre più grave nel post covid, per migliaia di docenti del Sud, di accettare cattedre al Nord: come tutti sanno, o pagano l’affitto, o mangiano.

Lo scenario deve dunque cambiare, perché senza scuola il Paese non riparte, anzi: ipoteca il suo futuro per decenni, se milioni di giovani resteranno segnati da un’esperienza scolastica negativa. Occorre puntare sulla buona scuola pubblica per tutti, paritaria e statale. Finalmente anche il M5S riconosce la scuola paritaria come pubblica, persino rivendicando il merito dello stanziamento dei 300 milioni di euro per evitare (solo in minima parte) il tracollo delle paritarie, che allo Stato costerebbe 2,6 mld di euro.

Occorre fare i conti con le gravi conseguenze della pandemia sulla scuola, che hanno evidenziato le fragilità strutturali del sistema. Gli alunni non raggiunti dalla DaD sono stati 1 milione e 600mila e si è trattato di quelli appartenenti alle categorie più svantaggiate per provenienza familiare e territoriale; 300 mila sono stati gli allievi disabili vissuti in una condizione di isolamento con una conseguente inevitabile regressione. Inoltre, non tutte le mamme hanno potuto permettersi la baby sitter, né potranno farlo in futuro, se hanno bambini dell’Infanzia o della Primaria di cui occuparsi. Molte, inoltre, hanno perso o perderanno il lavoro, insieme ad anni di lotta per le pari opportunità. E senza scuola, in molte aree socialmente a rischio del Paese, si è ripresentata la realtà di ragazzi riconsegnati alla delinquenza mafiosa.

Indubbiamente la Ministra Azzolina e il Premier Conte si sono trovati in un momento storico non semplice, ma unico. E’ questo il momento in cui il talento incontra l’opportunità che, in queste ore, consiste nel portare finalmente a compimento anche in Italia (come già in tutta Europa) il percorso della legge sulla parità, avviando un processo di interazione fra statale e privato, favorevole al cittadino sul tema della scuola pubblica.

Il 14 settembre, in Italia, non ripartirà il diritto all’istruzione, che è un diritto universale e dovrebbe essere garantito a tutti in modo gratuito e libero. Questo affermano la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e numerosi altri documenti internazionali e accordi in ambito europeo, firmati anche dall’Italia. Il nostro sistema scolastico, invece, rischia oggi di fare del diritto all’istruzione un privilegio. Mancano gli ambienti, ed è anche l’Associazione Nazionale Presidi che lancia l’allarme; contemporaneamente molte scuole paritarie, che in alcune zone rappresentavano gli unici presìdi di libertà rimasti, sono state costrette a chiudere, aggravando la situazione. Il sito noisiamoinvisibili.it ad oggi ne ha censite 100, corrispondenti a 3.812 allievi che nessun altro Istituto può accogliere. Il numero aumenterà certamente.

Gli atteggiamenti ideologici che bloccano il sistema integrato della scuola pubblica, che è statale e paritaria, devono essere rivisti. È chiaro che, per che fa le vacanze a Forte dei Marmi, il problema non sussiste: potranno pagare la baby sitter, permettersi la homeschooling (la scuola parentale) o frequentare la migliore scuola statale del centro città raggiungendola a piedi o in auto. La scarsità dei mezzi di trasporto colpisce invece i poveri che vivono nelle periferie, proprio quelli esclusi dalla DaD. Non solo: chi non ha problemi economici potrà godere degli strumenti tecnologici più evoluti, permettersi la scuola paritaria a 7.000 euro annui di retta, che consente a questa scuola di sopravvivere.  Infatti le scuole pubbliche paritarie che hanno chiuso sono quelle che si sono indebitate per mantenere le rette entro i 2.500-3.000 euro annui nell’Infanzia, i 3.500 euro annui nella Primaria e i 3.800 nei Licei.

La situazione è chiara: un allievo della scuola statale costa 8.500 euro, mentre ne vengono destinati solo 500 a uno della paritaria, che, per continuare ad esserci, dovrà necessariamente avere rette dai 5.500 euro in su… e il povero non potrà mai scegliere questa scuola pubblica. Quindi avrà meno possibilità di riscatto e di emancipazione.

L’unica soluzione intelligente sono i patti educativi con le scuole paritarie disponibili, una volta che siano acquisiti i dati sul fabbisogno di aule, arredi e docenti relativi alle 40 mila sedi scolastiche. Questi patti possono prevedere o lo spostamento di classi (allievi e docenti) dalla statale alla paritaria più vicina, oppure, a seconda dei casi, per il 15% di allievi delle statali che lo desidereranno l’assegnazione di una quota capitaria che abbia come tetto massimo il costo medio studente o il costo standard di sostenibilità per allievo, di molto inferiore agli 8.500 euro annui che lo Stato spende per ogni alunno.

Nel giro di due anni si completi l’operazione introducendo i costi standard di sostenibilità per allievo.

Si tratta di un processo obbligato, tanto più per un Governo che, con il presente Decreto Agosto e poi con tutti i decreti futuri, agirà in scostamento di bilancio e non può dunque arrogarsi il diritto di indebitare il futuro dei propri figli, negando loro anche gli strumenti per ripagarlo. Senza scuola, infatti, l’Italia è condannata ad un gravissimo decadimento e non potrà ripagare il debito. Non garantire il diritto all’istruzione significa condannare i più poveri e fragili, impedendo loro di emanciparsi dal punto di vista sociale, economico, culturale.

Il Governo sa bene che i patti educativi sono la soluzione più intelligente e più economica per consentire a tutti gli studenti di ritornare in classe e di dare un futuro alla Nazione: non farlo per una irrazionale chiusura ideologica sarebbe il gesto più irresponsabile della storia degli ultimi 50 anni. I cittadini lo sanno, sono informati e aspettano…

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CHI È

Anna Monia Alfieri, religiosa delle Marcelline, si è laureata in Giurisprudenza nel 2001, in Economia nel 2007, conseguendo anche il Diploma Superiore di Scienze Religiose. E’ legale rappresentante dell’Istituto di Cultura e di Lingue Marcelline. Tra le voci più accreditate sui problemi dell’organizzazione dei sistemi formativi, collabora con la Divisione Enti non Profit di Altis (Alta Scuola Impresa e Società) dell’Università del Sacro Cuore di Milano, per l’organizzazione dei corsi di Alta Formazione (in management e alta dirigenza scolastica) per gli Istituti Religiosi e per la docenza negli stessi. Dal 2012 al 2018 è Presidente regionale della Federazione Istituti di Attività Educativa (FIDAE), che consocia tutte le scuola cattoliche della Lombardia.  Dal 2016 fa parte della Consulta di Pastorale scolastica e del Consiglio Nazionale Scuola della CEI. E’ referente per l’Unione dei superiori maggiori d’Italia per il settore scuola. Nel 2020, nell’ambito della emanazione dei decreti di contrasto al covid, ha rappresentato USMI e CISM (Superiori maggiori delle congregazioni religiose) in audizione alla Commissione Bilancio della Camera, riguardo alla gravità della situazione per gli Istituti Paritari e la Scuola pubblica tutta, paritaria e statale. Dal 2020 Senior Fellow dell’Istituto Bruno LeoniNumerosi sono i suoi contributi scientifici su Riviste specializzate e in volumi collettanei. Segnaliamo i saggi “La buona Scuola Pubblica per tutti Statale e Paritaria” (in collaborazione con M. C. Parola e M. Moltedo, Laterza, Bari 2010); “Il diritto di apprendere. Nuove linee di investimento per un sistema integrato” (in collaborazione con M. Grumo e M. C. Parola, Giappichelli, Torino 2015); “Lettera ai politici sulla libertà di scuola” (in collaborazione con Dario Antiseri, Rubbettino 2018); Febbraio 2019  AAVV, “Insegnamenti straordinari”, Ed. Fabbrica dei Segni Editore, 2019.

Fonte: Osservatorio Internazionale Card. Van Thuân

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