La nuova “Cantonata” del CSM dimostra che non hanno capito niente

di Davide Mercurio.

Scegliere ancora una volta da parte del CSM il passaggio quasi diretto da un posto (Anac) all’altro (Perugia) significa non aver capito nulla della crisi di legittimazione che ha investito in queste settimane l’ordine giudiziario. Ed è ancor più incredibile che la nomina sia avvenuta sommando ai voti di Area (la corrente “di sinistra” delle toghe) tutti i voti dei componenti “laici” del Consiglio Superiore, compresi quelli del centrodestra che dovrebbero avere nel proprio dna un’attenzione massima alla separazione tra giustizia e politica

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La giustizia in Italia è il “malato” per eccellenza. Ma siccome di questi tempi è in voga il tourbillon che ruota attorno al telefonino di Luca Palamara, vale in magistratura un po’ quello che negli ospedali vale per il Covid: i sintomi di quel virus sono l’unica anomalia che conta, tutto il resto non vale.

E’ così che per la nomina del nuovo procuratore della Repubblica di Perugia accade l’impensabile. Una Cantonata, per dirla papale papale.

Lo premettiamo subito: nulla di personale, anzi massima stima e siamo certi che per le ragioni che ora andremo a illustrare il nuovo capo della Procura del capoluogo umbro presterà un’attenzione ancora maggiore all’esercizio del proprio ruolo secondo canoni di assoluto rigore.

Sta di fatto, però, che il nome del nuovo procuratore non è un nome qualsiasi: Raffaele Cantone. E quello di Perugia non è un distretto giudiziario qualsiasi, perché in base all’articolo 11 del codice di procedura penale è competente a occuparsi dei procedimenti a carico dei magistrati in servizio a Roma. Una posizione ad alta intensità “politica”, insomma, intorno alla quale non a caso ruotano molti degli intrighi e degli incontri svelati dal trojan installato nel telefonino di Palamara.

Quello di Cantone non è un nome qualsiasi non soltanto per la fama conquistata sul campo con la toga addosso, ma anche e soprattutto per l’incarico ricoperto fino a poco tempo fa: presidente dell’Anac, autorità nazionale anticorruzione. Incarico che gli è stato conferito (legittimamente, per carità) per designazione politica e che in questi anni di situazione economica non esattamente florida è stato spesso al centro di polemiche, diatribe e contese, di natura più ordinamentale che personale, ma sempre latu sensu “politiche”.

Lo ribadiamo: nulla contro Cantone, anzi. E’ una questione di metodo, che già si era posta quando il capo di gabinetto dell’allora guardasigilli Andrea Orlando fu nominato procuratore della Repubblica di Napoli senza soluzione di continuità.

Scegliere ancora una volta da parte del CSM il passaggio quasi diretto da un posto (Anac) all’altro (Perugia) significa non aver capito nulla della crisi di legittimazione che ha investito in queste settimane l’ordine giudiziario. Ed è ancor più incredibile che la nomina sia avvenuta sommando ai voti di Area (la corrente “di sinistra” delle toghe) tutti i voti dei componenti “laici” del Consiglio Superiore, compresi quelli del centrodestra che dovrebbero avere nel proprio dna un’attenzione massima alla separazione tra giustizia e politica.

Stando ai resoconti di stampa la scelta, compiuta con l’astensione di Unicost (la corrente “centrista” maggiormente investita dalla bufera) e il voto contrario di Magistratura Indipendente e dei “davighiani” di Autonomia e Indipendenza che hanno optato per il concorrente risultato sconfitto nella votazione del plenum, è stata motivata in nome dell’estraneità di Cantone alla rete di relazioni svelata dal telefonino di Palamara. Ma, così come è un errore pensare che nella casistica delle patologie degli italiani abbia diritto di cittadinanza il solo Covid, così è a dir poco opinabile ritenere che il metro di giudizio di tutto possa essere la frequentazione o meno con il magistrato sotto accusa e sotto i riflettori. Come se il sintomo (casi di presunto malcostume) fosse più importante del male (il venir meno della separazione tra giustizia e politica).

Prescindendo da qualsiasi giudizio sul valore personale di Cantone, che non è in discussione, dovrebbero esistere dei capisaldi irrinunciabili soprattutto in un momento come questo. E invece, con l’applauso dei componenti non togati, proprio la provenienza dall’incarico “para-politico” di presidente dell’Anac è stata addotta come referenza per motivare la scelta.

Insomma, se pensavate che il polverone di queste settimane fosse servito a raddrizzare la rotta, mettetevi l’anima in pace. Non hanno capito niente. Buon lavoro al nuovo procuratore di Perugia, ma non ce ne voglia se consideriamo la sua nomina una grossa Cantonata.

Fonte: l’Occidentale

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