“Tanto muoiono solo i vecchi!”

Le reazioni istintive nei momenti di crisi e di emergenza dicono molto di un popolo e di un Paese. E ciò che sta succedendo con il coronavirus non fa eccezione. Così accade che in questa disputa virtuale che ci vede trasformati in sessanta milioni di virologi, ciascuno con le proprie assertive convinzioni, ciascuno con le proprie opposte certezze, uno dei pochi elementi a mettere quasi tutti d’accordo è il fatto che, se a morire finora sono stati perlopiù anziani malconci, tutto sommato sul piano della sopravvivenza questa patologia non è poi così preoccupante.

Ora, nessuno di noi è un marziano e non vi è chi non veda che un virus in grado di stroncare giovani nerboruti presenterebbe un potenziale di offensività ben superiore rispetto a una casistica di decessi fin qui largamente costituita da persone già malate e di una certa età. Ma il cinismo con cui si liquida come un trascurabile e persino rassicurante effetto collaterale la morte di persone che spesso hanno l’età dei nostri genitori, ci dice molto su ciò che stiamo diventando. Ed è una deriva che parte da lontano.

Già, perché se si è arrivati a questo, ci si è arrivati percorrendo la strada della presunzione fatale di poter rimuovere dall’esistenza la debolezza, la disabilità, la fragilità. Anche con la morte, considerata a certe condizioni il “miglior interesse” di una persona non nel pieno del proprio vigore.

E’ la vecchia storia del piano inclinato. Se si inizia con l’affermare che una vita non perfettamente performante non è degna di essere vissuta; se si passa a stabilire che per lo Stato la vita e la morte possano essere opzioni equivalenti; se si giunge a ritenere che la morte provocata dalla condotta attiva di terzi sia un diritto esigibile dal servizio sanitario nazionale, c’è poco da stupirsi se si finisce col rallegrarsi che in fondo di coronavirus muoiono solo vecchi.

E’ triste il declino di una società che rifiuta la debolezza e che ritiene che per poter essere liberi non basti essere persone ma sia necessario essere persone forti. All’apparenza può sembrare l’estremizzazione di un sano vitalismo, ma in realtà è l’indice di una propensione mortifera e fondamentalmente totalitaria.

E’ questo il vero virus che si è inoculato nell’Occidente. Quello cinese è soltanto un’occasione per rendercene conto prima che sia troppo tardi.

Fonte: l’Occidentale

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