In vista delle europee, Bernard-Henri Lévy dà lezioni all’Italia

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di Tatiana Santi.

Intervista a Giampaolo Rossi. “Lévy utilizza lo spettacolo teatrale in vista delle europee per fare propaganda di appoggio a questo modello di Europa che piace molto agli apparati burocratici e alle tecnocrazie, ma che piace sempre meno ai popoli ed ai cittadini europei. È una mossa un po’ azzardata e disperata di questo mondo intellettuale che vede frantumarsi le certezze che aveva fino a qualche tempo fa… Henry Lévy è uno dei personaggi più curiosi del mondo intellettuale europeo contemporaneo, è uno di quegli intellettuali che sta sempre in prima linea su tutte le battaglie sbagliate della storia. Non c’è una sola battaglia portata avanti da questo filosofo francese che non sia risultata sbagliata”

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A marzo a Milano prende il via la tournée del filosofo Bernard-Henri Lévy che, con lo spettacolo “Looking for Europe”, dopo i numerosi attacchi contro il governo italiano, lancerà nuovamente il suo allarme: “l’Europa è in pericolo, i nazionalismi trionfano”.Inizia così la campagna elettorale in Italia di Lévy.

“Il populismo vi sorride? È per mangiarvi meglio. Questo è l’avvertimento che con questo testo voglio lanciare ai cittadini dell’Europa e di Milano”, è l’anticipazione dello spettacolo del filosofo francese Bernard-Henri Lévy con cui girerà l’Europa, una sorta di campagna elettorale in vista delle europee di maggio. È proprio Milano, non a caso, la prima tappa del monologo di Lévy, una “battaglia di civilizzazione”, come la chiama l’attivista francese.

In seguito ai costanti attacchi, che trovano largo spazio sui media e ora anche a teatro, contro i pericolosissimi populisti alla guida dell’Italia, Bernard-Henri Lévy inizia la sua guerra. Chi è Lévy per dare lezioni agli italiani? Sputnik Italia ha raggiunto per un’intervista in merito Giampaolo Rossi, esperto di comunicazione politica, intellettuale del mondo sovranista che attualmente ricopre il ruolo come consigliere di amministrazione RAI.

— Giampaolo Rossi, che cosa ne pensa della “battaglia” di Bernard-Henri Lévy?

— Credo non sia una battaglia ma un’operazione propagandistica di un intellettuale che è da sempre schierato a fianco dell’élite europeista. Lévy utilizza lo spettacolo teatrale in vista delle europee per fare propaganda di appoggio a questo modello di Europa che piace molto agli apparati burocratici e alle tecnocrazie, ma che piace sempre meno ai popoli ed ai cittadini europei. È una mossa un po’ azzardata e disperata di questo mondo intellettuale che vede frantumarsi le certezze che aveva fino a qualche tempo fa.

— Il filosofo francese non fa che attaccare duramente il governo italiano, adesso lo farà durante il suo spettacolo, ma lo fa anche in tv durante le sue interviste. Alla fine però non tiene conto del consenso popolare che ha questo governo. Lévy non vede la realtà dei fatti?

— È una mania compulsiva tipica dell’élite mondialista che adesso sta guidando anche questa Europa. Il tema vero non è il governo italiano o i numeri del governo italiano, ma il significato da dare alla parola democrazia. Per quelli come Lévy, la democrazia vale solo quando esprime i progetti politici che a lui piacciono; e i governi sono legittimi solo se seguono l’agenda politica della globalizzazione o sottostanno ai diktat imposti dalla tecnocrazia europea. In caso contrario diventano pericolosissimi covi di populismo e di razzismo.

Si arriva ad evocare fenomeni storici ormai scomparsi come il fascismo o si strumentalizzano preoccupanti ritorni come l’antisemitismo in Europa attribuendolo alle nuove spinte sovraniste mentre invece sappiamo che esso oggi è figlio dell’espansione islamica in Europa garantita dall’immigrazione incontrollata e dal fallimento del multiculturalismo. Ma la democrazia è una complessità non adatta alla semplificazione binaria di questi intellettuali, secondo cui «o la pensi come me o sei un pericolo per l’umanità». La verità è che quest’Europa è stata snaturata del suo impegno originario.

— Cioè?

— Era stata creata dai Padri fondatori come l’Europa delle patrie, delle nazioni che superavano le secolari ostilità per costruire un percorso comune di apertura nei confronti del mondo. L’Europa è stata trasformata invece in una sorta di mega apparato burocratico nelle mani di un’élite tecnocratica e finanziaria che governa a dispetto dei popoli e dei cittadini.

Questa situazione non vuole essere affrontata dall’élite di cui Bernard – Henry Levy è uno dei massimi rappresentanti intellettuali. C’è una sorta di negazione, di rimozione della complessità, come se il pericolo fosse lo spostamento di consenso dei cittadini, che invece è il valore della democrazia. L’abbiamo visto all’opera in questi ultimi anni anche nel nostro Paese, quando nel 2011 si consumò una vera e propria operazione di svuotamento della democrazia italiana con un attacco senza precedenti del sistema finanziario e tecnocratico portò all’abbattimento dell’ultimo governo eletto democraticamente dai cittadini, l’allora governo Berlusconi. Credo Lévy cerchi di difendere quello che lui ha sempre difeso, ovvero l’Europa delle élite.

— Recentemente anche Soros ha messo in guardia l’Europa contro i populismi e nazionalismi. Adesso Bernard – Henry Levy con “Looking for Europe” ritorna su questo tema. Perché fa così paura il cambiamento, quali interessi ci sono dietro?

— Secondo me al momento più che di interessi da difendere, c’è la paura di dover ammettere gli errori. C’è la difficoltà di riconoscere il fallimento della costruzione europea così com’è avvenuta negli ultimi 20-30 anni, con l’accentramento in una struttura burocratica di quelli che sono i meccanismi decisionali delle singole nazioni e con la perdita di sovranità delle singole nazioni democratiche.

C’è una chiusura a riccio del mondo intellettuale, ma anche dell’élite economica e dell’establishment politico europeo nei confronti della nuova consapevolezza che sta attraversando l’Europa trasversalmente. Quello che loro chiamano con disprezzo populismo, non è un movimento di destra o di sinistra, non è un nazionalismo di stampo novecentesco; nel suo insieme sono dei movimenti trasversali di cittadini che attraversano le vecchie categorie politiche: destra, sinistra, nazionalisti, socialisti. Un chiaro esempio sono i Gillet Gialli francesi; essi rappresentano la presa di coscienza, soprattutto della classe media dei paesi europei, dei ceti produttivi, delle categorie che sono più a rischio nei processi di globalizzazione, che questa costruzione europea sta fallendo e che non si vede più un futuro. Tutto ciò mette paura. Per questo sta avvenendo una giusta reazione a quello che non funziona. Loro cercano di conservare il potere che hanno mantenuto fino ad ora, è una dialettica normale in politica. Dall’altra parte ci sono movimenti sempre più di consapevolezza dei cittadini che cercano di cambiare lo status quo. È un fenomeno assolutamente normale.

— Perché secondo lei Lévy trova tutto questo spazio in Italia sui giornali e a teatro?

— Questa è una bella domanda… anche perché Bernard – Henry Lévy è uno dei personaggi più curiosi del mondo intellettuale europeo contemporaneo, è uno di quegli intellettuali che sta sempre in prima linea su tutte le battaglie sbagliate della storia. Non c’è una sola battaglia portata avanti da questo filosofo francese che non sia risultata sbagliata. Non dimentichiamoci che Bernard – Henry Levy è il grande menestrello delle guerre umanitarie, colui che ha sempre benedetto gli interventi ed i bombardamenti a tappeto dell’Occidente. È stato Lévy il teorico della guerra in Libia che ha prodotto il disastro geopolitico che noi stiamo vivendo in questo periodo anche con le conseguenze sul tema immigratorio. Lui è stato il grande sponsor intellettuale dell’aggressione alla Siria travestita da guerra civile, lui si recò personalmente a Kiev durante la rivolta in Ucraina per appoggiare i ribelli finanziati dall’Occidente al fine di destabilizzare uno Stato sovrano e un governo legittimo, accentuando da quel momento la contrapposizione folle tra Occidente e Russia.

Lui si è sempre schierato a favore della retorica dell’interventismo umanitario che ha prodotto spesso e volentieri la destabilizzazione ed hanno aumentato il terrorismo e la conflittualità fra i Paesi. Bernard – Henry Lévy fa parte di quell’élite di intellettuali di sinistra liberal che negli anni passati partiva dal marxismo e dal comunismo, e poi si è ripulita diventando l’élite intellettuale della tecnocrazia imperante e del potere tecno – finanziario.

Noi italiani lo conosciamo bene perché Bernard – Henry Lévy fu tra coloro che difese Cesare Battisti, il terrorista italiano di sinistra pluriassassino che solo adesso finalmente è stato estradato in Italia, ma che noi per 25 anni abbiamo inseguito, protetto prima dalla Francia e poi successivamente in Brasile. Bernard – Henry Lévy lo difese, nonostante quest’uomo fosse stato condannato dai tribunali italiani per 4 omicidi. Parliamo quindi di un personaggio che fa molta presa sulle élite, quindi è di gran lunga maggiore il suo peso simbolico nei confronti del suo reale potere di convincimento. È uno di quegli intellettuali che nella storia ha sbagliato tute le previsioni eppure ha il potere ancora di continuare a manipolare la verità complessa del nostro tempo.

Fonte: Sputniknews

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