“Un terremoto politico in arrivo in Europa”

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di Federico Cenci.

Intervista a Giulietto Chiesa: “Il dominio delle vecchie elite sulle masse sta finendo. Appare sempre più evidente a milioni di persone che la storia che viene raccontata loro non corrisponde alla realtà. Alle elezioni europee ci sarà un’ondata del cosiddetto populismo. E sarà la tomba dei partiti che hanno dominato fino ad oggi la scena politica del Vecchio Continente. Ma il cambio radicale è già in atto in ogni Paese europeo”

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Chissà che percentuali avrebbe raggiunto il vecchio Partito comunista italiano, se all’epoca della guerra fredda il voto fosse stato consentito soltanto alle persone più istruite. È noto, del resto, che i proletari rappresentavano un immenso serbatoio elettorale per chi si appuntava sul bavero falce e martello. Oggi che quel serbatoio è stato perforato dalla storia e che il vecchio elettorato comunista si è disperso in mille rivoli – molti dei quali inclinati a destra -, proprio negli ambienti progressisti occidentali sorge l’infatuazione classista di un ritorno al suffragio limitato per livello d’istruzione. Partendo da questo fenomeno, In Terris ha puntato i riflettori sulla crisi della democrazia e sui possibili scenari geopolitici futuri insieme a Giulietto Chiesa: già corrispondente dall’Urss, oggi direttore di Pandora Tv, è fortemente critico nei confronti del potere dlle elite e dei media mainstream.

Cosa pensa dell’idea di tornare al suffragio limitato per livello di istruzione?
“Stiamo assistendo a una crisi di nervi delle vecchie elite che hanno dominato il mondo lo scorso secolo, perché hanno perso il controllo delle grandi masse popolari. Prima hanno reso ignoranti milioni di uomini in Occidente imbonendoli con la tv, ora che queste masse hanno deciso di non aderire più ai partiti dell’establishment, valutano di non farle più votare”.

Come è stato perso il controllo delle masse?
“Il punto è che la situazione nel secondo dopoguerra e poi ancora nei primi quindici anni del nuovo millennio è molto peggiorata sotto il profilo sociale. E a questo si è aggiunta una sorta di dissonanza cognitiva che ha coinvolto milioni di persone. Cioè appare sempre più evidente a milioni di persone che la storia che viene raccontata loro non corrisponde alla realtà”.

Il cambio di paradigma politico corrisponde a una crisi dei grandi organi d’informazione…
“È evidente. Ricordo che una corrispondente Rai da New York, durante una diretta dopo l’elezione di Trump, si è lasciata sfuggire che ‘le cose che sono state scritte e dette’ non hanno influito sull’elettorato che ‘ha creduto a Trump e non alla stampa’. Dunque, ha detto chiaramente che la stampa prima influiva sull’opinione pubblica e ora ha perso questa capacità di persuasione”.

Quanto ha contribuito internet a questo processo?
“Moltissimo. Internet ha mostrato che esistono altre fonti di informazione. Quindi da una parte abbiamo un sistema comunicativo di massa ormai planetario che racconta un’unica realtà – dai film di Hollywood alla cronaca nera – e che ha l’obiettivo di tenere incatenate le persone davanti allo schermo dello smartphone o della tv; dall’altra c’è una moltiplicazione di fonti di informazione che però non è univoca, ma sufficiente per creare una grande inquietudine collettiva. A tal proposito mi permetterei di citarmi…”.

Prego…
“Recentemente ho scritto un libro su Putin (Putinfobia, ed. Pickwick, 2017) nel quale ho intitolato un capitolo ‘Quando i cani guaiscono’, cioè lo fanno quando il terremoto è in arrivo. Ecco, io paragono il guaito dei cani a quanto sta avvenendo a milioni di persone in Occidente: uno stato di inquietudine collettivo dovuto alla percezione di un terremoto politico in arrivo”.

In Europa il terremoto politico arriverà a maggio?
“A meno che non avvengano episodi di una gravità enorme, che spaventino la popolazione, come ad esempio la minaccia di una guerra, o grandi operazioni terroristiche, alle elezioni europee ci sarà un’ondata del cosiddetto populismo. E sarà la tomba dei partiti che hanno dominato fino ad oggi la scena politica del Vecchio Continente. Ma il cambio radicale è già in atto in ogni Paese europeo. Nell’Est, dove la gente non era abituata al sistema democratico, una volta caduti i regimi detti comunisti, c’è stato il vuoto e ora c’è la ricerca di nuovi leader e nuovi partiti, come dimostrano i casi di Ungheria e Polonia. Qualcosa di analogo sta avvenendo in Italia: crollato il sistema della seconda repubblica, gli elettori hanno premiato il M5s, un partito che non esisteva nemmeno, e la Lega, un piccolo partito che andava a rimorchio di Forza Italia. Non è esente da questa logica la Francia: la vittoria di Macron è un episodio della stessa serie, ma che ha consentito alle élite di parare il colpo, un candidato creato solo per compattare la popolazione contro un pericolo fascista che in realtà non esiste. Ho parlato dell’Europa, ma lo stesso è avvenuto negli Stati Uniti: Trump ha vinto le presidenziali sbaragliando tutti, nonostante avesse l’establishment e praticamente tutti gli organi d’informazione contro”.

Non ha citato la Germania. Ritiene che lì i vecchi partiti stiano resistendo all’ondata populista?
“No, ormai sta cadendo anche il baluardo tedesco: i socialdemocratici sono in grossa difficoltà e i cristiano-sociali non se la passano tanto meglio. È solo che l’ondata è arrivata in ritardo, perché essendo la Germania un Paese ricco, un Paese guida dell’Europa, gli effetti della crisi politica e psicologica sulla popolazione sono arrivati più lentamente”.

Questi scenari segnano una nuova fase storico-politica. A suo avviso è necessario ripensare le istituzioni democratico-rappresentative?
“Sicuramente. Queste istituzioni ormai esistono solo sotto forma di cerimonia. Non esistono più i partiti di massa, che erano la colonna portante della democrazia rappresentativa”.

Quale può essere un’alternativa realistica?
“Difficile dirlo. Prima di tutto va fatto un ragionamento: finora il potere mediatico è stato in mano alle vecchie elite che hanno diffuso un messaggio omologante, ora i popoli devono trovare i mezzi per riappropriarsi dell’informazione e della cultura di cui sono stati privati. Dunque, se ci sono forze in grado di organizzarsi intorno a un programma, devono concentrarsi su questi temi: cultura, educazione, informazione, vivere civile e sostituzione dei valori della più aggressiva competizione con la solidarietà. Bisogna tornare indietro, recuperare la storia, perché una delle ragioni più drammatiche del crollo di una visione sociale-collettiva è che non c’è più memoria del passato, che è stata cancellata dalla testa della gente. Bisogna tornare ad essere conservatori e ricostruire la morale collettiva”.

Fonte: Interris

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