Paté di sinistra affumicata

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di Marcello Veneziani.

La sinistra presente mi ricorda il brodo alla griglia di Antonio Albanese. Una pietanza surreale, un’entità inconcepibile. Da giorni, che dico da giorni, da mesi, la sinistra si spacca e invoca l’unità, avvia trattative e miete scissioni, annuncia coalizioni e subisce defezioni, senza sosta.

Ridotta all’osso è ricorsa a Fassino, nel vano tentativo di quadrare il cerchio o di cerchiare il quadro. Ma un mediatore così ossuto non bastava; e così – sentendo in giro aria di mummie rianimate – ha riesumato la salma mortazza di Romano Prodi, che visse nella stessa era geologica berlusconiana, di cui fu competitore vincente ma poi governante di breve durata.

Il vintage si è spinto fino a Walter Veltroni, che nel frattempo ha seminato di suoi capolavori il cinema, la tv e l’editoria, facendo così rimpiangere il tempo in cui era impegnato in politica.

Dietro questi tentativi di ricomposizione di un cadavere morto già tre volte – come Pci, come Pds, come Ds – c’è un fine palese e uno occulto: rifare l’Ulivo e commissariare il ducetto del Pd, alias Matteo Renzi, metterli addosso balie, museruole e badanti in modo da ricondurlo dentro l’alveo del partito e del centro-sinistra.

La speranza è che alla fine si patteggi su Gentiloni.

Intanto, non si mettono d’accordo nemmeno sull’arbitro, faranno le primarie anche sul garante. Così, per restare all’immaginifica gastronomia da cui siamo partiti, assistiamo al patè di sinistra sia nel senso di una pappa tritata sia nel senso di un patetico rimasuglio.

Un patè d’ulivo, affumicato nei residui dell’ideologia. Poi il resto del menù è noto: vellutata di Gentiloni, bollito di Grasso, faraona di Boldrini, costine di Fassino e mousse di Pisapia. Fuori menu Bersani trifolato e D’Alema salmonato.

L’unico vero collante dello scombinato menu è l’autoconservazione e l’allarme perché il Berlusconi restaurato diventi restauratore e il Grillo-movimento diventi Grillo-regime. Ma il problema vero è che il centro-sinistra egemone nelle istituzioni, in video e nella cultura, è in realtà la terza forza in campo, dopo il centro-destra e i grillini.

Rischia di finire marginale, come in Sicilia e a Ostia, anche se detiene tutte le cariche istituzionali (papato incluso) e un poker di presidenti – al Quirinale, a Palazzo Chigi, a Palazzo Madama e a Montecitorio – per un partito di forte minoranza.

Nell’attesa, tutti i leader di sinistra si cimentano a scrivere libri, romanzi, testamenti. Dietro uno scrittore di sicuro insuccesso si nasconde un politico finito.

Tra tutti i politici che scrivono libri primeggia l’opera di Veltroni. A parte il plagio evidenziato da Crozza – il critico letterario più adeguato a recensire l’opera – la trama ha qualcosa di patetico e ridicolo al tempo stesso: un compagno, ai funerali di Berlinguer nel 1984, viene colpito dall’asta di una bandiera, entra in coma e si risveglia trent’anni dopo.

Così vede il mondo diviso in due ere, avanti Cristo, inteso come Era Berlinguer, e dopo Cristo, inteso come Era dopo il Comunismo. C’è imbarazzo solo a riferirla…

Ma vedrete, anche questa volta si troverà un Baricco o una Dacia Maraini che lo paragonerà a Dostoevskij.

Eccolo, il Veltroneskij in mezzo a una corte di cialtroneschi.  Non fai in tempo a sconfortarti per il centro-destra o per i grillini che arriva la sinistra a rincuorarti: se è difficile scegliere il male minore, in compenso è facile capire dov’è il male peggiore.

MV, Il Tempo 20 novembre 2017

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