Charlie Gard non è “morto”, è stato “ucciso”, e ciononostante “vive”

gard_charlie

di Stefano Fontana.

Charlie non è morto, è stato ucciso. Si è trattato di un chiaro caso di eutanasia infantile praticata su un disabile per il fatto che è disabile. Uccidere diventa un dovere imposto dallo Stato rispetto al quale non è ammessa obiezione di coscienza e perfino ai genitori del piccolo viene tolto il diritto di parola. E’ l’atto di uno Stato totalitario e oppressivo, che si può permettere di fare questi orrendi crimini perché ha da tempo narcotizzato le coscienze

****************

Tutti i telegiornali di ieri sera 28 luglio 2017 hanno parlato della morte del piccolo Charlie Gard. Tutti hanno adoperato espressioni come: “è morto”, “ha concluso la sua vita”, “se ne è andato il bambino che aveva commosso il mondo”. Nessuno, dico nessuno, che abbia raccontato come è morto. Charlie è stato sottratto ai genitori, ai quali non è stato nemmeno concesso di portarlo a casa per evitare che poi non spegnessero la macchina che lo tiene in vita ventilandolo, è stato condotto in un hospice per malati terminali rimasto ignoto affinché l’operazione non fosse disturbata da manifestazioni o dalla presenza della stampa (la quale stampa si è ben guardata dal protestare per questa mancanza di trasparenza comunicativa per la cui causa invece si straccia spesso le vesti), e lì, in quel luogo solitario al bambino, lasciato solo e abbandonato per legge da tutti, è stato spenta la ventilazione. E’ morto solo, senza la mano di sua mamma a tenere la sua, in una anonima e sconosciuta sala di ospedale, mentre qualcuno per decreto statale premeva un bottone.

Ma nessuno del mondo della comunicazione ha raccontato la verità che, anche in questo caso come sempre, consiste nella realtà delle cose. La gente si è magari commossa al pensiero del bambino affetto dalla grave malattia, ma non si è commossa per il modo in cui si è decretata e attuata la sua fine.  La gente ha troppe cose da fare. Eppoi non sono cose che vanno lasciate alla coscienza personale? E’ stata questa la motivazione che ha indotto i consiglieri comunali di Trieste che siedono su banchi dell’opposizione a non appoggiare la mozione dii solidarietà con Charlie e di dissociazione dalla sentenza eutanasica. Per l’indifferenza o chissà quale altro motivo, la maggioranza ha impiegato ben 17 giorni per accendere le luci blu su un monumento di Trieste in solidarietà con Charlie: le luci si sono accese appena il giorno prima della sua uccisione. Sono tutte forme di indifferenza che pagheremo, anzi che già stiamo pagando. Perché in quella spoglia saletta di quell’oscuro hospice è stata aperta un’altra grande breccia di Porta Pia a favore della “cultura della morte”, come diceva una nota espressione di Giovanni Paolo II che oggi anche nella Chiesa è in via di dimenticanza. Quante mobilitazioni ufficiali del mondo cattolico avete visto sul caso Charlie? “Ci alzeremo in piedi”, aveva detto il Santo Papa, ma per Charlie quanti si sono alzati in piedi?

Charlie non è morto, è stato ucciso. Si è trattato di un chiaro caso di eutanasia infantile praticata su un disabile per il fatto che è disabile. Un atto eutanasico imposto dalla legge e dallo Stato come applicazione di un orrendo dovere. Uccidere diventa un dovere imposto dallo Stato rispetto al quale non è ammessa obiezione di coscienza e perfino ai genitori del piccolo viene tolto il diritto di parola. E’ l’atto di uno Stato totalitario e oppressivo, che si può permettere di fare questi orrendi crimini perché ha da tempo narcotizzato le coscienze e, nella indifferenza, nessuno si fa più carico della lotta. L’atto ignobile di uno Stato che falsifica la verità ormai sistematicamente e dice che Charlie è morto, mentre invece è stato ucciso.

Fonte: Vita Nuova Trieste

Print Friendly, PDF & Email
Se questo articolo ti è piaciuto, condividilo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

tredici − 3 =