Lo scorso 7 aprile, la rete di volontariato “De Relationibus”, costituita da cinque associazioni onlus (ABIO, ASTED, AVO, “Insieme per l’HOSPICE Di Magenta”e “Le stelle di Lorenzo”), in collaborazione con l’Università del Magentino, ha organizzato un incontro sulle motivazioni del volontariato.
Questo convegno ha inteso risvegliare la riflessione sulla
necessità di rimettere in moto un’educazione propositiva in merito alla trasmissione dei valori.
Secondo don Michele Aramini, cappellano della Liuc, «abbiamo perso la forza di coinvolgere i giovani. Forse gli adulti hanno cambiato l’approccio con cui fanno volontariato: sono insorti il bisogno di riconoscimento e le prevaricazioni. Non dobbiamo rassegnarci, bensì interrogarci criticamente ed invertire il trand culturale».
È un dato di fatto che, nonostante la presenza di molti giovani impegnati nel sociale, il volontariato tenda a riguardare soprattutto il mondo adulto, poiché, in una società che si sta sempre più mercatizzando, questo non è più di moda. Il professor Aramini trova che siano due le cause di questa situazione: «la nostra società propone due idoli: il divertimento, e quindi la soddisfazione immediata, e l’autorealizzazione, intesa come autosufficienza. La posizione di tanti ragazzi è questa: “io cosa c’entro con gli altri?”». È infatti la stessa concezione della persona umana ad essere in mutamento: «oggi si parla di “individui autoreferenziali”, ma la persona non si realizza da se stessa, senza relazioni!».
Anche secondo il dottor Giuseppe Rescaldina, psicologo psicoterapeuta, la socializzazione è un aspetto fondamentale del vivere, soprattutto oggi in cui siamo tutti di corsa: «è talmente importante stare con gli altri che a volte consiglio il volontariato come terapia. Infatti, grazie al gruppo c’è il confronto».
Continua don Aramini: «Ognuno di noi può vivere in quanto frutto di una cura permanente ricevuta: facendo volontariato restituisco quello che mi viene continuamente donato. La neutralità non esiste moralmente: la scelta di fare del bene è una scelta che va a toccare l’identità perché o onori la tua umanità oppure ti approfitti di un dono». Rescaldina aggiunge infatti che non è educativo insegnare ai ragazzi a non fare semplicemente del male: «educare è educare a fare. Non fare del bene è già male». Secondo lo psicologo, è la parte di noi maggiormente legata all’emotività che deve muoverci in questa direzione, ma la passione che viene da dentro deve poi tramutarsi in azione, legandosi ad etica e razionalità.
Le associazioni volontaristiche costituiscono la linfa del territorio italiano e forniscono un valido aiuto alle istituzioni. Questa ricchezza non deve andare persa; spiega infatti Aramini: «Alla base della concezione cristiana vi è l’idea della custodia e della cura. Le altre culture sono fataliste, parlano di “armonia” come benessere psicologico, ma non possiedono quel sentire del servizio fraterno reciproco che rappresenta invece un’originalità tutta cristiana».
Capiamo dunque che la decisione di intraprendere un percorso come il volontariato non è tanto una questione di scelta momentanea e passeggera, ma la risposta alla domanda sul proprio destino umano: «avere un’identità donatrice significa generare pace e speranza: la vera realizzazione avviene attraverso il dono di sé».
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