Se l’indignazione è solo per Babbo Natale

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Vietato criticare Babbo Natale. Ignoriamo chi abbia stabilito il divieto, ma sappiamo che c’è, come dimostra la polemica scoppiata in un comune vicino a Monza dove durante l’omelia, alla vigilia di Natale, il parroco se l’è presa con Babbo Natale definendolo – così riferiscono le cronache – «ciccione ubriacone inventato dalla Coca-Cola per simboleggiare il consumismo durante feste che un tempo erano considerate sacre»; una puntualizzazione che non è piaciuta ai fedeli di Villasanta, alcuni dei quali quasi insorti. Papera? Errore? Inopportuna sfuriata? E’ lecito discuterne. Quel che è certo è praticamente tutto quel che quel parroco ha detto, a parte l’oscuro richiamo all’alcolismo, corrisponde al vero: Babbo Natale, per com’è raffigurato, appare decisamente fuori forma, l’abito rosso che indossa è effettivamente un “regalo” della Coca-Cola e non c’è dubbio alcuno sul suo ruolo – suo di Babbo Natale, non del vestito – anche commerciale.

Più opinabile appare invece la scelta del parroco di accanirsi sul personaggio barbuto a poche ore dal Natale, per giunta, immaginiamo, alla presenza di diversi bambini, i soli a stravedere per questa figura prima di scoprirne la reale identità e di seppellirla fra i sogni dell’infanzia. Più saggio, forse, sarebbe stato un richiamo a san Nicola (270 – 343), il vescovo sulla cui storia è stato costruito, molti secoli dopo, il mito di Babbo Natale. E ancora meglio, probabilmente, sarebbe stato concentrare l’omelia intera su Gesù Bambino, vero protagonista dell’evento natalizio. E’ probabile, dunque, che il parroco abbia sbagliato a condire la propria omelia con quell’appassionata critica verso Babbo Natale, per quanto, come abbiamo poc’anzi ricordato, non fosse infondata. Detto questo, c’è francamente di che meravigliarsi per il clamore suscitato da questo caso rimbalzato fino ad attirare, pensate, l’attenzione dei quotidiani nazionali.

Non che ai fedeli spetti il compito di dare pagelle alle prediche, intendiamoci. Chi però frequenta la chiesa – e magari ha la possibilità, viaggiando, di partecipare a svariate messe e di ascoltare altrettanti parroci – sa bene, pur fra tante celebrazioni impeccabili, quali imprecisioni, sbavature e in qualche caso quali errori, oggi, a volte vengano gioiosamente serviti nelle omelie senza che nessuno, fra i fedeli, trovi a Messa finita il coraggio d’indignarsi. E così chissà quante fra letture scorrette del messaggio cristiano, travisamenti buonisti e talvolta divagazioni al limite dell’eresia sono passati sotto silenzio, o quasi. Invece chi tocca Babbo Natale, per quanto maldestramente, muore o comunque finisce nell’occhio del ciclone. Oso osservare come questo scenario, con la sacralizzazione di ciò che sacro non è, e l’incapacità di denunciare errori clamorosi quando non veri e propri abusi liturgici, dovrebbe allarmarci di più di tutto il resto. Inclusa la reputazione di un signore che, fra l’altro, neppure esiste.

giulianoguzzo.com

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