Esplosioni di male, siamo tutti a rischio?

vulcanoLa tragedia di Motta Visconti con un padre di famiglia che ha falcidiato moglie e figli, l’arresto del muratore di Bergamo che probabilmente seviziò e uccise Yara nel lontano 2010, infine l’uomo di 34 anni che a Cinisello Balsamo accoltella e uccide alla cieca. Sono queste le terribili notizie che ci stanno accompagnando in questi giorni. Storie di ordinaria follia.

La spiegazione che va per la maggiore è proprio quella dello squilibrio che in qualche forma deve aver attraversato la mente dell’assassino di turno. Si va alla ricerca di un assurdo perchè.

Nascondersi dietro la follia, dietro la malattia psichica o la sofferenza psicologica, forse mette un po’ il cuore in pace, allontana quella nube scura che aleggia di fronte a queste impensabili realtà. Ma non basta. E non serve nemmeno andarsi a ficcare dentro tutti i dettagli del caso, rapiti come se fossero pagine di un thriller di successo. Perchè qui i protagonisti sono persone reali, tremendamente reali, e per questo meritano almeno il pudore del silenzio.

Cosa può spingere un giovane papà a far fuori la moglie e i suoi due bimbi con lucida ferocia? Cosa fa agire impietosamente sul corpo di una tredicenne? Umanamente è pressoché impossibile rispondere. Almeno in apparenza.

Guardiamoci intorno. Queste esplosioni di male assomigliano molto alle eruzioni di un vulcano. C’è sempre un’attività magmatica che ad un certo punto esplode in eccessi violenti, pericolosamente spettacolari come un eruzione. Piccole e grandi invidie, insopprimibili desideri proibiti, avide corruzioni, maldicenze gratuite, tutto questo abita intorno a noi e, chi più, chi meno, tutti cooperiamo all’attività di questo vulcano che borbotta. Quando la temperatura sale oltre il livello ecco che, in un qualche punto, il vulcano esplode in tutta la sua malcelata potenza distruttiva.

Oggi esplode qui, domani chissà. Potrebbe toccare ad ognuno di noi, c’è qualcuno che si può ritenere fuori dal rischio? Siamo tutti uniti da questo borbottio del male che sentiamo intorno e dentro di noi. E’ il mistero del male, la muraglia più alta contro cui sbattono il naso anche i tentativi dell’uomo di dare un senso alla vita.

Dentro la mente  e il cuore dell’uomo c’è un abisso insondabile che, per quanto si sforzino, nemmeno le moderne scienze riescono a spiegare fino in fondo. La capacità di amare o di odiare, con tutte le variazioni del caso, rimane un mistero. S. Paolo diceva che sentiva in sé il desiderio di bene, ma per quanto si impegnasse, si ritrovava spesso a fare il male. Siamo tutti dentro quel vulcano che borbotta in continuazione.

Il problema semmai è quello di non esser più capaci di sentire il rumore del borbottio, soprattutto quando abita nel nostro cuore, quando siamo noi a far aumentare la temperatura. Ci sentiamo troppo spesso onnipotenti, unici signori di noi stessi, incapaci di dare valore alle nostre azioni.

Non possiamo spegnere il vulcano con secchiate d’acqua, ma possiamo riconoscerlo e provare di non alimentarlo. Per farlo sarebbe sufficiente accettare che in fondo al cuore c’è una ferita, quella che – per dirla con S. Paolo – ci spinge spesso a fare il male.

Anni e anni di ateismo, e poi di agnosticismo libertino, non hanno per nulla ridimensionato la potenza esplicativa della teologia del peccato originale. Da Adamo ed Eva in poi siamo rimasti prigionieri del frutto dell’albero del bene e del male, abbiamo voluto decidere da noi cosa è bene e cosa è male, pensando di diventare come Dio. In realtà la storia, la vita, ci raccontano che siamo diventati preda delle nostre terribili miserie, delle nostre voglie, delle nostre oscurità.

Per non alzare la temperatura del vulcano però si può provare ad alzare gli occhi al Cielo: “Pater noster…libera nos a malo”. (La Voce di Romagna, 20/06/2014)

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