“Un matrimonio”: un film molto apprezzato e che rivela l’attaccamento degli italiani alla famiglia tradizionale

Si conclude questa sera la messa in onda di Un matrimonio, un lungometraggio del regista bolognese Pupi Avati che Rai 1 ha trasmesso in sei puntate.
Recentemente Marianna Ninni – su La Nuova Bussola Quotidiana – ne riassumeva la trama con queste parole: “È il giorno delle nozze d’oro per Francesca e Carlo Dagnini e mentre i due ripercorrono la navata sulle note della marcia nuziale e sotto gli occhi commossi di tutti i figli, Anna Paola Dagnini comincia a raccontare la loro storia. Catapultati a Sasso Marconi nel 1948 facciamo subito la conoscenza della giovanissima Francesca (Micaela Ramazzotti) che in una gita al fiume si innamora a prima vista di Carlo (Flavio Parenti). Inizia così la travagliata avventura di due ragazzi che, pur appartenendo a due mondi sociali diversi, sono in cerca delle stesse cose. Lei è figlia di una famiglia popolare mentre lui è il figlio benestante di un produttore di camicie ormai in fallimento e con il triste vizio del gioco. I due ragazzi si conoscono per caso quando Francesca inizia a lavorare come commessa nel negozio del padre di Carlo. Da lì in poi non mancheranno le occasioni per approfondire la loro conoscenza e per cominciare a costruire un rapporto che cresce e matura in quel periodo storico segnato da numerosi cambiamenti sociali e culturali che hanno caratterizzato il nostro Paese. I 50 anni d’Italia scorrono sullo sfondo e sono raccontati sempre attraverso le vicende dei diversi protagonisti che circondano Carlo e Francesca”.

Un matrimonio di Pupi Avanti è un inno alla famiglia tradizionale, alla fedeltà, alla stabilità, all’amore capace di andare oltre il sentimentalismo… tutti valori che nella società odierna sono sempre più bistrattati, in nome della libertà e del relativismo.

Ma siamo sicuri che la gente comune sia veramente a favore dei registri delle unioni civili, del cosiddetto ‘matrimonio omosessuale’, del divorzio breve, dell’utero in affitto e via discorrendo? O forse queste istanze hanno tanto audience solamente in quanto veicolate da lobby potenti, ma nella realtà non rispecchiano il pensiero della maggior parte degli italiani?
Questa è l’idea che si è fatto il regista Avati, che in una lettera inviata al Direttore del Corriere della Sera ha scritto: “Questa straordinaria opportunità offertami da Rai Fiction [di mandare in onda Un matrimonio, ndr] si è tramutata in una cartina di tornasole, rivelandomi una porzione del Paese insospettabile. Dai segnali di apprezzamento pervenutici si evince un desiderio diffuso di rassicurante normalità, emerge un Paese formato da migliaia di famiglie ahimè troppo ‘ordinarie’ perché qualcuno avverta il dovere di dar loro voce. Famiglie non accumunate da una stessa identità politica, ma certamente da una stessa identità morale. Famiglie che hanno resistito e ancora resistono ai tanti violentissimi attacchi di chi tenta irresponsabilmente di minarne la compattezza. […] la risposta non ci viene solo da coloro che possono essersi riconosciuti [nella storia del film, ndr] per ragioni anagrafiche, ma anche da moltissimi giovani che esprimono la stessa necessità di punti di riferimento rassicuranti. […] La famiglia italiana, restituita alla sua centralità, è il nostro patrimonio autentico. Affermarlo con azioni concrete è imprescindibile nei riguardi di un auspicabile new deal“.

La rinascita dell’Italia non può che passare dalla famiglia.
Famiglia intesa quale luogo della generazione della vita. Famiglia intesa quale sorgente primaria dell’educazione ai valori del vivere comune, desunti dalla grande storia del cristianesimo. Famiglia intesa quale cellula stabile e sicura, dove poter maturare la propria identità. Famiglia intesa quale istituto in grado di dare radici e, nel contempo, di slanciarsi con speranza nel futuro

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