Un’estate senza sole e senza musica

di Camillo Langone

Non c’è estate senza canzone dell’estate e allora questa per me non è veramente estate. Ci sarebbe, è vero, “Get lucky” dei Daft Punk. Ma io per vivere una gloriosa estate italiana ho bisogno di una canzone italiana contenente le parole sole e amore (obbligatorie), onde, pineta e sale (facoltative). Una canzone che mi sia metronomo del cuore.

Non avendone individuata nessuna che facesse al caso, e temendo che la colpa sia delle orecchie logore, o della mania che mi ha preso per la musica elettronica, fra l’altro quasi sempre inglese, chiedo aiuto alle amiche subtrentenni. Alle amiche perché agli amici sarebbe un po’ difficile, non ne ho o se li ho manca la confidenza, mai vorrei mostrarmi così pateticamente adolescente a un altro maschio.

Alle subtrentenni perché per la maggior parte delle persone la musica è colonna sonora della biologia, il repertorio si ferma alla decade dei baci e delle camporelle, passata la quale chi si è ascoltato si è ascoltato, e da lì non ci si schioda. Sono rare le trentenni, rarissime le quarantenni, rarerrime le cinquantenni capaci di sognare con canzoni nuove.

Purtroppo anche fra le subtrentenni spuntano nostalgiche convinte che le canzoni di una volta fossero migliori. Di una volta ovvero? Degli anni Zero, pare, ma non approfondisco per non essere tentato di cassare anche le ventenni dando ragione a Gabriel Matzneff, spericolato cantore contemporaneo della “giovin principiante” (che vent’anni, di solito, ancora non ha).

Ausilia e Alessandra segnalano due diversi brani dell’ultimo disco di Gianna Nannini: magari sono perfino belli, non lo so e continuerò a non saperlo perché per me l’estate è la stagione dell’amore fra un uomo e una donna. Giuseppina un pezzo di Fabri Fibra, tizio col corpo sporco di tatuaggi e i testi unti di parolacce, mentre io sono un signore elegante. Ben sei amiche citano Marco Mengoni: Maura fierissima del suo beniamino truccato, altre quattro non così esaltate ma pur sempre convinte di non far nulla di male e una soltanto, Monica, dubitabonda. Addirittura confessa di vergognarsi un po’ e vorrei perdonarla perché la consapevolezza della colpa è già in parte espiazione.

Altre sei nominano Jovanotti, quasi tutte riferendosi a “Ti porto via con me”. Chiudo gli occhi sul cantante per aprire le orecchie sul cantato, sguaiato: capisco che possa piacere a una ragazza, in fondo è la storia di un moderno principe azzurro che anziché sul cavallo bianco rapisce l’amata “su ali fatte di musica”. Il ritmo non manca, purtroppo abbondano anche le tastierate di Benny Benassi che sembrano colpi di motozappa. Invece Silvia raccomanda “Tensione evolutiva”, suoni migliori e parole peggiori che prendono spunto da una degradante superstizione ottocentesca: “Siamo stati pesci e poi rettili e mammiferi / abbiamo scoperto il fuoco e inventato i frigoriferi”.

Sette segnalazioni sette assomma “Sotto casa” di Max Gazzè, canzoncina saltellante dal testo ambiguo, non capisco se antisettario o proprio anticristiano. E comunque, qualsiasi cosa sia, non è una canzone d’amore. Le ragazze più sognanti evocano Cesare Cremonini: “La nuova stella di Broadway” sì che è una canzone romantica, con notevoli aperture melodiche e versi raggianti (“E chi non ha mai visto nascere una dea, / non lo sa, che cos’è la felicità”) ma è uscita nella primavera del 2012, diamine. Neffa e Baustelle mi fanno venire in mente estati ancora più passate e morte. Niccolò Agliardi mi sembra Fossati, Raphael Gualazzi Billy Joel, Antonio Maggio Celentano, e io voglio un’estate originale. Alex Britti e i Modà mi sembrano nient’altro che Alex Britti e i Modà, e io abito in centro. Max Pezzali mi mette tristezza, i Marlene Kuntz sonno.

Silvia (un’altra Silvia) mi preoccupa scegliendo “Ho il cazzo come” dei Lolocaust. Elisa mi spaventa preferendo Baby K, ragazza feroce a cominciare dai titoli: “Killer”, “Primo round”, “Sparami”, “Femmina alfa”… Isabella vota “Fino all’estasi” di Eros Ramazzotti che non sarebbe male se non ci fossero le parole di Eros Ramazzotti e la voce di Eros Ramazzotti. Anna mi invita all’ascolto dell’ennesimo rapper turpiloquente, Fedez. La sua “Cigno nero” ha un ritornello disperante: “Il tuo nome è stato scritto a matita / per poterti cancellare una volta finita”. Come si può vivere l’estate con simili presupposti? Tutto ha una fine, non c’è bisogno che lo spieghi Fedez, ma non si può cominciare nulla senza immaginarsi di inaugurare un’eccezione.

Concludo ascoltando “Collider” di Jon Hopkins che non è una canzone e non è italiana ma se nessuno quest’estate è riuscito a dare una veste nuova alle eterne parole del successo da spiaggia, io che ci posso fare. Mi preparo a vivere un’estate senza cuore.

Fonte: Il Foglio.it, 13/07/2012

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