Dove sono finiti i cattolici? Sciolti nella marmellata.

Per la prima volta nella storia della Repubblica abbiamo un Presidente al secondo mandato. Qualcuno ha scritto che si tratta del “comunista che salvò l’Italia”, qualcun’altro lo avrebbe voluto nonno a tempo pieno, ma i grandi elettori non hanno saputo far altro che rieleggere Giorgio Napolitano.

Da questa vicenda emerge la disfatta del Pd, un partito attraversato dalle contrapposizioni di varie conventicole, dagli ex-margherita, fino al rottamatore toscano, passando per Massimo D’Alema e company. La base del partito però ha mostrato di essere assolutamente di sinistra, anzi con qualche tentazione grillina, mentre la dirigenza sembra ancora intenta nella realizzazione della “fusione a freddo” tra un certo cattolicesimo e gli ex-comunisti.

La bocciatura di Prodi al Quirinale è stata il colpo finale, mostrando che la “fusione” non è stata per niente metabolizzata: basta fare un giro nelle feste dell’Unità, o nelle amministrazioni locali, lì dove uomini dell’una e dell’altra anima convivono, per rendersi conto che spesso lo fanno a denti stretti, quando non sgambettandosi allegramente.

Devo riconoscere che provo maggior simpatia per gli ex-comunisti che, dopo la caduta del muro, dovevano pur trovare una strada per sopravvivere, mentre la scelta degli ex-democristiani del Pd mi sembra a fine corsa. Dopo la bufera di questi giorni vedremo se il Pd riuscirà ad evitare spaccature, in un certo senso però sarebbe un operazione di chiarezza, soprattutto per ridefinire lo scacchiere dei cattolici in politica. Chissà che non possa finire lo strano balletto sui cosiddetti valori non negoziabili (vita, famiglia, educazione) che sembrano non interessare nessuno. Ad onor del vero anche a destra.

Eppure in Francia, sulla questione del matrimonio omosessuale, qualcuno comincia a parlare di un ’68 a rovescio, vista la ingente e incessante mobilitazione di piazza a difesa della famiglia naturale. I parlamenti europei sembrano sordi: quasi tutti di stampo radical-chic, dicono di pensare al lavoro e ai nuovi poveri, ma intanto mettono ai primi posti dell’agenda politica le questioni riguardanti il matrimonio e l’adozione per persone dello stesso sesso e l’eutanasia. Va a finire che anche su un eventuale ’68 a rovescio arriveremo in ritardo, pochi riescono ad ammettere il nesso tra crisi antropologica e crisi socio-economica. In particolare nel cattolicesimo democratico, laddove i valori non negoziabili si preferisce relegarli alla sfera privata.

Quest’anno ricorrono i 100 anni dalla nascita di don Dossetti, nella sua storia si possono trovare le tracce per capire questa situazione. L’idea di una Chiesa intimistica, silenziosa, lontana da ogni dimensione sociale e politica, è l’unica Chiesa che, secondo Dossetti, può abbracciare l’ineluttabile avanzata della post-cristianità. In questa prospettiva l’adeguamento della Chiesa alla realtà post-cristiana si sostanzia nell’abbraccio politico-culturale con il mondo comunista, così da una parte il comunismo avrebbe aiutato la dissoluzione della Chiesa istituzionale, mentre in politica avrebbe rafforzato un senso forte delle istituzioni, basato sulla stella polare della Costituzione.

A ben guardare questa rappresentazione del dossettismo sembra essersi realizzata proprio nel Pd, ma la Chiesa istituzionale è di là da morire e l’abbraccio con il mondo post-comunista si mostra politicamente sempre più debole.

Siamo sul viale del tramonto di un’utopia? Nella marmellata del centro-sinistra si perde il sapore cattolico. Purtroppo va detto che i cattolici sono sempre più irrilevanti anche a destra. Verrebbe da dire: dove sono finiti i cattolici?

Rosy Bindi ha scritto che per essere fermento i cattolici “devono accettare la contaminazione”, peccato che a furia di contaminarsi non si capisca più dove sta la differenza. (La Voce di Romagna, 24/04/2013)

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