Contratto sociale

Il 21 giugno, intervenendo alla cerimonia per il 238° di fondazione della Guardia di Finanza, fra le altre cose Mario Monti ha detto che “l’evasione fiscale mina il patto tra Stato e cittadini”.
Probabilmente molti filosofi della storia e della politica troverebbero da ridire sentendo descrivere lo Stato come un’entità distinta dai cittadini e replicherebbero che i cittadini sono lo Stato e metterebbero in campo, in luogo del patto montiano, il contratto sociale, che, al di là delle definizioni del Rousseau, che in realtà hanno soltanto reso confuso un concetto altrimenti chiaro, è un patto fra cittadini, cioè fra eguali senza interventi di entità superiori..
Tuttavia i filosofi hanno torto e Monti ragione, perché, soprattutto oggi, la situazione è esattamente quella da lui descritta. Da una parte la grande massa dei cittadini, dall’altra lo Stato, che si materializza o s’incarna nelle oligarchie che, essendosi assicurate in esclusiva l’esercizio del potere, parlano, decidono, impongono in suo nome e quando ne avvertono la necessità, in particolar per scongiurare il rischio della protesta non più controllabile contro una casta eccessivamente chiusa e impenetrabile, scelgono gli uomini (e le donne) da cooptare, dopo adeguato tirocinio, nelle proprie fila.
Ciò non toglie che il patto invocato dal principe dei tecnocrati effettivamente esista. Perfino le tirannie ne hanno bisogno, perché le clausole del patto segnano il limite che gli oligarchi e gli stessi tiranni sanno di non dovere superare per non spingere il popolo a riprendersi con la forza il potere che gli appartiene.
Il patto Stato-cittadini non deve essere necessariamente scritto e anche quando lo è rimangono molte clausole fondate sulla tradizione o sopra taciti accordi specifici, materia per materia, di reciproca tolleranza (il fenomeno è stato particolarmente evidente negli ultimi anni dell’Unione Sovietica). In ogni caso nelle democrazie il patto ha quasi sempre forma scritta, si traduce nelle Costituzioni, soprattutto nei cosiddetti “principi generali”, che conservano tracce più o meno forti ed evidenti anche del contratto sociale, che, come si è appena detto, se ne distingue perché ha come parti contraenti unicamente i cittadini.
Mario Monti ritiene l’evasione fiscale una grave violazione del patto Stato-cittadini e potrebbe avere ragione se non fosse che proprio il suo governo (certamente non per primo, ma proseguendo ed aggravando pratiche consuete delle italiche oligarchie di governo) ha a sua volta violato alcune condizioni fondamentali del patto, tanto importanti da meritare di essere espressamente inserite nella Costituzione. In particolare l’art. 47 che, fra le altre cose, impone alla Repubblica di favorire la “proprietà dell’abitazione”, e l’art. 53 che rapporta il contributo dei cittadini alla spesa pubblica (cioè l’imposizione fiscale) alla loro capacità contributiva e stabilisce la progressività dell’imposizione (cioè chi possiede di più è tenuto a partecipare alla spesa pubblica in misura anche percentualmente maggiore di chi possiede di meno).
Semplificando al massimo e attenendoci alla più stretta attualità (del resto qualunque cosa lui ne pensi anche Monti non passerà alla storia né della politica né dell’economia), è evidente che entrambe queste regole vengono violate dall’Imu Questa, difatti, da un lato ostacola l’accesso all’abitazione e addirittura ne favorisce la dismissione e la perdita a danno di molti che hanno avuto difficoltà a procurarsela e non possono più mantenersela, e, dall’altro, ha natura di imposizione patrimoniale, che, in quanto prende in considerazione un unico fattore (possesso di beni immobili) prescinde completamente non solo dalla capacità contributiva (che viene in genere rapportata al reddito), ma perfino dall’ammontare del patrimonio..
Intendiamoci. Non sto sostenendo la legittimità dell’evasione fiscale, ma solo l’infondatezza delle argomentazioni paragiuridiche di mister Monti. L’evasione fiscale, che potrebbe configurarsi come un atto di legittima difesa nei confronti di uno Stato (cioè di oligarchie) che per primo ha violato il patto Stato-cittadini), resta invece moralmente riprovevole e illegittima perché, comportando una distorta e iniqua distribuzione dei carichi fiscali (anche se eventualmente iniqui) fra evasori e non evasori, viola anche il contratto sociale, cioè il patto fra cittadini, che non vkiene meno per le inadempienze dello Stato.

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