Perchè gli immigrati non ci salveranno

Nel suo commento alle dichiarazioni del Presidente Napolitano sulla necessità di «affrontare la questione della cittadinanza ai bambini nati in Italia da immigrati stranieri», il neoministro della Cooperazione internazionale Andrea Riccardi non solo si dice d’accordo, ma aggiunge che l’importanza dell’accoglienza di un maggiore numero di immigrati sta nel fatto che «gli stranieri ringiovaniscono il Paese» (La Repubblica, 23/11/2011, p. 3), in tal modo sposando la tesi – a prima vista convincente ed assai diffusa – per cui l’immigrazione può salvarci dall’inverno demografico.

Ebbene, questa tesi è fallace. E lo si può comprendere con una rapida consultazione delle statistiche. Le quali, è vero, confermano un fortissimo incremento percentuale dei bambini stranieri nati in Italia – dall’1,7% del 1995 nel 2007 erano già l’11,4% – ma mettono anche in luce un dato spesso minimizzato eppure centrale: il calo della fertilità delle donne immigrate. Si tratta di un fenomeno recente ma significativo se si pensa che dal 2004 al 2009, in soli cinque anni, il tasso di fecondità delle straniere è passato dal 2,6 al 2,3. La spiegazione di questo calo, verosimilmente destinato a progredire, è piuttosto intuitiva: anche nella popolazione straniera è in atto un processo di crescente “occidentalizzazione” degli stili di vita.

Qualcuno potrà dubitare di queste considerazioni ma a ben vedere sono gli stessi studiosi del settore, oggi, a mettere in discussione l’equazione più immigrazione/più natalità: Francesco Billari dell’Università Bocconi, per esempio, già autore insieme ad Hans Peter Kohler e Mikko Myr­skylä della University of Pennsylvania di un interessante studio sul tema pubblicato un paio di anni fa sulla rivista Nature, ha dichiarato che sì, gli «immigrati danno un contributo» alla natalità ma «una volta stabilizzati nel nuovo Paese, anche loro cominciano a fare meno figli». Esistono persino esempi che vanno in senso opposto rispetto al legame tra immigrati e natalità: «Oltralpe – ha affermato Billari – l’immigrazione è in calo mentre il tasso di fertilità è in crescita, al punto da sfiorare ormai i 2 figli per donna».

Insomma, se è indubbio che l’immigrazione, da un lato, possa costituire una risorsa anche demografica, è altrettanto chiaro, d’altro lato, come sia ingenuo affidarsi al fenomeno migratorio per stabilizzare equilibri che il calo della natalità ha già fortemente compromesso. Si pensi che ad oggi, nelle classifiche internazionali del tasso netto di immigrazione – noto come «net immigration rate» – con 6 immigrati ogni 1000 cittadini l’Italia è già in vetta davanti a Spagna (4 per 1000), Portogallo, Gran Bretagna (3 per 1000) e Danimarca (2,4 per 1000). Eppure, il problema dell’età della popolazione è ancora presente. Eccome. Nel nostro Paese, infatti, «i centenari sono triplicati» (Corriere della Sera, 25/1/2011) e «negli ultimi dieci anni i giovani tra i 15 e i 34 anni sono diminuiti di circa due milioni di unità» (Corriere della Sera, 18/5/2011). Ora, alla luce di numeri così netti e preoccupanti è evidente la necessità di invertire la rotta. E lo si può fare certamente sostenendo le donne immigrate a portare a termine la loro gravidanza – in Italia infatti sono loro a ricorrere sempre di più all’aborto – ma non basta.

Occorre rilanciare una più ampia politica a favore della natalità e delle famiglie numerose che riequilibri, nel Paese, il rapporto fra pessimismo e speranza e che annulli la non trascurabile differenza tra il numero di bambini che le donne europee e soprattutto italiane desiderano avere e quelli che effettivamente hanno (Cfr. Cl. Chesnais, Determinants of Below-Replacement Fertility, Expert Group Meeting on Below-Replacement Fertility, Population Division, Department of Economic and Social Affairs, United Nations Secretariat, New York, 1997, UN/POP/BRF/BP/ 1997/2, p. 12).

Se queste politiche non verranno messe in atto, se si continuerà a sottovalutare il problema dell’inverno demografico confidando – come si fa oggi – nel solo arricchimento determinato dall’immigrazione, potrebbe avverarsi la nefasta previsione che lo studioso britannico Fred Pearce ha rilasciato lo scorso anno ad un quotidiano non tacciabile di simpatie cattoliche o conservatrici: «Il vostro è un paese dominato dagli anziani. Se i tassi di natalità non aumentano, perderete l’86% della popolazione» (L’Unità, 15/4/2010). Siamo ancora in tempo, fortunatamente, per evitare questo immenso rischio. Ma una cosa è certa: gli immigrati non ci salveranno.

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