Soldi ai separati. Il danno degli aiuti provinciali

Quello che segue è il testo integrale del comunicato stampa appena diffuso (oggi, alle 17.00) dalla Giunta provinciale. Subito dopo, il mio commento. «Crescono le separazioni, e crescono di pari passo i problemi legati al mantenimento dei figli nati nel corso delle unioni.

Le statistiche realizzate in alcune regioni italiane dicono che una percentuale anche del 35-40% dei genitori che hanno l’obbligo di versare l’assegno di mantenimento del minore all’altro genitore (quello affidatario) non lo fa.

Quasi sempre è l’uomo a non ottemperare a questo obbligo, vuoi per difficoltà oggettive, vuoi per altre ragioni. Il peso economico del mantenimento del minore viene quindi a gravare interamente sulla donna, soggetto già di per sé più debole sul mercato del lavoro.

Per ovviare a questo problema la Giunta provinciale ha dato oggi il via libera ad un disegno di legge presentato dall’assessore alle pari opportunità Iva Berasi e dall’assessore alle politiche sociali Marta Dalmaso.

La proposta disciplina l’erogazione anticipata , al genitore, o ad altro soggetto affidatario, dell’assegno di mantenimento del minore, qualora esso non sia corrisposto dal genitore obbligato nei termini e alle condizioni stabilite dall’autorità giudiziaria.

L’impegno previsto è di 250.000 euro all’anno circa. Il minore deve risiedere nella provincia di Trento e la condizione economico-patrimoniale del nucleo familiare a cui appartiene (assieme dunque al genitore affidatario) non può superare i parametri fissati dalla Provincia. Non può inoltre richiedere l’assegno il genitore affidatario che continui a convivere con l’altro genitore obbligato al mantenimento.

Le famiglie monogenitoriali in Trentino erano nel 2003 il 14,9% del totale dei nuclei familiari. Nell’85% dei casi sono costituite da donne sole con figli. Il trend, com’è noto, è in crescita».

COMMENTO

Le cifre sono davvero impressionanti. Del resto chiunque abbia figli a scuola sa quanto numerose siano oggi anche in Trentino le famiglie spaccate da divorzi e separazioni. E sa anche sa quale dramma umano e di rapporti interpersonali si nasconda dietro queste esperienze laceranti.

Lo dico perché separazioni e divorzi sono presentati dai mass media e da molti politici come una prassi normale  e sostanzialmente indolore, le cui possibili conseguenze negative si possono neutralizzare e superare.

Al contrario, per chi le vive queste ferite sono talmente profonde che difficilmente si rimarginano.

Ma quel che è peggio è che soprattutto nei figli, nei bambini e nei ragazzi che dei matrimoni falliti, specie se malamente, sono le vittime principali, si insinua l’idea che da grandi non si uniranno mai stabilmente con qualcuno dell’altro sesso. Non tanto perché lo teorizzino, ma perché questa tragedia è entrata a far parte della loro identità individuale, ed erode come un tarlo interiore anche solo il pensiero di sposarsi, o che nella loro vita, in caso di matrimonio, sarà possibile rimanere insieme più di tanto.

Credo che provvedimenti come quello proposto dalle “assessore” della Giunta provinciale per sopperire alla cialtroneria di certi separati, siano molto più dannosi che utili. Dannosi perché per risolvere alcuni problemi ne creano altri, forse meno visibili ma sicuramente più gravi.

Non so infatti quanto positivo sia per le vittime (donne) ma soprattutto per i colpevoli (gli ex mariti), sentirsi rassicurati dal fatto che "mamma Provincia" rimedierà al mancato pagamento degli alimenti.

Chi garantisce che l’intervento pubblico, giustificato dall’esigenza di aiutare la parte debole (donne e bambini), non abbia anche il sapore di un alibi, se non addirittura di un incentivo per il coniuge inadempiente?

E chi ci dice, soprattutto, che per lenire gli effetti di separazioni e divorzi non si incoraggi un fenomeno come questo, giù fin troppo diffuso e devastante? Non si favorisca, cioè, la progressiva dissoluzione del cuore stesso dell’umana convivenza, da cui dipende l’equilibrio affettivo di ciascuno e al tempo stesso il futuro della società, vale a dire della famiglia fondata sul matrimonio, civile o religioso che sia? Ultimo interrogativo: perché il governo provinciale non investe invece questi 250.000 euro per sostenere le associazioni che operano a favore dell’unità delle famiglie e per salvare i matrimoni in crisi?

Gian Burrasca

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