Se in Cina saltasse il Partito comunista?

Il dramma che sta purtroppo vivendo il popolo cinese, a causa del coronavirus, può avere effetti dirompenti non solo sulla vita di molte singole persone, ma sul mondo intero.

Questo si comprende soltanto se si tengono presenti almeno due fatti fondamentali.

Il primo: la Cina, primo paese per popolazione al mondo, è da tempo la seconda potenza economica mondiale, e ciò significa che la sua economia è strettamente legata a quella di moltissimi altri paesi, comprese super potenze come gli Usa e la Germania.

La seconda: in Cina esiste dal 1949 una dittatura comunista di cui si parla molto poco (potere del denaro!), e che ha sino ad ora superato indenne molte scosse, compresi i moti del 1989, quando centinaia di cinesi furono uccisi dai carri armati del regime.

Quali potrebbero essere le conseguenze di questa epidemia, se e solo essa dovesse durare ancora a lungo?

La prima conseguenza possibile è la fine della globalizzazione come la conosciamo da anni.

La globalizzazione era già entrata in parziale crisi con due avvenimenti: la Brexit e l’elezione di Trump negli Usa. In particolare è stato il presidente americano a mutare la scena mondiale, introducendo un nuovo modo di vedere il rapporto tra super-potenze.

Prima di lui, i Bush, i Clinton, lo stesso Obama, soprattutto per influenza di Hillary Clinton, erano legati al modello militare. In altre parole, dopo la caduta dell’Urss, hanno cercato di mantenere il primato mondiale degli Usa attraverso il controllo dell’energia e le guerre di “esportazione della democrazia”.

Ma dalle guerre in Iraq (epoca Bush) alla devastazione della Libia (epoca Obama), passando per le cosiddette primavere arabe, questo progetto è fallito miseramente, creando solo morte e instabilità. Se nel 2016 avesse vinto Hillray Clinton, avremmo avuto al potere, negli Usa, il partito della globalizzazione e dello scontro armato con Corea del nord, Siria, Iran e Russia.

Invece ha vinto Trump, che ha chiuso il fronte Siria, il fronte Corea del nord e il fronte Russia, identificando nella Cina l’avversario non militare, ma economico, degli Usa.

Di qui il tentativo di dividere l’alleanza innaturale tra Russia e Cina, nata in seguito all’assedio della Russia da parte delle amministrazioni americane precedenti. Ovviamente la guerra doganale di Trump con la Cina ha segnato una battuta d’arresto per la globalizzazione.

Arresto che potrebbe diventare ancora più deciso a causa del coronavirus, in grado, potenzialmente, di frenare drasticamente l’economia più “sprintosa” del mondo (ma anche quella di paesi particolarmente legati all’export in Cina, come la Germania).

Veniamo al secondo punto: la dittatura comunista. Il coronavirus sta mettendo in crisi il partito unico comunista che resiste da circa 70 anni. All’epoca della Sars il regime ateo di Pechino tenne nascosta la notizia per molti mesi, bloccando le notizie sui giornali, applicando una censura feroce. Come ricorda Bernardo Cervellera, direttore di Asianews, già docente a Pechino, nel suo Missione Cina, del 2003, il partito comunista anche allora tentò in tutti i modi di nascondere “il reale numero dei decessi e degli infetti”.

Quando questo si venne a sapere, gli stessi cinesi iniziarono a mettere in dubbio la bontà di un regime dittatoriale che oggi prospera sulla censura, le diseguaglianze sociali, la persecuzione delle religioni ecc., lasciando la gente delle campagne senza sanità, inquinando come nessun altro paese al mondo, e mescolando il dirigismo comunista con il peggior turbo capitalismo.

Allora lo scandalo portò alla caduta di qualche testa del partito, da offrire alla gente inferocita.

Ebbene anche con il coronavirus il partito comunista ha cercato in tutti i modi di nascondere la notizia, salvo poi incriminare il medico che per primo aveva lanciato l’allarme e che oggi è diventato, per moltissimi cinesi, un vero eroe, che ha saputo sfidare la menzogna sistematica imposta dal regime (leggi qui)

Il fatto che il coronaviurs abbia molto più impatto della Sars, sia dal punto di vista medico, sia mediaticamente (oggi è sempre più difficile, anche per un regime, tenere notizie e fatti sotto controllo), sia economicamente (oggi la Cina è molto ma molto più forte, ma anche più esposta, rispetto al 2003, fa sì che abbia senso porsi una domanda: vista la difficoltà in cui si trova il presidente della repubblica/dittatore, Xi Jinping, non è che questa volta il regime rischia davvero di crollare?

In altre parole il coronavirus avrà l’effetto di far crollare questo strano regime “apertissimo” al commercio mondiale e al potere dei soldi, ma chiuso e controllato quasi come il mondo comunista che stava dietro il muro di Berlino e la cortina di ferro?

Il tempo ci svelerà se si tratta solo di ipotesi ardite o se davvero stiamo assistendo ad un cambiamento epocale, in Cina e di conseguenza nel mondo intero.

da: La voce del trentino, 15 febbraio 2020

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Autore: Francesco Agnoli

Laureato in Lettere classiche, insegna Filosofia e Storia presso i Licei di Trento, Storia della stampa e dell’editoria alla Trentino Art Academy. Collabora con UPRA, ateneo pontificio romano, sui temi della scienza. Scrive su Avvenire, Il Foglio, La Verità, l’Adige, Il Timone, La Nuova Bussola Quotidiano. Autore di numerosi saggi su storia, scienza e Fede, ha ricevuto nel 2013 il premio Una penna per la vita dalla facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, in collaborazione tra gli altri con la FNSI (Federazione Nazionale Stampa Italiana) e l’Ucsi (Unione Cattolica Stampa Italiana). Annovera interviste a scienziati come  Federico Faggin, Enrico Bombieri, Piero Benvenuti. Segnaliamo l’ultima pubblicazione: L’anima c’è e si vede. 18 prove che l’uomo non è solo materia, ED. Il Timone, 2023.

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