La fine del primato italiano e le guerre di Napoleone

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Il geologo Gian Battista Vai, già direttore del Museo Cappellini di Bologna, Capo Delegazione Italiana all’ International Geological Congress di Pechino 1996, Rio de Janeiro 2000, Firenze 2004, Oslo 2008, è anche un esperto di storia della scienza.

In questa intervista, raccolta insieme a molte altre nel volume Gli scienziati davanti al mistero del cosmo e dell’uomo. Piccoli dialoghi su grandi temi (qui: http://www.dominusproduction.com/editoria/item/gli-scienziati-davanti-al-mistero-del-cosmoe-dell-uomo-jpg.html) , Vai ricorda il padre dei musei scientifici, l’italiano Ulisse Aldovrandi, e in generale il primato italiano, per secoli, in campo scientifico: primato interrotto non dal processo Galilei, come spesso si legge, ma dall’invasione napoleonica.

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Ci dice qualcosa del Museo Cappellini, che dirige?

Esso deriva, attraverso inevitabili cambiamenti, da quello fondato da Ulisse Aldovrandi nel Cinquecento. Aldovrandi è la persona che ha creato il neologismo “geologia”. Ma soprattutto è il fondatore del primo Museo e della prima Biblioteca, dopo le biblioteche ellenistiche e benedettine, intesi, Museo e Biblioteca, come strumenti pubblici a uso scientifico. Come ho scritto in Four Centuries of the word Geology. Ulisse Aldovrandi 1603 in Bologna, Aldovrandi è “il primo e il più rispettato fra i teorizzatori e fondatori dei primi Musei naturalistici, tutti in Italia, verso la metà del ‘500”. Senza la sua opera “come teorico e sperimentatore della tassonomia nelle scienze naturali sarebbero state inconcepibili, oltre un secolo dopo, il Systema naturae di Linneo (1735) e, dopo più di due secoli, le ricerche di Cuvier (Recherches sur le ossements fossiles, 1821-22 e di Agassiz (Recherches sur le poissons fossiles, 1832-43)”.

ritratto_di_ulisse_aldrovandi_agostino_carracci_attributedUlisse Aldovrandi

Aldovrandi è stato un grande naturalista; un abilissimo classificatore; il generoso creatore di un Museo che è una pietra miliare nello sviluppo dei metodi e delle conoscenze scientifiche moderne. Fu anche un viaggiatore instancabile, che fosse per i suoi pellegrinaggi verso Loreto o Santiago, o per raccogliere materiale interessante. Fu il primo europeo a progettare un viaggio scientifico in America, ma nel contempo si occupò di teologia, liturgia, Sindone, arte (al punto da assoldare vari pittori al servizio suo e della scienza)…”.

museo-1Il Museo Cappellini

Quindi i primi Musei naturalistici al mondo sono nati in Italia? Concorda con l’affermazione secondo cui l’Italia è stata la “culla della scienza sperimentale”?

Rispondo sì ad entrambe le domande. Qui sono nate le università. Qui è nato il mio amato Aldovrandi, la cui influenza sulla scienza italiana ed europea si è mantenuta per due secoli, visto che i suoi lavori hanno goduto della stima di Harvey, Linneo, Buffon, Diderot, Cuvier, Darwin…

Qui, in Italia, è nato Galileo Galilei, riguardo al quale, però, si dicono molte inesattezze. Non solo perché se ne dimenticano i rapporti con autori passati, tra cui lo stesso Aldrovandi, ma anche perché si è cercato di farne una sorta di rivoluzionario, avversato dalla Chiesa e avversario della Chiesa. L’Italia aveva già da tempo grandi pionieri, e Galilei è un figlio della civiltà cristiana, non un suo nemico; neppure un prodigio nato dal nulla”.

sceinziatiIl libro da cui è tratto questo passaggio dell’intervista al prof. Vai

Secondo Lei Galilei è un figlio della civiltà cristiana?

Guardi, senza ricordare la storia della scienza bolognese, eccellente nel mondo intero tra Cinquecento e Settecento, opera di cattolici professanti e sostenuta da papi come Clemente XI e Benedetto XIV, le cito un altro di questi figli, Niccolò Stenone. E’ considerato il padre ufficiale della geologia, oltre che della prima legge della cristallografia. Stenone, danese, era un grandissimo anatomista, ma nella sua terra, protestante, gli fu rifiutata la cattedra universitaria. Venne in Italia, dove ebbe due conversioni: dall’anatomia alla geologia; dal protestantesimo al cattolicesimo. Un protestante come lui, pieno dei pregiudizi propri di quell’epoca, rimase affascinato dalla fede e dalla devozione dei discepoli diretti di Galilei (Lorenzo Magalotti, Vincenzo Viviani, Francesco Redi…), da lui frequentati e stimati, anche umanamente; ammirò la fisicità della fede latina, sino a convertirsi riflettendo su una processione del Corpus Domini. Dopo aver enunciato i tre principi della stratigrafia, nel De solido del 1669, Stenone si fece prete, poi divenne vescovo. La Chiesa lo ha riconosciuto beato”.

[…]

E dopo Aldovrandi, Galilei, Stenone? Quando l’Italia ha perso importanza nel campo delle scienze?

La vulgata vuole che sia accaduto tutto dopo il processo a Galilei. Ma non è vero. L’Italia mantiene un primato in molti campi della scienza per altri 150 anni. In campo medico la ricerca sperimentale post galileiana si sviluppa con enorme successo con Marcello Malpighi e Giambattista Morgagni; in campo biologico è don Lazzaro Spallanzani ad essere considerato, in pieno Settecento, il “Galilei della biologia”; in campo geologico-paleontologico, e più in generale naturalistico, possiamo vantare L. Ferdinando Marsili (fondatore dell’ Oceanografia e della geologia marina, supportato dall’ausilio di Clemente XI), Iacopo Bartolomeo Beccari (a cui dobbiamo la scoperta dei Foraminiferi e dei microfossili), Ferdinando Bassi (fondatore della micropaleontologia), Giovanni Arduino, Antonio Vallisneri (il principale esponente della tradizione medica e naturalistica galileiana tra fine Seicento e inizi Settecento)…

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E’ stato soprattutto Napoleone, con i suoi saccheggi di chiese, castelli, Musei, le sue continue guerre, che furono uno shock per i piccoli stati italiani, e le sue riforme improvvisate, a segnare il vero tracollo dell’Italia (a cui contribuì più tardi anche un Risorgimento fatto senza il popolo, e contro il popolo, dannoso soprattutto per il sud). Per esempio per l’Emilia Romagna Napoleone è stato un disastro perché sino a quel momento c’era in questa terra un’ industria della canapa e della seta fantastica. Invece lui decise che occorreva farne il granaio dell’Impero”.

Quanto al primato nella geologia – che manteniamo, insieme ad altri primati, anche nel Seicento e nel Settecento, quando la Royal Society elegge dei bolognesi come Malpighi (1669) e Marsili (1691) tra i suoi membri -, passa agli inglesi dopo la fondazione della Società geologica di Londra, nel 1809.

Ma pensi che una parte del ritardo degli inglesi fu dovuta anche a questo: i geologi inglesi, spesso molto devoti come erano in genere gli scienziati di allora, erano rigidi “diluvianisti” (il diluvianismo consiste nell’amplificare enormemente l’efficacia del Diluvio Universale come agente geologico, nel farne la chiave interpretativa basilare della geologia, ndr), prediligevano, secondo il costume protestante, l’interpretazione letterale della Bibbia, e cercavano la ricerca di una concordanza totale tra versetti sacri, interpretazioni tradizionali degli stessi e fenomeni naturali. William Buckland (1784-1856), celebre geologo che inaugurò l’investigazione scientifica dei fossili di dinosauri e pastore anglicano, è un chiaro esempio di ciò, in quanto ardente sostenitore del diluvianismo perchè convinto che fosse la verità sulla storia della Terra fornita dalla Bibbia. Gli scienziati italiani, compresi gli ecclesiastici, invece, erano per lo più estranei a questi tentativi concordistici, ed anzi non pochi di essi, come il Vallisnieri, ritenevano fosse un servizio alla religione distinguere, separare il sacro dal profano, “togliendo di mezzo molte dispute che non possono che riuscire scandalose”.

Da: Francesco Agnoli, Gli scienziati davanti al mistero del cosmo e dell’uomo. Piccoli dialoghi su grandi temi ( http://www.dominusproduction.com/editoria/item/gli-scienziati-davanti-al-mistero-del-cosmoe-dell-uomo-jpg.html )

 

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Autore: Francesco Agnoli

Laureato in Lettere classiche, insegna Filosofia e Storia presso i Licei di Trento, Storia della stampa e dell’editoria alla Trentino Art Academy. Collabora con UPRA, ateneo pontificio romano, sui temi della scienza. Scrive su Avvenire, Il Foglio, La Verità, l’Adige, Il Timone, La Nuova Bussola Quotidiano. Autore di numerosi saggi su storia, scienza e Fede, ha ricevuto nel 2013 il premio Una penna per la vita dalla facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, in collaborazione tra gli altri con la FNSI (Federazione Nazionale Stampa Italiana) e l’Ucsi (Unione Cattolica Stampa Italiana). Annovera interviste a scienziati come  Federico Faggin, Enrico Bombieri, Piero Benvenuti. Segnaliamo l’ultima pubblicazione: L’anima c’è e si vede. 18 prove che l’uomo non è solo materia, ED. Il Timone, 2023.

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