L’inganno pastorale

di Enrico Maria Romano

Tutti sanno che il 4 ottobre u.s. si è aperto in Vaticano il Sinodo straordinario dei Vescovi della Chiesa cattolica dedicato ai problemi della famiglia nel mondo di oggi. E moltissimi non ignorano che tra i teologi, i presuli e gli stessi eminentissimi cardinali vi siano posizione diverse (e assolutamente inconciliabili) su temi di fondo come la possibilità della comunione ai divorziati risposati, il valore ‘ecclesiale’ delle coppie di fatto e delle stesse coppie omosessuali, il superamento o meno del modello della famiglia cattolica tradizionale fondata sulla Sacra Famiglia di Nazareth, etc. etc.
Il vaticanista della Bussola Lorenzo Bertocchi, in un recente articolo sul Timone (settembre-ottobre 2015, pp. VI-VIII), classificava chiaramente e rigorosamente figure come Caffarra, Mùller e Sarah tra i fautori della “linea della continuità” e personaggi come Kasper, Marx e padre Spadaro sj tra i sostenitori della “linea del cambiamento”. Ora la continuità e il cambiamento si oppongono intrinsecamente

quando si parla di dottrine già definite dalla Chiesa, come lo sono certamente sia l’indissolubilità del matrimonio rato e consumato, sia il divieto della comunione per i divorziati risposati e per tutti coloro che si trovano in peccato mortale (cf. Can. 916; CCC, 1650; Pontificio Consiglio per i testi legislativi, “Dichiarazione sull’ammissione alla comunione eucaristica dei divorziati risposati”, 2000).

Ma sia il cardinal Kasper sia i suoi numerosi epigoni (spesse volte membri dell’episcopato o del cardinalato) hanno cercato e cercano ancora di imbrogliare le carte proponendo una terza via tra il sì e il no: la cosiddetta via pastorale, la quale pur dichiarandosi in teoria (ovvero in astratto) in continuità ideale con il Magistero della Chiesa e la Tradizione cattolica, in pratica (ovvero in concreto) autorizzerebbe una discontinuità e una rottura dottrinale, proponendo una nuova prassi pastorale.
La cosa è talmente evidente che tutti gli autori del libro Permanere nella verità di Cristo (edito dalla Cantagalli nel 2014) sottolineano che sganciare la disciplina dalla dottrina equivale a dichiarare superata la dottrina. E la dottrina morale in questione è puro Vangelo e purissima Parola di Dio: e questo già la dice lunga sul sensus fidei dei novatori, a parole ripieni di affetto per la Scrittura…
Dire che “il matrimonio resta indissolubile”, ma in certi casi e dopo certe prassi (come il cammino penitenziale proposto dal Kasper), esso può essere di fatto abolito con la stipulazione di un secondo matrimonio è parlare a vanvera e auto-contraddirsi. Aristotele infatti nota che l’uomo riesce a dire perfino ciò che non riesce a pensare come ad esempio un cerchio-quadrato. Oggi il cerchio-quadrato nella Chiesa è il matrimonio indissolubile-dissolubile.
Spiace quindi in questo contesto che, ancora una volta, Lucetta Scaraffia scrivendo sull’Osservatore Romano in prima pagina sostenga apertis verbis la tesi del primato della pastorale, tesi che si pone come un arpione per incrinare e spazzare via la dottrina di Cristo e della Bibbia. La storica, femminista e aperta al sacerdozio e al cardinalato femminile, recensendo un libro a più mani redatto in Francia e appena tradotto in italiano (La famiglia tra sfide e prospettive, Qiqajon, 2015), mostra tutto il suo compiacimento per il testo in questione poiché “apre prospettive diverse e fa pensare. In particolare colpisce la nutrita presenza di donne, teologhe e bibliste, che fanno sentire la loro voce” (OR, 2.10.15, p. 1).
Si faccia attenzione ai sottili sofismi. “La riflessione teologica avviata [dagli autori del citato libro] vuole considerare la famiglia a partire dalla parola di Dio, non dimenticando però [ecco l’avversativa] i bisogni del nostro tempo, senza quindi cadere in astrazioni”… Il Vangelo è un’astrazione! Bella la trovata e inaudito l’insulto allo Spirito Santo che ne è l’autore (DV 11).

Ma nessuno si distragga. Una certa teologa francese, Anne-Marie Pellettier, udite udite, “ricorda come i modelli familiari offerti dalla Bibbia siano molto diversi tra loro, e in alcuni casi francamente contestabili”… Avete capito? Sull’OR si scrive che alcuni brani della Bibbia sono contestabili!
Gioisce poi la storica quando ricorda che Enzo Bianchi, da cui dipende la casa editrice che ha edito il libro, nello stesso testo ammette “l’esistenza di diverse forme di famiglia nel cammino di umanizzazione”… Quanto suona bene, ai palati post-conciliari, questo “cammino di umanizzazione”: così bene da far giustificare le coppie di fatto e le nozze gay? Parrebbe proprio di sì… E questo sul quotidiano della Santa Sede!
La sottigliezza della Scaraffia, quando insinua ad ammettere il sacerdozio femminile è nota a tutti, ed ella si compiace evidentemente della scaltrezza di altre teologhe come lei. Ad esempio una certa Hélène Bricourt, non dice che l’indissolubilità sia sbagliata o superata: concetti questi cacofonici e volgarotti. Afferma invece, secondo le parole della stessa Scaraffia, che “noi ereditiamo una lettura della questione dell’indissolubilità che è stata elaborata in un contesto matrimoniale, culturale, sociale diverso dal nostro”… E se è diverso, come in effetti è diverso, è bene adeguare l’indissolubilità antica al nostro contesto o riportare il nostro mondo all’indissolubilità del Vangelo? Ardua questione per chi esita tra la logica del Vangelo e la logica del mondo…
La conclusione del pezzo della Scaraffia ribadisce il superamento della dottrina in nome della pastorale, citando il filosofo Antoine Guggenheim: dal Sinodo “Ci aspettiamo un chiarimento e un progresso non della dottrina cattolica, ma della pastorale cattolica”.
E’ evidente a tutti, anche a coloro che fanno finta di non capire, che un tale progresso sarebbe un regresso assoluto in termini di fedeltà al Vangelo, alla Tradizione e al Magistero della Chiesa. Ci si potrebbe chiedere allora: Osservatore Romano o Osservatore kasperiano?

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Autore: Libertà e Persona

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