Il Laos avrà i suoi martiri

laosdi Paolo Affatato

Sarà forse questione di mesi, ma anche il Laos, il piccolo paese comunista del Sudest asiatico, avrà ben presto i suoi martiri. Si tratta di storie di religiosi, missionari, laici divisi in due processi paralleli: quello del missionario Oblato di Maria Immacolata (OMI) Mario Borzaga e del catechista laotiano Paul Thoj Xyooj, uccisi nel 1960; un secondo relativo ad altri 15 martiri, fra missionari e catechisti laici, uccisi in Laos tra il 1954 e il 1970.

Angelo Pelis, OMI, Postulatore della causa Borzaga-Thoj Xyooj, ad aprile scorso ha terminato la stesura della “Positio” (un volume di circa 480 pagine), poi rivista e approvata dal relatore della causa, Jozef Kijas. Il 9 giugno la Positio (il testo che raccoglie le testimonianze e sostiene la tesi della beatificazione, ndr) è andata in stampa, a cura della Congregazione delle cause dei santi. Se ne stampano 40 copie, che secondo la prassi, sono destinate allo studio dei teologi consultori e dei cardinali. “Nella raccolta dei Documenti si è proceduto seguendo la via di dimostrare il martirio dei due servi di Dio”, racconta Pelis a Vatican Insider, dato che il riconoscimento del martirio implica la beatificazione. “Inoltre, vista la statura spirituale di Borzaga, si è messa in luce la sua vocazione alla santità, come evidenziano i suoi scritti”.

Il secondo processo riguarda una  lista dei 15 missionari martiri, composta da 5 religiosi francesi OMI, 5 religiosi delle Missioni Estere di Parigi (MEP) e 5 laici laotiani. Il processo, promosso dai vescovi del Laos, è stato affidato alla diocesi di Nantes, da cui proveniva uno dei missionari, p. Jean-Baptiste Malo, MEP. La Positio è nelle emani del Postulatore della Causa, p. Roland Jaques OMI.

Come riferito da Pelis, il Segretario della Congregazione delle cause dei santi, Marcello Bartolucci, ha ribadito: “Non vi faremo aspettare. Le cause relative a Borzaga-Thoj Xyooj e quella dei 15 martiri del Laos, volute dai vescovi del Laos e presentate insieme – pur essendo due processi separati – avranno una corsia preferenziale”.

Se ne rallegrano i vescovi della Conferenza episcopale Laos-Cambogia (CELAC) che , tra l’altro, sperano di venire ben presto in Vaticano per una visita ad limina. L’ultima è avvenuta a settembre 2007 e i Pastori laotiani (nel paese la Chiesa ha quattro vicariati apostolici) auspicano che l’atteso incontro con Papa Francesco e i dicasteri di curia possa avvenire entro il 2015. Anche per avere informazioni dirette sui due processi. Il piccolo gregge dei fedeli laotiani (lo 0,9% della popolazione), spiegano, potrebbe ricevere un forte incoraggiamento dal riconoscimento universale di santità per figure come Borzaga e gli altri martiri.

Mario Borzaga nasce a Trento il 27 agosto 1932. A 11 anni entra nel Seminario minore, a 20 anni è nella congregazione dei Missionari Oblati di Maria Immacolata, a 25 è ordinato sacerdote. Il 2 luglio 1957 viene inviato nella missione degli Oblati in Laos con il primo gruppo di missionari  italiani. Giunti a  Paksane, piccola città in riva al fiume Mekong, non lontana dalla capitale Vientiane, Borzaga trascorre il primo anno dedicandosi allo studio del laotiano, per entrare il più presto possibile in contatto con la gente. Nel suo “Diario di un uomo felice” e nell’abbondante corrispondenza inviata dal Laos, descrive il cammino della sua anima e la vita della difficile missione, resa ancor più ardua dalla guerriglia comunista che percorre la nazione.

Verso la fine del ‘58 raggiunge la comunità cristiana del piccolo villaggio di etnia hmong di Kiucatiàm. Visita le famiglie, accoglie e cura gli ammalati, che si affollano quotidianamente alla sua porta. Il 24 aprile 1960, dopo la Messa, alcuni hmong gli si fanno incontro rinnovandogli la richiesta di recarsi al loro villaggio di Pha Xoua, a tre giorni di marcia, sulle impervie piste montagnose della foresta tropicale: un giro missionario di un paio di settimane, da affrontare prima dell’inizio della stagione delle piogge.

Lunedì, 25 aprile, p. Mario s’incammina accompagnato dal giovane catechista Paul Thoj Xyooj. Da quel viaggio non faranno più ritorno. Le ricerche intraprese in seguito alla scomparsa non daranno alcuna risposta. Le testimonianze raccolte fin dall’inizio, con quelle pervenute soprattutto in questi ultimi mesi, confermano ciò che si è sempre saputo: l’uccisione dei due per mano dei guerriglieri comunisti “Pathet Lao”.

Pathet lao è tutt’oggi la denominazione ufficiale dello stato. Il governo laotiano, pur sempre di stampo comunista, ha fatto ampi passi avanti, riconoscendo la libertà religiosa nella Costituzione e ratificando nel 2009 la Convezione internazionale Onu sui diritti civili e politici. Tuttavia organizzazioni non governative come “Human Rights Watch for Lao Religious Freedom” continuano a segnalare abusi sui cristiani e negazioni frequenti della libertà religiosa.

fonte: vaticaninsider.lastampa.it

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Autore: Libertà e Persona

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