Divorzio e unioni varie, la dura legge del sentimentalismo

di Fabrizio Cannone

Nella difesa dei cosiddetti valori o principi non negoziabili un posto di rilievo lo tiene certamente la famiglia, la difesa della famiglia dagli attacchi delle ideologie laiche o relativiste. Ma quale famiglia? Non ogni unione sentimentale tra due esseri umani può chiamarsi famiglia.

L’unica famiglia che il cattolico può e deve difendere è la famiglia secondo lo spirito del Vangelo, ovvero la famiglia naturale (eterosessuale, monogamica, indissolubile e patriarcale). Naturale significa qui conforme alla natura umana come l’ha voluta il Creatore, il quale è altresì l’ideatore della famiglia umana e cristiana.

I laicisti compiono, sul tema, due errori di fondo. Anzitutto attribuiscono alla storia ciò che deriva in ultima analisi da Dio stesso. E così, essendo la storia umana diversa e variegatissima, non esisterebbe un unico modello valido per tutti i popoli, ma l’evoluzione storica della famiglia dimostrerebbe, a lor dire, l’inesistenza di un modello fisso di famiglia. Ma l’abuso non toglie l’uso, e la presenza nella storia di tutti i popoli della prostituzione, del furto e dell’ateismo, non toglie affatto l’esistenza di regole fisse e certe nella società, regole che ci insegnano l’immoralità del mestiere più antico del mondo e così via.

Il secondo errore della corrente laica è quello di fondare la famiglia sul solo sentimento stabilendo perciò che ove ci sia questo ci possa essere anche quella. In assenza di sentimento poi, la famiglia sarebbe automaticamente sciolta, e qui si troverebbe giustificato il divorzio. Anzi il matrimonio stesso non sussisterebbe più in assenza del sentimento amoroso, e questa mancanza sarebbe quasi un segno certo di invalidità delle nozze, se non ex tunc almeno ex nunc.

Nello stesso campo cattolico non mancano veri errori nella concezione della famiglia, ridotta a mera convenzione sociale, a tradizione più o meno rispettabile, ma senza particolare enfasi e rilievo spirituale. Si ignora il valore sacramentale dell’unione coniugale legittima, valore sacramentale altissimo che è di forte e decisivo aiuto per coloro che intraprendono la strada prescelta dalle tantissime sante coppie della storia, a partire da Giuseppe e Maria.

Ma l’errore più palese nel campo cattolico è stato ed è ancora quello di non avvertire o di non avvertire più la gravità dell’istituto civile del divorzio. Nella prima metà degli anni ’70 del secolo scorso si giocò in Italia una di quelle battaglie che dovevano segnare davvero il corso della storia e perfino il corso e il profilo dell’evangelizzazione nella nostra amata patria. Definitivamente – almeno umanamente parlando… – nel 1974 la maggioranza degli italiani votò la liceità (civile) del divorzio ed implicitamente, seppur in modo poco chiaro ai più, l’abolizione della famiglia naturale di cui parlammo all’inizio. La Chiesa cattolica, Madre e Maestra delle genti, non poté allora non denunciare la gravità di leggi civili che contrastano per diametrum con la legge divina e con il vero bene della società umana. I Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II fecero molti discorsi contrari alla legalizzazione del divorzio proprio mentre le società un tempo cristiane, come quelle d’Europa, stavano prendendo la via dell’infedeltà al Vangelo e alla Tradizione. In modo particolarmente chiaro e solenne, il Catechismo della Chiesa cattolica, nell’edizione definitiva del 1997, dedica molte pagine alla spiegazione del VI Comandamento e parlando dell’amore degli sposi, difende i valori della fedeltà coniugale (2364-2365) e della fecondità nel matrimonio (2366-2372). Parlando poi delle offese alla dignità del matrimonio, il Catechismo nomina espressamente l’adulterio, il divorzio, l’incesto, la libera unione (ovvero il concubinato) e la convivenza pre-matrimoniale. Secondo il Catechismo, per esempio, l’adulterio “designa l’infedeltà coniugale” (2380) e ricorda che “ Cristo condanna l’adulterio anche se consumato con il semplice desiderio” (2380 corsivo mio). Ora è già bello ascoltare l’espressione rara “Cristo condanna”, ma oltre a questo non si riflette sul fatto che chi si separa dalla moglie per una qualunque ragione e poi, come si dice tra i mondani “si rifà una vita”, è comunque colpevole di adulterio, né più né meno che se fosse felicemente sposato con la migliore delle donne. Voglio dire che è inetta la diffusa mentalità secondo cui se l’adulterio è compiuto mentre si convive allegramente sotto lo stesso tetto allora la cosa sarebbe grave e squallida, ma se si è detto addio a moglie e prole, allora esso sarebbe giustificato e perderebbe il suo carattere peccaminoso.

Non meno chiaro è il Catechismo circa il divorzio. “Il Signore Gesù ha insistito sull’intenzione originaria del Creatore [ovvero di Egli stesso], che voleva un matrimonio indissolubile” (2382). “Il divorzio è un grave offesa alla legge naturale” (2384). È molto importante che si dica che il divorzio è un’offesa alla legge naturale perché secondo alcuni solo il matrimonio cattolico, regolato dal diritto canonico, sarebbe indissolubile, ma questo è falso. Il privilegio petrino e il privilegio paolino (CJC) esistono proprio a dimostrazione del fatto che anche il matrimonio naturale, se vero matrimonio (ovvero contratto da un uomo e una donna in vista della procreazione ed educazione della prole, tutte cose concepibili anche dai pagani), resta indissolubile. L’ottimo teologo del matrimonio che fu il cardinal Pietro Gasparri, Segretario di Stato di Benedetto XV e di Pio XI, lo ammette tranquillamente anche in un catechismo destinato alla formazione dei fedeli (cf. Catechismo cattolico, 1934, n. 513)

Il Catechismo della Chiesa cattolica aggiunge una considerazione importante e di solito sottaciuta dai pastori: “Il fatto di contrarre un nuovo vincolo nuziale, anche se riconosciuto dalla legge civile, accresce la gravità della rottura: il coniuge risposato si trova in tal caso in una condizione di adulterio pubblico e permanente” (2384). Chiamare dunque adulteri i pubblici peccatori non è mancare di misericordia, almeno di non voler credere che lo stesso Catechismo cattolico manchi di misericordia… Faccio notare altresì che se il secondo matrimonio (civile) “accresce la gravità della rottura”, ovvero del divorzio (civile), il divorzio stesso non è mai innocente, perché si può accrescere solo ciò che preesiste e la gravità del peccato inizia dal divorzio e non dal solo secondo pseudo-matrimonio. E questo sia detto contro certe teorie in voga che pretendono che chi divorzia sia in grazia di Dio, poiché vivrebbe della “libertà dei figli di Dio” all’insegna dell’agostiniano “ama e fa ciò che vuoi”; mentre chi giudica negativamente il divorziato sarebbe colpevole di tutti i mali (fariseismo, bigottismo, tradizionalismo, etc.). Secondo il Catechismo promulgato da san Giovanni Paolo II le cose stanno in modo un po’ diverso…

Ma si chiederà infine l’attento lettore: ma che c’entra con tutto ciò il matrimonio gay? C’entra purtroppo! Se infatti il divorzio non è così grave, tanto che qualche prelato vorrebbe perfino legalizzarlo nella Chiesa, in fondo la ragione è che il fondamento unico e decisivo del matrimonio sarebbe il sentimento. Finito questo, finirebbe il matrimonio. Risorto questo, seppur indirizzato ad altra persona, sarebbe legittima una nuova unione ( al cuor non si comanda). Chiaro?

E questa mentalità è la stessa di coloro che dicono: se Y e X (simboli dell’identità maschile e femminile) possono sposarsi perché si amano, perché non lo potrebbero Y e Y se si amano anch’essi? Se un qualunque Mario può lecitamente abbandonare una qualunque Maria perché non l’ama più, ciò significa che l’amore sentimentale è l’essenza del matrimonio. Ma è proprio in nome di questo amore che varie lobby vorrebbero far legalizzare le unioni fra persone dello stesso sesso. Se quindi in nome dell’amore sentimentale si può abbandonare un coniuge e perfino dei figli (violando la legge naturale), in nome dell’amore sentimentale si possono sposare coppie omosessuali, violando la medesima legge.

Ma il vero amore è per sempre, altrimenti non è. Usare l’amore come scusa per “andar dove porta il cuore” (Susanna Tamaro) come è ingiusto nel caso del divorzio, così è ingiusto nel caso delle assurde nozze fra persone dello stesso sesso.

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Autore: Libertà e Persona

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