Molti giornalisti, commentatori, politologi e aspiranti tali sostengono che se Bersani (supposto che Napolitano gli conferisca l’incarico, quanto meno in forma esplorativa, per la costituzione del governo) fallisse nel tentativo e si tornasse alle elezioni in tempi brevi, il Movimento Cinque Stelle aumenterebbe i propri consensi fino a raggiungere la maggioranza assoluta dei voti.
Difficile dire se ne siano convinti anche Grillo e il suo guru, ma è tutt’altro che escluso che possa accadere anche il contrario. Anziché un raddoppio, un dimezzamento e peggio dei voti conseguiti nelle elezioni di fine febbraio.
Nell’elezione dell’ex-magistrato Grasso a presidente del Senato (alla Camera i “grillini” erano fuori da ogni tentazione dal momento che il Pd, grazie al tanto deprecato “porcellum” , vi gode di una vastissima maggioranza) si è visto nei fatti quanto sia difficile tenere compatto, senza strutture di partito e solo con i “twitt” della Rete, un gruppo caratterizzato dalle più diverse provenienze. L’attuale capogruppo “grillino” al Senato, Vito Crimi, ha cercato di giustificare, di fronte a Grillo e al proprio elettorato, il voto di un gruppetto di senatori a favore di Grasso, parlando di questione di coscienza. Ora è vero che non solo tutti hanno (o dovrebbero avere) una coscienza, ma anche che si tratta di un oggetto molto elastico, facilissimo da tirare e strattonare da tutte le parti, tuttavia francamente è la prima volta che la si sente tirare in ballo per la scelta del titolare di un incarico, fin che si vuole istituzionale, ma comunque politico e su designazione di partito. Per di più di uno di quei partiti della vecchia Repubblica contro i quali Grillo ha lanciato l’anatema.
La verità è che la stessa ampiezza del successo conseguito costringe il Movimento Cinque Stelle alla politica meramente difensiva del “soli contro tutti”. Ogni deroga a questa linea di condotta, quando non sia giustificata dalla opportunità di condurre in porto uno dei punti del programma con tanta tsunamica veemenza proposto in campagna elettorale, determina, non solo nei gruppi parlamentari, ma nello stesso elettorato un’incrinatura suscettibile di dare inizio ad una rovinosa valanga. E’ quanto sta, appunto, avvenendo in “rete”, dove è in atto un vero e proprio scontro fra i “grillini” accomodanti (e con propensioni a destra), favorevoli al voto di coscienza, e i duri e puri (magari provenienti da altre aree politiche) che pretendono le dimissioni o l’espulsione dei traditori.
Il guaio per Grillo è che è difficile, da un lato, controllare a colpi di espulsioni la fedeltà al programma di parlamentari che oltre tutto hanno già una casa (e forse più di una ) prontissima ad accoglierli con tutti gli onori (oltre – da non trascurare – con l’esonero dall’obbligo di autoriduzione dell’indennità parlamentare,), dall’altro, non perdere, se non interviene con rigore, il consenso di una buona fetta del suo elettorato, interessato molto più al rispetto degli impegni solennemente assunti dai suoi rappresentanti per ottenere candidatura ed elezioni che ai loro successivi patemi di coscienza.
E’ possibile che per uscire dal vicolo cieco nel quale il M5S si è cacciato, questa prima rottura si concluda con una semplice tirata d’orecchi e, forse (è però tutt’altro che sicuro), senza troppi danni, ma al prossimo problema di coscienza la frana potrebbe diventare inarrestabile e assumere proporzioni enormi. Con tanti saluti al fenomeno Grillo.
Si è già avuto occasione di ricordarlo, e comunque le “primavere arabe” insegnano. La “rete” non ci mette nulla a fare miracoli, ma ancor più rapidamente li distrugge.