I bonuscratici tirano 600 euro di monetine addosso alla democrazia

di Frodo.

Il problema non è che cinque parlamentari abbiano richiesto uno dei tanti bonus predisposti dall’esecutivo Conte in questa dissennata gestione della crisi-economico sociale. Partiamo col dire questo. Il problema, semmai, è che il Parlamento – quello che i grillini vorrebbero ridotto all’osso a mezzo referendum, con non pochi problemi prospettici di rappresentanza e rappresentatività per il territorio italiano ed i cittadini – è diventato una pesca delle occasioni. Un luogo cui ambire per sistemarsi. La cultura politica è svanita dall’Italia, e chi anima le sorti della nostra Repubblica può non possedere nel suo background un minimo di etica civile. Dobbiamo farcene una ragione.

Si potrebbe segnalare come i tre partiti coinvolti nel caso, e cioè Lega, MoVimento 5 Stelle ed Italia Viva, siano tutti e tre frutto di questa fase politica. Quella in cui le federazioni  e le sezioni hanno chiuso i battenti, mentre gli esponenti politici si avvicinano ai movimenti dopo che i leader hanno acquisito dei consensi e non il contrario. Potremmo segnalarlo, ma sarebbe quantomeno inutile ai fini del ragionamento. Il Parlamento, “pesca delle occasioni”, è stato di fatto esautorato dal suo compito durante la crisi pandemica, con i Dpcm, le mancate convocazioni e tutto il cucuzzaro. Eppure, invece di notare come la democrazia italiana stia entrando in una crisi potenzialmente irreversibile a causa di uno “stato di emergenza” che il governo giallorosso sembra voler prolungare ad libitum, ci si occupa di cinque parlamentari che hanno richiesto un bonus. Per carità: i cinque sono protagonisti di un gesto poco rispettoso. Ma oseremmo dire che esistono problemi più grossi di cui vale la pena occuparsi.

La disamina interessa dunque pure le priorità mediatiche: scandalizzarsi per quelle cinque richieste, che ripetiamo sono da stigmatizzare, può solleticare gli animi del popolo rancoroso, ma non pone gli accenti dove dovrebbero essere, e cioè sul complessivo processo di svilimento che ha colpito le istituzioni parlamentari della nostra Repubblica. Il problema – dicevamo – non è che cinque parlamentari abbiano richiesto un bonus, ma che tutto il Parlamento non sia stato preso in considerazione, nel momento in cui Conte ed i suoi si affrettavano a prendere decisioni che, con la medesima fretta, sarebbero potute anche passare da un dibattito parlamentare. Non serve la politologia per comprendere che ci troviamo dinanzi a due problemi di natura diversa e di portata altrettanto differente. La crisi della democrazia non fa evidentemente notizia, mentre l’opportunismo di alcuni sì. Prendiamo atto anche di questo.

Se poi chi ha uno stipendio da parlamentare è legittimato a richiedere il bonus, beh, allora il disguido non è presente solo nello spirito opportunistico dei nostri cinque bonuscratici, ma anche nella penna di chi ha disposto la normativa in quel senso. Ma anche di questo – dei pasticci fatti attorno a questa storia dei bonus, con bisognosi rimasti all’asciutto e meno bisognosi destinatari di sostegno magari anche indesiderato, se ne parla poco. Manca, in questa vicenda, anche l’epica della ruberia tipica della politica delle dottrine ideologiche: qui non c’è il “sistema” di Tangentopoli, ma solo qualcuno che magari ci ha provato. Non si tratta neppure di ladri. E mentre la nazione si interroga su tutto questo, lo “stato d’emergenza” prosegue imperterrito nella sua marcia. Le monetine, in questo giro di giostra, le tirano i bonuscratici. E dal Raphael sta uscendo trafilata la democrazia.

Fonte: l’Occidentale

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