Un governo di salute pubblica? Ad avercelo

di Marcello Veneziani.

A questo punto ci vorrebbe davvero un governo di Salute Pubblica. L’espressione è assai pertinente sul piano lessicale ma altrettanto inquietante sul piano storico. Perché il primo e più famoso governo di Salute Pubblica fu varato dai giacobini di Robespierre nell’aprile del 1793 e fu Terrore dopo la Rivoluzione di quattro anni prima.

Ma un governo straordinario, di Salute Pubblica, ci vorrebbe davvero per gestire efficacemente l’uscita dall’emergenza sanitaria e l’entrata nell’emergenza economica, senza perdere di vista il bene comune e la sovranità d’Italia.

Quando si dice uscita dall’emergenza sanitaria non si dice il dopo-virus ma la capacità di accompagnare in modo efficace il controllo del contagio, ripristinare la capacità sanitaria degli ospedali e riuscire a dotare la popolazione di quegli elementi che finora hanno penosamente latitato: mascherine, guanti, disinfettanti, tamponi, per non dire dei respiratori negli ospedali e delle bombole d’ossigeno nelle case in cui si rendono necessarie. Qui lo spettacolo è stato deprimente, è mancato tutto o quasi, salvo iniziative private o locali. L’unica vera incidenza del governo è stata a colpi di decreti & divieti. Decreti a raffica che modificavano continuamente le norme; divieti necessari ma sempre un po’ tardivi e mal concepiti. Più la tragicomica annunciazione di mascherine sempre in arrivo e non ci sono mai: c’è persino agli esteri chi da un mese è ministro per le mascherine e i rapporti con la Cina e ogni giorno sciorina dati per il ballo in maschera sempre rinviato.

Ci vorrebbe un governo in grado di gestire l’emergenza e non di sceneggiarla, di fare profilassi e non one-man-show televisivi per salire nei consensi e vantare un modello sanitario unico al mondo. Fondato in realtà sulla pazienza, il senso civico e la paura degli italiani che restano in casa.

Ma poi, dicevo, c’è da gestire l’emergenza economica e le possibili controindicazioni. Come distribuire i sostegni, a chi dare la precedenza, spalmarli sulla cittadinanza o far ripartire alcuni settori strategici, con che trasparenza gestirli. Ci vorrebbe un ceto di titani per gestire la Rinascita. E parallelamente al capitolo delle uscite si tratta poi di capire quanto costeranno e a chi i soldi per la ricostruzione. Il pericolo di una svendita del paese, o di una gestione effettiva della troika, salvo qualche burattino vanesio che fa da figurante al governo, è reale, e prende il nome eurocratico di Mes, oltreché di svendite sottobanco a potenze come la Cina o gli Usa.

Dunque il triangolo da tenere ben saldo è Sanità-Ricostruzione-Sovranità. Ossia, salute, economia e politica. Da qui dunque la necessità che un governo di Salute Pubblica non sia solo tecnico o di concertazione tra maggioranza e opposizione. Ma allora chi dovrebbe formare questo governo?

E qui vengono i dolori. Perché un governo di Salute pubblica dovrebbe unire in un’agile cabina di comando i migliori del nostro paese, al di là delle posizioni politiche, le intelligenze più lucide e lungimiranti, le competenze più serie, le personalità più autorevoli. Non più mezze calzette, nullivendoli, servetti, saltimbanchi e pulcinella.

Allora il primo dubbio è: dove sono? Il secondo è: chi li seleziona? Il terzo è: chi li sostiene? Il quarto è: con che legittimazione popolare? E infine, chi fa da collante politico dei Migliori? La prima domanda è difficile anche perché di solito i nomi invocati non sono i migliori ma quelli che passa il convento mediatico: ne abbiamo avuti di santoni e supercommissari che si sono poi sgonfiati o sono stati di fatto svuotati e gettati via. Ora il nome-farmaco è MarioDraghi ma chiedo: oltre l’indubbia competenza e autorevolezza economica, potrà guidare un’efficace strategia sanitaria e soprattutto potrà garantire la nostra sovranità o sarà piuttosto la transizione verso un passaggio di poteri, tramite l’economia, ai guardiani dell’Eurarchia (non mi sento di chiamarla Europa)? Poi, chi li seleziona gli Ottimi, gli stessi politici che non destano affidabilità di governo, Mattarella, il Papa, X factor, la Lotteria? Compiuto il miracolo di insediare almeno una dozzina di Migliori, il Parlamento dovrebbe poi votarli se non vogliamo sospendere del tutto la democrazia. E poi finito il loro compito di raddrizzare la barca andranno a casa, lasciando al paese la facoltà di scegliersi il prossimo governo (già, con quale sistema elettorale?) oppure chiederanno direttamente loro il voto, ma non saprei in che modo, se non cambiando sistema costituzionale, oltre la democrazia rappresentativa, mediata dai partiti. Insomma, un percorso difficile. Senza dire che chi ventila un governo Draghi lo vede come garanzia per il Mes o lo agita come spauracchio per mantenere in vita il gabinetto Conte e sventare svolte politiche a destra.

In questa fase, la gente sembra dare consenso a Conte anche perché è la faccia dello Stato (delle cose): accade così nei momenti di paura, si cerca sicurezza stringendosi intorno a chi ci governa; tanto più se c’è un martellante spot-no-stop propagandistico in video, oggi unica finestra sul mondo. Allo stesso tempo c’è la sconfitta della politica: i leader politici hanno meno consenso e meno ascolto, si vogliono azioni di governo e non discorsi. (Curioso il caso di Zingaretti che da malato e assente raccoglie più consensi che da leader e comunicatore).

Ma non sappiamo a lungo andare se quel consenso non si capovolgerà. Comunque questa tragedia, i cui numeri effettivi non corrispondono a quelli ufficiali, mostra che la competenza e l’autorevolezza sono requisiti necessari. Non possiamo più permetterci di avere grillini per la testa. Se la politica deve tornare deve crescere di statura. Per ricostruire ci vorranno statisti, non figuranti, figurine o piazzisti.

MV, La Verità 27 marzo 2020

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