C’è chi non può farne a meno e chi li tiene più distanti che può dalla propria vista.
C’è chi li tiene immacolati e non vi scrive sopra nulla e chi li sottolineava, vi fa “le orecchiette” e li sgualcisce, perché renderli consunti è sinonimo di averli amati.
C’è chi ne ha uno preferito e chi non sa scegliere, gliene piacciono tanti…
Ognuno ha poi i propri gusti, che mutano a seconda delle circostanze: per un periodo si riescono a leggere solo romanzi, in seguito solo saggi, successivamente un po’ e un po’. Dipende da che stagione della vita si sta attraversando, dalle offerte editoriali del momento e dagli spunti che si ricevono da amici e conoscenti.
Leggendo Cose che nessuno sa (Mondadori, 2011, 19 euro), a firma del trentaquattrenne Alessandro D’Avenia, il lettore si imbatte in un romanzo coinvolgente ed affascinante, ma che ha una marcia di più.
D’Avenia, infatti, da buon insegnante, non si limita a creare una bella trama, ma nasconde tra le pieghe della sua storia moltissime perle i saggezza, degne di un saggio di filosofia.
Margherita, una ragazzina quattordicenne con lunghi capelli neri e uno sguardo che cattura, sta per cominciare la prima liceo. Non sa cosa la aspetterà, sa solo che ha paura. Lo rivela al padre in un giorno di fine estate, mentre sono in barca loro due da soli. Lui le risponde che sarà sempre al suo fianco e che la aiuterà ad affrontare quello che la vita le porrà davanti.
Questo idillio si spezza però una domenica sera, esattamente il giorno prima dell’inizio della scuola.
Margherita è a casa con il fratellino Andrea e ascolta il messaggio che il padre ha lasciato in segreteria: non tornerà più, se n’è andato. La ragazza sente il mondo crollarle sotto i piedi. Cosa farà adesso?
Da questo momento in poi la trama è tutta un susseguirsi di emozioni, esperienze nuove, conoscenze…
Entrano in scena Marta, la strana ma simpaticissima compagna di banco di Margherita, che ha una famiglia numerosa e gioiosa; c’è la madre Eleonora, con cui la ragazza orfana di padre non riesce più a dialogare; c’è Andrea, il piccolo fratellino disegnatore, a cui i colori non bastano mai; c’è Teresa, la nonna siciliana che ha sempre una risposta a tutto e che condisce la vita di chi ama con piatti mozzafiato; c’è Giulio, un ragazzo di tre anni più grande di Margherita, che è dovuto crescere troppo in fretta; e poi c’e lui: il professore di italiano, che sembra avere ben chiaro il senso della vita, perché ha sempre pronta la citazione giusta al momento giusto, ma che, nel concreto, non ha il coraggio di compromettersi in prima persona nella realtà.
E sopra tutti questi personaggi aleggia la figura del padre assente, che crea dentro Margherita una voragine incolmabile, che la schiaccia nel suo dolore.
Sarà proprio il professore di italiano, inconsapevolmente coadiuvato da nonna Teresa, a spingere Margherita a partire alla ricerca del padre, sulla scia di quanto scritto nell’Odissea: “Per i Greci la verità è aletheia: che vuol dire sia ciò che non deve rimanere nascosto, sia ciò che non si deve dimenticare” (op. cit., p. 185) E così, sull’onda delle emozioni che le ispirano la lettura di parole che sembrano scritte apposta per lei che Margherita deciderà di partire per un viaggio, durante il quale scoprirà molto di se stessa e del senso della vita.
Ma, si diceva, le pagine di Cose che nessuno sa vanno oltre quella che è la semplice trama. Tra le righe emergono le domande degli adolescenti, sempre in cerca di maestri a cui aggrapparsi; il ruolo determinante della scuola e dei professori; la funzione imprescindibile dei genitori e della famiglia fondata sul matrimonio e su una base di valori solidi… e molto altro.
Riflette tra sé e sé il giovane professore: “La letteratura lo costringeva a origliare se stesso, come se dentro di lui ci fosse una porta dietro la quale qualcuno bisbigliava segreti che lo riguardavano. E questa stessa porta voleva farla scoprire ai suoi alunni. Strapparli dal vagare dei pensieri superficiali, dai pensieri dettati da effimere reazioni emotive, per costruire un luogo, una stanza, dove il sussurro di se stessi diventa percepibile, come il mare nelle conchiglie. Ma solo la bellezza sa trovare la strada per condurti per mano in quel luogo dove parli con te stesso e ascolti te stesso. La letteratura ti costringe a dare del tu ai tuoi pensieri e a scoprire se sono veramente tuoi” (op. cit. p. 124).
Ecco esplicitato il dono che D’Avenia fa ai suoi lettori.