Sabato 14 Dicembre ricorre l’anniversario della morte di san Giovanni della Croce, carmelitano scalzo e riformatore dell’Ordine insieme a santa Teresa d’Avila.
E’ abbastanza comune guardare a san Giovanni come ad un uomo perso tra le nuvole (complici anche le immagini che lo raffigurano solo nel suo rapimento estatico), come ad un santo che ha scritto unicamente poemi d’amore. Ma il mistico spagnolo è molto, molto di più…..
In effetti, senza nessuna volontà di mischiare il sacro e il profano, spesso quando si parla di santi – nei discorsi della gente comune – sembra di trovarci davanti alla stessa distinzione che negli anni ’70 si faceva dei cantautori italiani, i quali dovevano essere etichettati in “disimpegnati” (perchè parlavano d’amore o di temi personali che non avevano impatto sociale) e “impegnati” (perchè scuotevano il pubblico e criticavano la politica).
In un certo senso, potremmo dire che anche san Giovanni della Croce sia stato ritenuto da alcuni un santo “disimpegnato”, dedito a parlare di Amore e di cose straordinarie che accadono solo oltre le nuvole e disinteressato al mondo circostante.
Questa cattiva lettura della cifra della sua santità, deriva da una cattiva lettura della santità in generale.
Ma è un errore che procede anche da due considerazioni viziate che si hanno del mistico e della mistica:
1) che il mistico sia estraneo alle cose della terra, come disincarnato.
2) il mistico sia esclusivamente colui o colei che ha dei fenomeni mistici.
Niente di più sbagliato. Il Catechismo della Chiesa Cattolica, al n.2014, dice:
“Il progresso spirituale tende all’unione sempre più intima con Cristo. Questa unione si chiama « mistica », perché partecipa al mistero di Cristo mediante i sacramenti – « i santi misteri » – e, in lui, al mistero della Santissima Trinità. Dio chiama tutti a questa intima unione con lui, anche se soltanto ad alcuni sono concesse grazie speciali o segni straordinari di questa vita mistica, allo scopo di rendere manifesto il dono gratuito fatto a tutti”.
Dunque, essere mistici non significa avere fenomeni mistici nè vivere con la testa tra le nuvole. Determinati fenomeni possono essere donati gratuitamente da Dio, come attestazione ulteriore della santità del singolo, ma non sono essenziali per definire una persona “santa” o, appunto, “mistica”.
Il cammino della perfezione cristiana, e quindi della santità ha un solo obiettivo: l’unione con Dio.
E questa unione passa attraverso la croce, che tocca da vicino la vita concreta dell’uomo.
Già solo questo basterebbe per smontare la tesi di chi parla di Giovanni della Croce come se egli avesse vissuto in un’aurea recondita e remota della vita.
Ma per sostenere maggiormente le nostre argomentazioni, dobbiamo dire che il santo carmelitano, dottore della Chiesa e poeta (riconosciuto ufficialmente tale dalla letteratura spagnola), è uomo “libero” per definizione.
Egli non ha parlato di un amore qualunque, ma ha parlato, o meglio ancora, ha sperimentato l’Amore per eccellenza, l’Amore di Dio, che rende liberi, rende santi, rende pienamente sè stessi nella vocazione alla quale si è chiamati.
Giovanni della Croce propone questa via di libertà perchè anzitutto la vive dentro di sè, e così nel primo libro della Salita arriva a dire che “non i beni di questo mondo danneggiano l’anima ma solo l’attaccamento a questi beni” (1S 3,4).
Il problema della libertà è tutto interiore. Puoi anche stare in mezzo ad una folla ma sentirti solo. Puoi anche stare in carcere ma sentirti libero.
Proprio ciò che è successo a Giovanni, accusato di essere un dissidente, un ribelle all’interno dell’Ordine e chiuso in una stanza sorvegliata da un confratello che faceva da “guardiano”.
È lì, proprio lì, in carcere, che egli comincia a scrivere i suoi poemi, che sono esclamazioni d’amore a Dio, e proprio per questo sono espressione di libertà.
Come si può cantare mentre si è in carcere? Lui lo fa perchè interiormente è libero: vive in Cristo, non ha paura; in qualunque momento è pronto a incontrare il Signore.
Dopo 9 mesi di “gestazione”, esce libero, esce “nuovo”, esce Giovanni.
L’Amore che lo abita viene espresso nella sua autenticità non perchè egli viva con le “farfalle allo stomaco”, ma perchè supera le prove con la grazia e con la volontà di rimanere nell’Amato.
Al nono mese, il santo carmelitano trova l’occasione per fuggire, è pronto per “vedere” il mondo: nota una finestrella aperta, cerca di non farsi vedere, e riesce ad andare via.
Questa sua vera e storica “fuga” dal carcere di Toledo, verrà letta da Giovanni stesso anche in chiave spirituale: significa che egli è riuscito anche ad abbandonare il “carcere” dei sensi che cercavano di tenerlo schiavo.
Si sente purificato, si sente liberato, ma soprattutto si sa amato.
Riesce a camuffarsi e a non farsi vedere dal “nemico” indossando una veste tricolore (simbolo della fede, speranza e carità) che lo rende “invisibile” al male.
Perchè le virtù teologali hanno questa proprietà: ci nascondono in Dio facendoci addormentare dalla parte del cuore.
Cos’è allora la vera libertà? Giovanni ci risponde così: “è lasciare il cuore libero per il Signore” (3S 20,4). E’ avere lo spirito interiore libero da qualsiasi idolo. E’ svuotarsi per riempirsi di Lui.
Giovanni è un mistico concreto, perchè insegna a portare la croce e incoraggia a non fuggirla. E’ sulla croce che ci si salva.
Ci ricorda che la soluzione non sta nell’estraniarsi dal dolore (frutto, purtroppo, di certe false dottrine orientali), ma nell’affrontarlo, perchè Cristo stesso ci ha preceduti in questo.
E’ questo che ci rende veri uomini. E Giovanni lo è stato.
Vissuto in un contesto di povertà, perde un fratello che muore di stenti, orfano di padre, costretto a fare lavori e imparare l’arte in diversi luoghi, non compreso dai propri confratelli, amante dello studio, direttore spirituale delle monache, riferimento di evangelizzazione per i contadini che erano in zona e che egli istruiva, conoscitore di molte qualità e caratteristiche degli elementi della creazione, perché a contatto con essa… e quante cose ancora…
Altro che uomo astratto!
Un uomo così concreto che, non potendo descrivere la grande esperienza mistica che viveva, l’ha descritta attraverso simboli semplici ma profondi: la luce, l’acqua, il giorno, la notte, le costellazioni, persino gli occhi dell’aquila, i movimenti di un passerotto, il comportamento del vento, delle proprietà del cedro, della ricchezza del melograno.
Ecco, anche attraverso questa esperienza, Giovanni è riuscito a parlare di amore senza mistificarlo o renderlo illusorio e fuori portata.
Allora comprendiamo che se si parla di amore, ma soprattutto dell’Amore per eccellenza, non si è mai “disimpegnati”, perchè è ciò che tocca più da vicino la vita di ciascuno di noi. Lo vogliamo o no.
Giovanni si è fatto nostro compagno, si è immedesimato in ciascuno di noi. E’ giunto a dire: “dove ti nascondesti Amato mio?”, vivendo nella propria carne quel desiderio, quel gemito che desidera Gesù e grida il suo nome dai microfoni della storia.
Muore povero, nella nudità, chiedendo scusa per il disturbo ai propri confratelli, perdonando il proprio superiore, sempre rigido con lui (e che non riuscirà a trattenere le lacrime per il pentimento che ne proverà).
E Giovanni raggiunge il Paradiso esclamando così:
O che belle margherite! I suoi occhi sono come due colombe.. Signore cosa posso dirti che non ti abbia già detto? Quali profumi rimarranno nel mio vaso che in Te non abbia sparso? Ci siamo amati tanto che quasi ogni sera finivamo con i capelli arruffati , coprendoci la bocca di baci. Dopo te ne andavi prima dell’alba, ed io rimanevo senza te, senza l’anello delle tue dita, senza la passione in cui respiravi. Dove sono le tue mani Signore, che le cerca il mio spirito? Vadano in disparte le ombre del mattino, che le campane zittiscono e si fermi il pianto delle farfalle. Sono in cerca dell’Amato.. e vado… in volo…
Ecco, in sintesi, in brevissima sintesi, ciò che possiamo dire su Giovanni della Croce, uomo libero, mistico concreto, perchè poeta innamorato.
Perchè solo se ameremo veramente, nella Verità, saremo uomini, saremo liberi, saremo mistici, saremo concreti.
Così sia.